A
ben leggere quanto è scritto nei "manifesti " divulgativi delle accademie kremmerziane
oggi esistenti, espresse attraverso i siti web, uno studioso che volesse imparare
e capirci qualcosa rimarrebbe alquanto deluso.
La delusione più evidente è legata al fatto che ogni
accademia pensa (ma poi lo pensa davvero?!) di avere il diritto di primogenitura
e di possedere la vera, unica verità svelata. Si mostrano addirittura vecchi scritti,
conservati come cimeli e reliquie, dalle pagine ormai ingiallite dal tempo, a testimonianza
di una autenticità di diritto canonico.
Addirittura si ha la pretenziosità di possedere una
legittimità iniziatica che va a braccetto nientemeno che con una ...legittimità giudiziaria!!
Molti anni fa conobbi un uomo
che, per la sua autentica semplicità, considerai eccezionale. Il comportamento
esteriore di quell'uomo non aveva nulla di particolare: era molto umile,
accettava la stupidità e le critiche di chi gli parlava senza fare pesare la
stoltezza che nelle parole era contenuta. Si chinava al loro livello per poter
accedere alla loro anima e trasmettere le giuste concezioni, ma i suoi
interlocutori erano spesso presuntuosi, prepotenti e qualche volta anche
tracotanti. Ma l'atteggiamento di quell'uomo non cambiava: rimaneva umile,
tranquillo, non sembrava cogliere le provocazioni, come se vedesse oltre le
piccole teste scettiche che aveva davanti a sé. Spesso mi chiedevo la ragione
di un simile comportamento, ma non trovavo alcuna risposta. La risposta me la
diede il tempo, quando mi trovai in una situazione analoga.
Qualcuno
commentando i nostri scritti in rete, ha ipotizzato non essere essi opera di un
kremmerziano. Ci ha fatto sorridere. Premesso che oggi è fin troppo comodo
darsi e dare etichette, e qualche volta pure sconveniente, sarebbe forse il
caso di chiarire cosa intendiamo per kremmerziano. Se il vocabolo è da
ritenersi quale sinonimo di mancanza di senso critico, pochezza culturale,
ostracismo settario che sconfina nel patologico, doppiogiochismo da
politicante... beh allora no, non siamo kremmerziani. Se invece essere
kremmerziano sottende un approccio prudente e rispettoso con l'antico senza trascurare
il contesto in cui viviamo e facendo i conti con i dati che man mano che si
procede affiorano e ci impegnano ad una scelta, allora sì, siamo kremmerziani.
Se si afferma che l'ermetismo è per pochi allora si è fascisti. Meglio il
politicamente corretto: c'è spazio per tutti, anche per coloro che non riescono
a separarsi dalla isiaca coperta di "Linus". Kremmerz sosteneva che
l'ermetismo è esperienza personale e soggettiva. Questo deve portarci
necessariamente ad essere cauti nel dare valore scientifico (o meglio
scientista) a certe pratiche. Un approccio troppo accademico verso le secrete
cose rischia di arenarsi o di pervenire ad una visione parziale e/o deformata
della questione. Questa è l'insidia in cui ci si imbatte applicandosi a certe
ricerche che si vorrebbero solo storiche per poi darne in pasto al pubblico i
risultati. Tracciare una storia esauriente del nostro ermetismo non può
prescindere dal vissuto [*] degli autori della medesima.
[*] Scrive Diego Frigoli nel
libro Ecobiopsicologia. Psicosomatica della complessità, M & B Publishing,
2004, pp. 124-125: «secondo Maturana e Varela non esiste cosa che possa
prescindere dalla cognizione, ovvero non esiste una realtà oggettiva separata
dal soggetto, ma è il soggetto stesso che vivendo, cioè conoscendo, costruisce
la propria realtà. Conoscere, pertanto, non ci dà la rappresentazione di un
mondo indipendente, predeterminato, quanto piuttosto di quel mondo che
costruiamo costantemente con i nostri atti e la nostra vita. Ciò non significa
che fuori di noi ci sia il vuoto, ma semmai una materia che non possiede alcuna
caratteristica predeterminata dalla quale noi ritagliamo il nostro mondo. Ad
esempio, i gatti e gli uccelli vedono gli alberi in maniera molto diversa da
noi a causa della percezione luminosa in campi di frequenze diverse. Ne
consegue che le sagome degli alberi "generati" da tali animali
saranno diverse dalle nostre. Così anche nell'uomo, il mondo della realtà
visibile ritagliato da un artista sarà profondamente diverso rispetto a quello di
un contadino, pur essendo entrambi appartenenti al genere umano».
Valutare e descrivere i singoli
personaggi considerando i loro caratteri, le loro esperienze, i loro sbagli
conduce quasi inevitabilmente al giudizio e dunque ad un'alterazione della verità
o, se si preferisce, conduce ad una verità alternativa. La storia di un
movimento esoterico non è fatta solo di scismi e di carte bollate ma anche di
miti, di parole, di vissuto sotterraneo, ovvero occulto. Se si omette questo a
che può condurre la ricerca? Non certo a informare. Rileggendo l'opera di Guzzo
e Capiferro ci siamo imbattuti in un passaggio a proposito di Del Guercio che
fa riflettere. A pag 204, seconda riga dall'alto si legge che il professore
fiorentino sarebbe stato esponente di un milieu pseudoiniziatico intriso
di fascismo e cattolicesimo fondamentalista. Cosa dire di ciò? Non abbiamo né
carte né sigilli per accendere le polveri di altre polemiche inutili ci piace
però fare qualche semplice considerazione. È ormai consuetudine, in ambito
pagano, quando si vuole offendere e criticare qualcuno, sempre pagano ma in
modo diverso, dargli del cattolico, meglio se integralista. Ora ci sembra
difficile immaginare un Del Guercio cattolico che frequenta e collabora con
personaggi del milieu di Reghini, Gallo, Jung e Serrano ecc., tutti
fascisti, razzisti, nazisti, ermetisti, gnostici e quant'altro ma cattolici
proprio no. Ci pare una forzatura. Se poi il professore fiorentino ha commesso
delle scorrettezze, nulla vieta che vi sia stato spinto da ragioni affatto
estranee al cattolicesimo. Possibile che un adepto del calibro di Lombardi si
sia fatto prendere in giro? Perché si ha una gran messe di notizie circa i
trascorsi iniziatici di un Anglisani, di un Parascandalo, di un Mergè ecc. e di
Del Guercio non salta fuori nulla? Se Lombardi scelse il "gran
fiorentino" doveva avere i suoi motivi. Nei nostri viaggi per l'Italia,
anni orsono, non abbiamo trovato alcuno in grado di parlare chiaramente dei
trascorsi di Alfonso del Guercio (contatti, maestri, ecc.). A tal proposito ci
piace ricordare che l'8 di marzo ricorre il secondo anniversario della morte
dell'avv. Gilberto Gatteschi cultore di ermetica e discepolo di Del Guercio.
Una delle poche persone che avrebbe potuto dare qualche risposta a certi interrogativi.
Non è da escludere che il suddetto studioso abbia lasciato testimonianze orali
o scritte su certi fatti a qualche fortunato seguace. Purtroppo, ahinoi, non
basta trovare le persone; bisogna anche saperle rendere loquaci. Oppure si
finisce a citazioni di opere segrete e riservate o che sono state distrutte o
peggio... mai esistite. [*]
[*] A tal proposito ci viene in
mente un tale che tanto tempo fa citava una presunta «Cabala di Zoroastro»,
contenente una versione dei famigerati aforismi di Iriz -Ben-Assir, nonché
addirittura un "corpus" impiegato all'interno dell'Ordine del Mantos,
tutto in lingua greca. Verità o leggenda metropolitana? Mah!
Riflessi d'iride nell'acqua:
con questo poetico titolo ha inizio il seguito del controverso Arcano degli
Arcanidi Cristian Guzzo e Giuseppe
Maddalena Capiferro. [*]
[*] Il titolo completo è: Riflessi
d'iride nell'acqua. Appunti e documenti per una storia dell'ermetismo
kremmerziano. Cfr. anche su SuperZeko le Noterelle
su «L'Arcano degli Arcani».
Rispetto all'opera precedente,
più promettente e ammiccante, questa pare maggiormente abbottonata, meno
pugnace, forse perché, a un anno circa dall'uscita del primo libro, le
polemiche e gli attacchi, peraltro previsti, non sembrano sopiti.
Facendo una carrellata in rete, [*]
nei vari siti in odore di ermetismo kremmerziano, c'è da rimanere allibiti:
mentre si inneggia alla filantropia e ad ermetici apostolati, si insulta il
prossimo (la concorrenza) e si deformano abilmente dati e idee per depistare e
disinformare.
[*] A tal proposito ringrazio la
competenza e la disponibilità di Dario Chioli che con pazienza certosina mi ha
condotto a districarmi nella rete vista la mia proverbiale incapacità e ritrosia
verso tutto ciò che è tecnologico e informatico.
L'importante è affermare
l'immagine di legittimità, ortodossia ecc.
È triste vedere come, per
avvalorare le proprie tesi e referenziare la propria posizione, si pubblichino
documenti, anche interessanti, ma zeppi di omissis o così sgranati da
renderne difficile la lettura.
Questo è farsi la guerra con armi
giocattolo.
Del resto il mostrare tutto, per
vincere davvero e definitivamente, vorrebbe dire anche perdere il potere. [*]
[*] Una volta un tale soleva
ripetermi: «Attento! Il segreto del potere è il potere del segreto».
Potere, per la verità, meschino e
limitato.
Questa mania del segreto ha fatto
molto male al nostro ermetismo.
Non perché si è celato troppo
sulle cose da trasmettere ma perché si è trasmesso a persone inadatte.
A molti è capitato di dover
prendere ordini o istruzioni da persone che detenevano sì molte carte riservate
e verità "potenti", ma che umanamente e culturalmente presentavano delle
carenze imbarazzanti.
Talvolta l'allievo valeva più
dell'istruttore, ma non se ne teneva conto.
Il perché di questo non è
possibile a spiegarsi in poche righe.
Si potrebbe scrivere un saggio
sulla psicopatologia di certi iniziati e non parliamo delle ricadute sul
comportamento dovute a pratiche alchemiche, quelle sono comunque da benedire
perché dimostrano che ci si è messi in gioco, alludiamo al comportamento di
coloro che posano da adepti senza aver nulla praticato, solo perché, possedendo
un archivio invidiabile, si sentono unici e missionati a prevaricare su allievi
ingenui o sprovveduti.
Questa è l'epoca dei libri
neri.
Si è scritto un libro nero sul
comunismo, uno sulla psicanalisi, uno sul cristianesimo ecc. Forse è ora che se
ne scriva uno sull'ermetismo italico.
A scriverlo però non dovrebbe
essere né un cattolico né un kremmerziano deluso con il dente avvelenato.
Occorre rassegnarsi: i tempi
cambiano e la tradizione ermetica merita di essere salvata, se no anche i Guzzo
e i Capiferro tra qualche anno potrebbero scrivere di "aver sbagliato
calendario", con le prevedibili conseguenze.
Del resto la storia ci ha
insegnato che anche i grandi maestri possono sbagliare.
Tornando al libro in questione,
crediamo che per la verità al viandante dello spirito non interessi molto il certificato
di nascita del maestro Caio, la copia della patente di guida del maestro
Sempronio o la lista della spesa della "sora Felicetta". [*]
[*] En passant, segnalo anche che
a pagina 155, nona riga, invece che lavello sarebbe opportuno leggere avello,
fa meno ridere e ha più senso.
I punti da chiarire, anche se
molto complessi, sono i seguenti:
1) Se e in che termini una via
ermetica di tal genere è ancora praticabile?
2) Esiste ancora il centro a cui
faceva riferimento il Kremmerz? In caso di risposta affermativa, quali sono
attualmente le strutture ad essa collegate?
3) Se i ponti con una certa
realtà sono stati fatti crollare, con il materiale rimasto è possibile,
attraverso uno sforzo individuale o collettivo, riuscire a creare le condizioni
per un ricongiungimento? Questo ci riporta alla domanda del punto 1) ma
potrebbe anche portarci ad altra ovvia e doverosa, ovvero:
4) Fino a che punto è
indispensabile veramente un ricongiungimento? Talvolta il "chi fa da sé fa per
tre" può premiare, e sottolineo il talvolta.
È sempre convinzione di chi
scrive che i due autori siano molto più informati di quel che appare e che a
tratti, per proteggere le solite vacche sacre, si impongano un oneroso freno.
Purtroppo però ciò va a danno del
valore dell'informazione e si rischia la deformazione.
Sul caso Erim concordiamo che
egli avesse una visione dell'ermetismo a dir poco ridotta e un po' forzata ma,
diversamente, come avrebbe potuto conciliarsi con il cristianesimo cattolico?
Per quanto riguarda i suoi
peccatucci spiritistici, chi non ha praticato lo spiritismo a quel tempo? Anche
Guénon e De Lubicz ci sono passati: era in buona compagnia.
Della tecnica alchemica impiegata
da Erim e successori parliamo ancora con rispetto, anche se si potrebbe pensare
che sia stata ripresa da altrove (quindi un innesto pagano in suolo cristiano
piuttosto che viceversa).
Anche il brano dello
pseudo-corpus kremmerziano riportato a pagina 164 proviene dal materiale
erimiano come le due pagine precedenti e non si capisce chi e perché avrebbe
attribuito al Kremmerz tali righe.
Se fosse ancora in vita, il
maestro Magana, al secolo Placido Procesi, potrebbe sicuramente dire la sua in
merito alla questione Erim/Kremmerz e diradare certi equivoci, data la sua
competenza in materia.
Affermare che le parti cosiddette
fasulle del corpus kremmerziano siano da attribuirsi a qualche furbo
manipolatore che avrebbe utilizzato, tra le altre fonti, anche l'opera del
conte Alberti, è una tesi che purtroppo non ci sentiamo di appoggiare.
Da anni ormai si profanano cose
importanti e l'unica replica a tutto questo scempio, oltre il tacere, è negarne
l'autenticità.
Ecco perché oggi definirsi
kremmerziani è cosa ingrata.
È cosa ingrata parlare di interno
ed esterno, di superiori gerarchie e di ortodossie.
Esattamente come è ingrato
parlare di vittoria finale quando i carri armati nemici sono sotto casa.
Questo non vuole essere l'elogio
del disfattismo ma un'esortazione a vedere le cose per come sono e a cercare di
recuperare il recuperabile con il coraggio di chi ammette la sconfitta senza
cecità e si rialza più leggero e pronto per nuove sfide.
Che Galleani fosse figlio o meno
di un osirideo, che Ottaviano si chiamasse Koch invece di Caetani, non è cosa
di gran peso.
Ogni verità acquisita porta ad un
ridimensionamento, anche doloroso. L'importante è che sia verità, e non
disinformazione o guerra psicologica.
Il capitolo sulla CEUR è così
interessante che meriterebbe un volume a parte. Per quanto criticata è stata
comunque un'iniziativa coraggiosa. Senza il fenomeno CEUR il Kremmerz sarebbe
rimasto sconosciuto ai più.
La figura di Carlo Coraggia
andrebbe studiata e analizzata più a fondo, diversamente qualcuno potrebbe
scambiarlo per un Berlusconi dell'ermetismo.
Per chiudere, in attesa di altri
scritti di questi due validi autori, ci permettiamo di esortarli a perseverare
con tenacia e soprattutto coraggio.
Non riusciamo a vedere Izar e
Mamo che se la ridono sul caos dell'ermetismo italico, forse piangono; quelli
che sicuramente se la ridono sono gli esoteristi stranieri che vedono come
l'anima italica, tutt'altro che unificata, riesce ad insozzare a maltrattare un
patrimonio antico e invidiato. Peccato.
di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo (Rebis, Viareggio, 2005)
I maestri non si criticano.
Si superano. Aldo Busi
Giuntaci notizia dell’uscita per i tipi delle Edizioni Rebis di un nuovo saggio sulla storia e i travagli della troppo maltrattata Schola Italica, che fa particolare riferimento al nodo napoletano, ne abbiamo preso visione e, dopo attenta ed entusiastica lettura, non abbiamo resistito alla tentazione di scriverci sopra qualcosa, che possa fare da spunto e da pungolo per riflessioni e ulteriori approfondimenti (*).
(*) Manca in Italia uno scrittore alla Francis King in grado di trattare la storia esoterica in modo scanzonato, senza peraltro sorvolare su dettagli inquietanti, e privo di quel piglio da inquisitore o di stucchevole manierismo rispettoso di un’ortodossia iniziatica talvolta ipocrita.
L’editore (Pier Luca Pierini) è da anni impegnato in una seria ricerca per il recupero del patrimonio magico della nostra penisola e la sua premessa editoriale, se letta attentamente, vale quanto il libro. A pagina 6 della suddetta premessa scrive: «non bisogna mai avere paura della Verità, anche se difficile sovente da accettare». Questa frase è di importanza cardinale, e la si potrà impiegare come lanterna nel prosieguo di questo nostro scritto. È inutile pensare che un simile libro possa far cambiare idea a chi è mosso da pregiudizi di stampo religioso o a chi si è conformato al pensiero guénoniano (*).
(*) Alla nota 164, p. 108, dell’opera L’Arcano degli Arcani leggiamo: «la contro-iniziazione cattolica si sarebbe servita...». A parlare di controiniziazione cattolica si dedurrebbe che esista anche un’iniziazione dello stesso segno. È strano, perché in più decenni di ricerca non ce ne eravamo accorti. Ironia a parte, in un vecchio articolo di Rémy Boyer e G. P. Giudicelli apparso nella rivista L’Originel si fa cenno a una lettera di René Guénon nella quale questi ammetterebbe di essersi sbagliato sul Kremmerz, riconoscendo nel nodo egizio napoletano il baluardo della tradizione occidentale. Se ciò fosse vero, sarebbe ora che certe cose venissero a galla. Quanta gente imprigionata nello schema guénoniano si è castrata convertendosi a forme religiose o pseudoesoteriche convinta di fare l’unica cosa giusta... Si potrebbe dire che la vera controiniziazione nasca con René Guénon, ma è meglio non divagare.
Oggigiorno quelli che scrivono su Kremmerz si possono dividere in due categorie: la prima distruttiva, che vede l’aureo maestro come uno spregevole satanista camuffato da benefattore o da negromante criptocrowleyano. In genere si tratta si scrittori di stampo cattolico o filoguénoniano oppure di giovani neopagani con idee agitate per reazione a troppo conservatorismo di maniera, per i quali sarebbe bene lavare i panni sporchi subito e in pubblico, specie se i detti panni non sono i propri.
La seconda categoria è quella dei “politicamente corretti” che tendono a proteggere certe verità a costo di disinformare e depistare rischiando alla fine di ottenere l’effetto opposto a quello voluto. I primi cercano di dire tutto, troppo, anche ricamandoci sopra, pur di confermare un teorema frutto del loro schema di riferimento (altro che ermetica neutralità!). I secondi, se non riescono a generare un serio rinnovamento adatto ai tempi, tentano di tenere in piedi una grande idea e una grande figura già messa in discussione all’epoca dei fatti. E del resto lo stesso Kremmerz alla fine della vita dette ragione al Lebano e al Caetani, che avevano contestato certe sue iniziative di divulgazione.
Se certe iniziative sono andate all’aceto, l’Hermes è più vivo che mai. Gli uomini passano, i maestri e i numi non sono misurabili col metro umano ma le dottrine restano, così le tecniche e i riti. Troppe volte chi scrive ha dovuto assistere a inutili discussioni bizantine sul senso della terapeutica in rapporto all’ermetismo operativo. Nel Mondo Secreto, prima della Miriam quindi, Kremmerz parla solo di ermetismo magico. L’applicazione terapeutica fu una finalità scelta dal maestro, successivamente, per evitare prevaricazioni e abusi, ma l’ermetismo è altro.
Lo sapeva N. R. Ottaviano, che divideva l’umanità in volgo e sapienti. Lo sapeva il dottor Formisano, che con la Miriam tentò di elargire in versione popular un po’ di scienza jeratica fruibile per i meno preparati. Si sa, purtroppo, il cane che latra e addenta non cambia mai. Vestito da servo della gleba o da artigiano, con l’eskimo o la camicia nera, è sempre lo stesso. E da sempre i sapienti hanno dovuto guardarsi da ciò. Non il bene, non il male, che sono categorie da morale ordinaria; i sapienti si sono sempre preoccupati della conoscenza e del suo esercizio sulle masse. L’esser “uomini dabbene” non è mai stato un problema per essi (*).
(*) «La morale è suggestione», scriveva G. I. Gurdjeff.
Se il Kremmerz fosse stato un seguace bon-po o un siddha tamil, tante critiche capziose non le avrebbe subite. Purtroppo una certa immagine stile Padre Pio (o San Francesco d’Assisi, come scrisse N. R. Ottaviano) lo ha posto spesso in una posizione imbarazzante, mostrando alcune stridenti contraddizioni tra la dottrina più esterna e quella più riservata.
Il problema del giudicare, si è già detto, è nello schema di riferimento dell’indagatore. Solo dopo aver fatto i conti con le proprie scorie è possibile affrontare certi aspetti dell’ermetismo senza avere più sussulti e titubanze. Ci piace pensare che se il Kremmerz fosse ancora tra noi non parlerebbe più di simil nature e di demonologia bensì di memi e di memetica.
Grande è il lavoro da svolgere per chi intende davvero avventurarsi nel cammino della scienza jeratica e pensiamo che tutt’ora siano pochissimi coloro che operano ad un certo livello. Premesso che la storia esoterica delle nostre tradizioni è ancora tutta da scrivere, è auspicabile che si pubblichi qualcosa in più sui risvolti umani, a volte meschini ma autentici, del vissuto esoterico di casa nostra. Questo non per diffamare ma per ridurre a proporzioni più normali vicende e personaggi che talvolta vengono dipinti in modo stucchevole e irreale. Tornando alla citazione di P. L. Pierini sulla verità ci si può domandare: si può davvero scrivere tutta la verità sull’argomento e contemporaneamente salvare il Kremmerz e il filone egizio da certe accuse? Temiamo di no.
Siamo conviti che alcune cose sia bene lasciarle in quelle grotte tanto care al Bocchini e al Lebano. Del resto è bene cercare, scoprire, comprendere ma giudicare no, si perderebbe il contatto con quella realtà profonda e intensa nella quale l’ermetista classico ambisce vivere.
Tornando nello specifico alla trattazione de L’Arcano degli Arcani, i due autori tracciano con rapide pennellate un quadro storico esauriente sulle origini del Mito Egizio in terra partenopea. Viene sottolineato il ruolo avuto dalla massoneria come tessuto connettivo atto a perpetuare nel tempo i germi dell’ermetismo alchimico.
Vengono citate fonti in parte riservate e pubblicati stralci di documenti un tempo custoditi gelosamente; è opinione di chi scrive che si sia voluto con quest’opera mandare un messaggio a certi “detentori di arcane verità”. La conoscenza degli autori sulla materia emerge chiara, quanto meno a chi scrive, è dunque certo che essi ben più oltre avrebbero potuto spingersi nelle loro “rivelazioni” se in ciò fosse stata la loro precipua convenienza.
Essendo la storia del kremmerzismo piuttosto caotica e contraddittoria è difficile scriverne senza lasciare vuoti o angoli bui che aprono ulteriori interrogativi.
Già ne La Pietra angolare miriamica, uscito per i tipi della Rebis anni or sono, il problema degli “omissis” sui documenti generava più dubbi e confusioni che chiarezza, alla faccia delle buone intenzioni.
Ne L’Arcano degli Arcani Guzzo e Maddalena Capiferro riportano alle pp. 144-145 una lettera di Domenico Lombardi indirizzata ad Arduino Anglisani ove implicitamente il primo mette in guardia quest’ultimo dal travisare la dottrina miriamica per seguire vie personali ponendosi in rotta di collisione con l’ortodossia. Ne La Pietra angolare miriamica, pp. 46-47, viene riportata la stessa lettera, parzialmente tagliata, ma il destinatario non sarebbe più Anglisani bensì Alfonso del Guercio. A pagina 97 de L’Arcano degli Arcani Anglisani viene definito uomo onesto, estremamente dotato dal punto di vista iniziatico, personaggio di spicco del nuovo “illuminismo Kremmerziano”. A p. 61 de La Pietra angolare si riporta una lettera del Lombardi che accusa l’Anglisani di scorrettezza e insubordinazione; la conseguenza, lo si intuisce dalla lettera, sarà una sorta di scomunica con degradamento sul campo.
Tutte le fonti però concordano sul fatto che il suddetto
Anglisani continuerà imperterrito il suo percorso ermetico approdando
all'iniziativa del tanto chiacchierato CEUR (Centro Ermetico Universale
Romano), emanazione conseguente della loggia ANKH già fondata nel secondo
dopoguerra e, pare, secondo la linea ortodossa Lombardi-Parascandolo-De Cristo,
criticata come deviata irregolare, priva di autenticità.
Ma nell'opera di Maddalena Capiferro e Guzzo si parla di uno
scritto di Lombardi che avallerebbe l'iniziativa dell'ANKH. Dove sta la verità?
A pagina 70 de La Pietra Angolare, Mario Parascandolo
scrive: «... non si può fare altro, senza danneggiare la Schola e gli
iscritti, i quali non potrebbero cogliere l'essenza delle nostre controversie e
potrebbero scandalizzarsi (giustamente, N.d.A.) come di beghe strane ed
inammissibili fra uomini evoluti». Già, ma quanto erano davvero evoluti? Ci
limitiamo a porre il quesito, certi che anche presso il "gregge isiaco" non
mancheranno anime dotate di senso critico... e si potrebbe andare avanti a
scrivere pagine e pagine su questo tono.
Vogliamo per par condicio toccare ancora due discusse
figure citate in questo interessante libro: il Conte Alberti di Catenaia e il
prof. Alfonso del Guercio. Il primo, noto con lo jeronimo di Erim, fu il
maestro di Paolo Marchetti Virio, autore noto presso i cultori di esoterismo
cristiano.
Erim fu martinista e, si dice, in contatto con l'Ordine
Egizio di Kremmerz. Si favoleggia che ebbero lo stesso iniziatore e che il
Kremmerz insidiasse la moglie del condiscepolo, questo per spiegare la ruggine
tra i due; ma trattandosi di voci senza sostanza possiamo archiviarle
senz'altro tra il gossip esoterico. Sempre come gossip possiamo
annoverare le storie dell'Erim affetto da satirismo, per errori compiuti in
opere piromagiche, e passioni spiritistiche.
Queste dicerie provengono da una lettera scritta da Massimo
Scaligero a proposito del cognato (Paolo Virio) e del suo maestro, e bisogna
dire che il mal celato livore di quelle righe era probabilmente da attribuire a
dissapori tra lo Scaligero e l'Alberti per una mancata trasmissione iniziatica
più volte sollecitata dal primo e mai ottenuta.
Noi che abbiamo avuto il piacere di visionare il materiale
operativo riservato della Scuola Ermetica del conte Alberti dobbiamo ammettere,
pur non condividendone l'orientamento cristiano, che la dottrina e le tecniche
alchemiche sono molto profonde e degne di nota e mal si adatterebbero ad un
satiro o a uno spiritista. Lasciamo ad altri più competenti o più informati di
noi il compito di chiarire la querelle Erim-Kremmerz nella quale vennero
coinvolte molte persone, alcune, pare, finite in tribunale in processi dai
risvolti inquietanti e scandalosi al punto da far sembrare il caso Ricciardelli
(su cui vedi nel libro a p. 92) una burla da operetta.
E per concludere, riguardo al secondo personaggio, Alfonso
del Guercio, matematico e buon amico di Arturo Reghini, occorre qualche
puntualizzazione. Dalla lettera di Aniceto del Massa nella quale Del Guercio
parla in toni critici di Kremmerz fino alla stesura del programma dell'Ordine
del Mantos passano circa 13 anni, tempo sufficiente per cambiare idea,
impostare un nuovo percorso, progredire al meglio. Dai documenti del Mantos
datati 1944 si intuisce che Del Guercio era già in possesso da tempo di chiavi
riservate per operare ed istruire nuovi affiliati in massima indipendenza.
Nonostante ciò egli decise di aderire all'iniziativa di Lombardi per poi
tirarsi indietro nel ‘49.
Secondo i bene informati non avrebbe restituito materiale di
pertinenza miriamica affidatogli in precedenza da Lombardi.
Altre voci parlano invece di una riappropriazione da parte
di Del Guercio di ciò che già gli apparteneva e che aveva temporaneamente
concesso in uso alla delegazione di Lombardi per porre in atto le sue
iniziative
Ciò che non si è ancora potuto o voluto chiarire è la reale portata della
figura di Del Guercio, che a detta di alcuni appare come un semplice
comprimario privo di spessore e posto a fianco del Lombardi dopo essere spuntato
dal nulla.
La realtà, come sempre, sarebbe diversa: Del Guercio avrebbe
fatto parte di più strutture iniziatiche, anche a livello internazionale; le
sue conoscenze non si limitavano al contatto con l'Ordine Egizio o ai viaggi
con Giorgio Albertazzi alla volta della casa di Carl Gustav Jung, pare che ci
fossero contatti stretti con una o più strutture magico-ermetiche nel
Sudamerica, per tacere dei contatti in Europa. Per avere qualche traccia in più
su detti gruppi si può consultare la biografia di A. Reghini Il figlio del
sole, a cura di Roberto Sestito, e inoltre Black Sun di N. G.
Clarke, pp. 165-166, dove si parla di Ugo Gallo, diplomatico italiano che
introdusse lo scrittore Miguel Serrano in un ordine esoterico cileno ove si
praticavano tecniche di magia rituale e tantrismo. Lo stesso Ugo Gallo viene
citato a pagina 131 dell'opera Collecta dell'ermetista genovese
Giammaria, come corrispondente di A. Del Guercio. Ancora Ugo Gallo viene citato
nell'opera Dagli atti del Corpo dei Pari del medesimo autore come
rappresentante di un centro occultistico cileno. Non dimentichiamo che lo
stesso Serrano era in rapporti con Jung.
Se con Jung, anch'esso in contatto con gruppi ermetici, si
chiude il cerchio, certo non si chiude il discorso sui personaggi che hanno
caratterizzato in bene o in male la storia esoterica d'Italia.
In attesa di poter riprendere il discorso più avanti chiudiamo con qualche
riflessione: spesso, a detta di molti ricercatori, i più reticenti e riservati
cultori del segreto sono coloro che nulla hanno da difendere tranne la loro
ignoranza. Vecchi palloni gonfiati tronfi dei loro sigilli e delle loro
patacche, privi di valore tranne magari per un fondo o un archivio ereditato se
non rubato ma mai veramente studiato e men che meno tradotto in pratica.
Questi "detentori della tradizione" sono da condannarsi
fermamente perché non solo non praticano nulla ma impediscono ad altri meglio
disposti di poter progredire, e contribuiscono così al caos spirituale di
questa epoca buia.
Auguriamoci che il fato, come il sole che dirada le tenebre,
abbia presto ragione di simili bieche figure, e che possa iniziare una nuova
stagione per la Schola
Italica (*).
(*) Una cosa che ci ha stupito dell'opera di Guzzo e
Maddalena Capiferro è l'assenza di qualunque riferimento alla figura di
Salvatore Mergè e al suo percorso. Pare che un suo nipote stia continuando
l'opera all'interno di un'accademia, pare ortodossa. Perché non parlarne?