Un giorno di primavera mi recai presso la riva del mare, per dare requie ai turbamenti dell’animo mio inquieto e per cercare quelle risposte che l’Urbe, con la sua brulicante suburra e con il suo assordate frastuono di etnie lascive e fuggenti, mi impedivano di ricevere dagli Dei. I candidi gabbiani seguivano le onde spumeggianti che infrangendosi contro le rocce aguzze e frastagliate, sembravano percuotere la battigia come i Salii battono i loro Ancilia in onore del Padre loro, divoratore di vite e tessitore di lepidi sudari. Chiusi le palpebre e le mie mani, rivolte verso l’immensa distesa di cobalto, assorbirono, con brevi movimenti, l’energia dei raggi tiepidi del sole, impossessandosi della loro essenza più riposta.