Non devi temere la morte. Devi temere la vita non vissuta.
Capita sovente a ogni serio aspirante ermetista che intenda addentrarsi negli oscuri e ancora in gran parte inesplorati meandri della pratica esoterica, di imbattersi in uno scoglio imprevedibile e multiforme, difficilmente traducibile in termini esattamente comprensibili, forse inquietante e beffardo come i gargoiles delle cattedrali gotiche, forse luminoso e austero come il Michael che ricaccia negli abissi il demone dell’orgoglio; sicuramente implacabile e giusto, eterno custode del Sacro: il Guardiano della Soglia.
E’ passato oltre un secolo da quando nel lontano 1897, sulla rivista “Il Mondo Secreto” di G.Kremmerz fu pubblicato un lungo articolo di Pietro Bornia, destinato di lì a breve a divenire celebre in un volumetto a sé dal titolo “Il Guardiano della Soglia”1. Questo sagace occultista forse non immaginava in quell’ultimo scorcio di Ottocento che la sua opera avrebbe contribuito notevolmente a rendere popolare e famoso un altro importante testo esoterico, ormai considerato un classico: il noto romanzo “Zanoni” di E.B.Lytton, autentico protagonista al centro delle complesse vicende che hanno caratterizzato il mondo ermetico del secolo XIX, dalla Gran Bretagna alla Francia, alla Germania, all’Italia. In questo “romanzo che non è romanzo” viene descritta una sorta di prova iniziatica, con la quale il maestro sottopone il discepolo a una fatale verifica che significherà per quest’ultimo l’incontro diretto con il terribile custode dell’Invisibile.
Seguo da anni la produzione libraria di Pierluca Pierini, che ritengo molto
interessante e motivo di grande attenzione per i campi in cui investiga, con un
approccio netto di vasta cultura e di coerenza.
Come autore, riesce egregiamente
a ricalcare con passione e serietà la figura del tipico occultista e
dell’esoterista dell’800 e del ‘900, con un occhio attento all’epoca in cui
viviamo e alle possibili evoluzioni future dell’esoterismo, come dimostrato ad
esempio nella bella rivista “Elixir”.
Anche questo libro rappresenta un punto di
partenza e di riferimento completo per chiunque voglia capire ed inoltrarsi
nella sostanza teorica e pratica della semi sconosciuta magia dei salmi, che
descrive con chiarezza e conoscenza della materia veramente inappuntabili.
Quindi un libro a cui non si può che rendere merito senza mezzi termini. Per
rimanere nel tema dei salmi, voglio consigliare un altro interessante libro di
Pierini, che però credo fuori stampa, che si intitola “Sepher Eloim”.
Arcani e terapeutica occulta negli scritti del Maestro Sairitis Hus
Nel 1899 veniva edito dallo Stabilimento tipografico Errico Prisco di Torre Annunziata, un libello di appena 68 pagine intitolato Dell’inferno. Cristo vi discese colla sola Anima o anche col corpo? Autore ne era l’Avvocato ed ermetista Giustiniano Lebano (noto anche con lo jeronimo di Sairitis Hus). In tale scritto questi si occupava del problema della discesa di Cristo negli Inferi, alla luce delle Sacre Scritture e della Patristica cristiana, criticando quanti avevano interpretato tale episodio in chiave esclusivamente letterale e non allegorica. Il Lebano intervenne a chiosare il Cardinale Bellarmino, uno fra i maggiori responsabili del supplizio di Giordano Bruno sul rogo, il quale aveva affermato che la discesa del Salvatore nella Gehenna doveva essere assimilata al martirio del medesimo in cruce inter duos Latrones.1 L’Avvocato napoletano, tentò inoltre di dimostrare la natura esoterica del messaggio di Cristo, argomentando che la Gehenna non poteva essere identificata con l’inferno dei cristiani, bensì con un luogo (Cilibano, Ginnasio o Partenone, scriveva il Nostro) 2 sito presso Gerusalemme, ove venivano accolti gli iniziati ai misteri di Bahal3.
Procedendo nell’esposizione delle proprie teorie, il nostro personaggio si soffermava sulle etimologie di numerosi lemmi latini, greci ed ebraici, a suo modo di vedere, spogliati del loro vero ed intimo significato dai pedanti Grammatici. Nota è la profonda conoscenza che il Lebano aveva delle lingue morte, in particolare del latino (che aveva studiato con un tal Parascandalo ed un dotto padre gesuita), del greco appreso dal canonico Lucignano e dell’ebraico, acquisito grazie alle lezioni del canonico Ferrigni4. Nonostante la propria lontananza dalla religione cattolica, non vi è alcun dubbio che l’apporto intellettuale di esponenti del clero divenne fondamentale per la formazione culturale del Maestro Sairitis Hus.
Sulla scorta della propria erudizione, peraltro influenzata dal Bocchini e dalle speculazioni relative ai cosiddetti parlari de’ Mortali e parlari de’ Numi di Giovan Battista Vico,8 egli si avventurò nella intepretazione pimandria della parola Anima5 ed in quelle dei nomi di Abramo6, di Aristole,7 etc., tentando di dimostrare come Cristo avesse voluto insegnare gli arcani solo ai cosiddetti Figli del Sapere, parlando invece ai volghi attraverso le parabole. Citando San Luca, l’iniziato campano scrisse che il Sommo Redentore aveva svelato il Grande Mistero solo agli iniziati volendo, a tal proposito, laconicamente alludere all’enigma del Piccolo Arcano. Proseguendo la propria trattazione, il nostro Autore tenne a precisare che la scuola degli arcani fu fondata da Zoroastro per trasmettere una conoscenza custodita fra le viscere delle montagne, ossia negli antri più riposti, e perciò velata alla razza umana. Quest’ultima, rozza ed ignorante, era dedita a sacrifici umani per saziare la sete di sangue di truculenti numi9.
Non poteva infine mancare nello scritto del Lebano, l’esotico ed esoterico riferimento all’antico Egitto, estrinsecato attraverso il racconto della fantastica iniziazione di Nycia all’interno della piramide di Cheope e dall’incontro di quest’ultimo con un guardiano che indossava una maschera raffigurante la testa del dio sciacallo Anubi. Divinità importante per gli adepti della Luce era Hermanubis, avente gli attributi di Mercurio, l’alato fanciullo che accompagnava gli iniziandi al Mistero10 e, di Anubi, che custodiva la conoscenza e sbarrava la strada agli impreparati.
Coloro che fossero pervenuti alla sapienza magica, superando una serie di prove, avrebbero conquistato le porte del Sole e dunque gli Elisi, o luogo di Luce11. Nell’opera da noi sottoposta ad esame, non possono non essere notati i numerosi addentellati con il pensiero dell’illustre Magistrato salernitano Domenico Bocchini.
Il Lebano si considerava l’erede spirituale del suddetto esoterista del quale, studiò ed approfondì le opere e la metodologia di approccio ai classici latini e greci. Giustiniano ereditò i manoscritti inediti del Bocchini ed uno di questi egli pubblicò con il titolo Del Morbo Oscuro chiamato Areteo Ociphon Sincope impropriamente creduto dagli europei Cholera Morbus. La imminente messa in stampa di tale studio da parte del Bocchini, era già stata annunziata nel 1837 in un articolo elaborato da un non meglio identificato giornalista che si firmava con lo pseudonimo di S. X, dietro il quale non sarebbe azzardato supporre, si nascondesse il medesimo Bocchini.
Ad ogni modo, l’ignoto (o presunto tale) Autore di tale pezzo annunciò la pubblicazione di un’opera nella quale il Giudice salernitano avrebbe spiegato che, il male erroneamente creduto dai medici laureati Colera, fosse in realtà da identificarsi con l’Ocifon12. Il saggio suddetto non vide mai la luce per cause ancora da chiarire. Probabilmente il nostro personaggio volle evitare di alimentare le già pesanti polemiche che circolavano a carico dei propri scritti, scaturite da taluni accademici che mal digerivano le “acrobazie” afilologiche dell’ermetista campano13.
Tale ipotesi sembrerebbe avvalorata da un affermazione dello stesso S. X. il quale spiegò come gli archeologi napoletani avessero già tentato, nel 1826, di boicottare la pubblicazione di un altro scritto del Bocchini dal titolo il Germe delle Sirene. Tale opera restò manoscritta come del resto quella dedicata al morbo dell’Ocifon ed entrambe andarono a confluire nell’archivio di Giustiniano Lebano il quale pubblicò quest’ultima a proprio nome, omettendo di citarne la reale paternità.
Ad ogni modo la pubblicazione del Morbo oscuro dovette riscuotere un discreto successo se ne vennero edite ben quattro edizioni. Nell’incipit di tale opera, facendo propri concetti già espressi dal Bocchini, il nostro Giustiniano tenne a differenziare la medicina cosiddetta epidaurica14 che, nell’antichità veniva insegnata dalle Pizie agli Eletti, da quella empirica, trasmessa dai sacerdoti minori ai volghi. In virtù di tale distinzione, Lebano differenziava gli Ippocrati, ovvero i guaritori ispirati dagli dei, dagli Ipocrati, ovvero i medici laureati i quali erano definiti senza tanti complimenti Ciurmatori e Cantabanchi15. Tale passaggio è assai importante poiché in esso sembrerebbe ravvisarsi un riferimento decisamente esplicito alla terapeutica ermetica considerata, in quanto espressione dell’azione divina, superiore alla medicina ufficiale.
Giuliano Kremmerz sarebbe stato profondamente influenzato dalla visione lebaniana (o meglio bocchiniana) della medicina sacra, pur con i dovuti distinguo. L’esoterista di Portici scriveva infatti di essere spaventato dalle investigazioni materialiste sui mali fisici che attanagliavano l’umanità16, poiché queste ignoravano completamente il legame fra lo spirito ed il corpo. Nonostante tali riserve, il Formisano si guardò bene dal sottovalutare o sminuire le meraviglie del progresso medico che, dopo secoli di quiescenza, aveva raggiunto inimmaginabili traguardi.17
AGITATA CRESCUNT1 Ulteriori documenti sulla vera identità di N.R. Ottaviano ed un’inedita lettera di Leone Caetani.
di G.F. Maddalena Capiferro
Nel numero 2 di ELIXIR, Equinozio di Primavera 2006, un auto referenziato quanto ironico N.R. Caesar Augustus, nell’articolo “Non Confunditur”, ipotizzava con una serie di dati ed argomentazioni, l’identificazione dell’inafferrabile, enigmatico N.R. Ottaviano, autore di due importanti interventi sul Commentarium per le Accademie Ermetiche del Dott. Giuliano Kremmerz, con il principe Leone Caetani2.
Stimolato da tale contributo, del quale condivido molte considerazioni e conclusioni, ho cercato, percorrendo una strada cronologicamente diversa, di giungere all’identità del misterioso ermetista, sfruttando soste e tappe biografiche, dettagli storici solo apparentemente secondari, memoriali e diari, nonché, ove possibile, impressioni e annotazioni di terzi3. Segnalo per correttezza, gli interventi sul blog4 di N.R. Caesar Augustus contro l’identificazione N.R. Ottaviano versus ingegner Augusto Koch e le sue puntuali ed esaurienti risposte agli articoli degli aficionados e pasionarie delle improbabili ricostruzioni “dysneilandiane” di semoventi casse e bauli stracolmi di documenti del nebuloso Ordine Osirideo Egizio, saltellanti da un continente all’altro. Mia convinzione è, infatti, che quest’Ordine vada considerato, ormai, in modo realistico e non più mistico-religioso, anche e soprattutto in relazione all’ascenso individuale. Da sempre è nell’uomo il bisogno di costruire, credere, disporsi in atteggiamento fideistico nei confronti del mondo degli eventi e delle reazioni emotive che questi provocano nell’animo umano, risultandone una dimensione di miti ed eroi caratterizzantesi nel tempo. Senza addentrarci nell’argomento che implicherebbe il coinvolgimento di archetipi ed inconsci orizzonti junghiani, usando un linguaggio e strumenti esotericamente più idonei, citerei a riguardo, le stesse parole del Kremmerz, quasi in risposta al pensiero di Ottaviano,nel significativo suo le Idee e le Persone5 : “… Continuo a far appello alla buona volontà e metto te, novizio, in guardia perché tu intenda che la Schola non è persona, ma idea, anche il sottoscritto potrebbe essere un’idea che non ha persona… Sii demolitore delle frottole e comincia ad aver fede e coscienza in noi.”
Lo spirito, quindi, che trascende la persona e le cose, è il pensiero diventato realtà.
Con questa doverosa premessa che chiarisce la posizione di chi scrive nei confronti di Superiori Incogniti, ordini e capitoli occulti, misteriosi personaggi vestiti di nere palandrane che mettono al sicuro valigie colme di documenti e magiche rituarie, passiamo a considerare i fatti, quelli veri, nel caso che andiamo esaminando, relativi all’identità Ottaviano-Caetani, prendendo avvio da una data riportata nel n.1 del Commentarium (Anno I del 25 Luglio 1910). In esso, l’articolo La Divinazione Pantea, contiene due indizi importanti per la nostra “indagine”.
A pag. 13, in nota, si citano, a sostegno del credo sacerdotale assiro-babilonese circa il contatto intelligente di Ea con i demoni che agitano l’essere umano, le pubblicazioni, pionieristiche per l’epoca (1896-1903), di King, Martin e Stiebel. Si consideri, infatti, che è solo dalla seconda metà dell’800 che il cuneiforme babilonese viene correttamente decifrato e la sua interpretazione univocamente accettata6, mentre ancora ai primi del ‘900 incertezze esistevano per la prima e più autentica scrittura sumerica7. La citazione, pertanto, dei testi di Leonard W. King Babylonian Magic and Sorcery edito a Londra nel 1896, di Francois Martin Textes Religieux Assyriens et Babyloniens ,Parigi 1900 e di R. Stiebel, Etude sur la Magie et la Religion, Parigi 1903 (traduzione francese del noto Le rameau d’or di J.G. Frazer), portano ad attribuire la paternità dell’articolo sulla Divinazione Pantea, con buona dissipazione di dubbi, al principe capitolino8. Non altri, per i tempi, attesi i frequenti viaggi in Inghilterra9 ed i contatti con varie librerie internazionali, avrebbe potuto acquistare tali particolarissime e specializzate pubblicazioni. Tali soggiorni hanno spesso motivazioni scientifiche come, tra i documentati, quelli del 1892 (5-12 settembre) di Londra, in cui figura tra i membri del IX International Congress of Orientalist, convegno internazionale del quale farà parte, a Parigi, anche nell’aprile del 189710. Sarà , nel 1913, Leonard King (lo stesso autore citato da Ottaviano), in qualità di segretario del British Museum, ad invitare il Caetani11 a relazionare con un suo contributo, all’International Congress of Historical Studies a testimonianza della conoscenza datata tra i due12 e della considerazione del mondo scientifico per l’aristocratico italiano. Sappiamo, del resto, che la conoscenza della cultura, dei luoghi e della lingua araba avevano motivato il ministro degli esteri Alberto Blanc a preferirlo per una spedizione con finalità di missione diplomatica, nel 1894, con la Persia. Attraverserà l’Egitto, la Siria, la Palestina, le attuali Iraq ed Iran, rientrando in Europa, alla fine del viaggio, da Mosca13. Di non secondaria importanza, sono i rapporti di stima ed amicizia dell’aristocratico arabista con Franz Cumont 14che invitato a collaborare all’iniziativa degli Annali dell’Islam per le sue ricerche sul Manicheismo, nel 1915, lo proporrà a candidato membro dell’Istituto Belga15.
Nell’occidente moderno, il periodo di maggiore splendore e diffusione dell’esoterismo e dell’occulto si verificò molto verosimilmente negli ultimi decenni del XIX secolo e proseguì più o meno indisturbato fino all’inizio della “Grande guerra”. Si trattò probabilmente di un’isola alquanto felice, una sorta di “belle époque” estesa anche alle cosiddette “scienze occulte”, alla magia, all’ermetismo, all’alchimia e alle varie correnti iniziatiche, risorte come Fenice dalle ceneri di orrende persecuzioni e roghi criminali con i quali per secoli il più bieco fanatismo oscurantista ha tentato di estirparne le radici dal cuore e dall’anima della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre tradizioni.
Sull’onda del precedente periodo, negli anni a cavallo tra i due conflitti mondiali si manifestò una vivace ripresa, che sfociò in una fioritura di pubblicazioni, riviste, conferenze, ricerche, iniziative e associazioni di ogni genere. Poi di nuovo il buio della follia bellica. Timidi bagliori di un’alba carica di incertezze e speranze si intravidero dal 1946 in poi, ma occorre attendere gli Anni Sessanta, ricchi di fermenti innovativi in ogni direzione, e soprattutto i Settanta, per assistere a una vera e propria esplosione di interesse, oltre a tanta curiosità ovviamente, per tutto ciò che ha sapore di magico, occulto e misterioso. Si affermano materie rimaste a lungo nel baule dei ricordi arcani, o delle “marginali bizzarrie” che hanno accompagnato la storia dell’uomo, come le arti divinatorie (in particolare l’astrologia e la cartomanzia), il popolare spiritismo, la magia e la stregoneria (ribattezzata “Wicca” nei paesi anglosassoni), assieme a branche di ricerca più e meno nuove come l’ufologia, la fantarcheologia e la parapsicologia, con la complicità di fortunate trasmissioni televisive, film, musica, libri e riviste di larga diffusione e personaggi di spicco che catalizzano l’attenzione del grosso pubblico. Il movimento “Hippy” dei “figli dei fiori”, nato negli USA e transumato rapidamente anche in Europa, i cui ideali iniziali, apolitici e transreligiosi, erano improntati alla filosofia dell’amore e della pace universali, evolve nell’incantato preludio all’inno creativo dell’”Età dell’Acquario”, “l’era della conoscenza, che coltiva l’ideale di una religione cosmica, contrapposta alla religione del terrore, che non conosce né dogmi, né dèi costruiti secondo l’immagine dell’uomo”.1 Seguono, senza soluzione di continuità, le contemporanee New e Next Age, che con tutti i pro e i contro delle tendenze di massa e dei relativi risvolti commerciali, spargono altro fertile polline nelle verdi aree spiritualiste planetarie, coinvolgendo percentuali non trascurabili di simpatizzanti e seguaci in ogni campo della vita sociale, dalla cultura alla musica, all’arte, all’intrattenimento e allo spettacolo, fino a lambire alcune zone franche della scienza, evidenziando un’attenzione straordinaria nei confronti dell’ignoto e delle problematiche dell’anima, e una sete altrettanto rilevante di risposte agli eterni quesiti dell’umanità.
E fin qui potrebbe sembrare quasi un remake delle fiabe di “Cenerentola” o della “Bella addormentata nel bosco”… E in effetti, come in ogni favola che si rispetti, compare a un certo momento l’immancabile incursione di una componente oscura, l’ombra maligna di un “ma”…