LA RELIGIONE STELLARE EGIZIA
NELLA RELIGIONE STELLARE DEGLI EGIZIANI
GEOCENTRISMO E ANTROPOCENTRISMO
di Qui Artem Discit
Che il rapporto tra gli egiziani e la volta celeste abbia avuto, come per altri popoli, carattere mitico-sacrale è noto, oltre che ovvio; scopo del presente contributo, quindi, non è quello di offrire al lettore una ulteriore prova di ciò, quanto, piuttosto, quello di proporre alcuni esempi che vadano oltre quelli forse più noti di Orione e Sothis, tentando di recuperare una chiave di lettura che possa ancor oggi essere utilizzata iniziaticamente. Anticipando la conclusione, possiamo dire che in realtà la terra dei Faraoni non conobbe l’astrologia che molto tardi rispetto a ciò che, invece, potremmo chiamare Astro-Mito-Loghia, cioè un discorso mitico espresso attraverso l’osservazione degli astri, teso alla divinazione1 dell’intero Egitto2; si riscoprirà in tal senso una visione che, piuttosto che presupporre una quiddità specifica nelle stelle, inserisce queste ultime in una prospettiva geocentrica in cui acquistano l’importante funzione di grande “orologio” cosmico e liturgico.
Senza dilungarmi ulteriormente in queste considerazioni generali, vorrei immediatamente proporre l’analisi di un rito estremamente interessante ai nostri fini e la cui antichità ci è attestata da iscrizioni risalenti alla IV dinastia. Faccio riferimento a quel complesso di cerimonie che si svolgevano in occasione della fondazione di un nuovo tempio e probabilmente delle stesse piramidi. Il rito durava alcuni giorni e prevedeva ben dieci fasi di lavoro rituale ad ognuna delle quali, almeno teoricamente, doveva partecipare il faraone, unica autorità in grado di stabilire efficacemente e legittimamente, in quanto divinità incarnata, quel collegamento tra cielo e terra necessario affinché il rituale potesse avere buon esito. La cerimonia, dunque, si apriva con la partenza del faraone e del suo seguito verso il luogo in cui sarebbe dovuto sorgere il nuovo edificio. Lì, un sacerdote, vestito con la maschera della divinità a cui il Tempio sarebbe stato dedicato, accoglieva il suo sovrano dando così avvio alle pratiche liturgiche. Il momento più importante della cerimonia era la fase del “pedj shes” cioè del tiro della corda. Si trattava del momento più delicato del rituale di fondazione dell’edificio e consisteva di due parti distinte svolte durante la notte ed il giorno seguente. Nella notte stessa dell’inizio della cerimonia, il faraone tendeva una corda insieme ad una sacerdotessa incarnante per l’occasione la dea Seshat e attraverso uno strumento chiamato “merkhat”, utilizzato come mira, fissava l’asse nord-sud prendendo come punto di riferimento l’Orsa Maggiore. Si legge in una iscrizione del tempio di Edfu: Io tengo il piolo. Afferro il manico del bastone e prendo la misura con Seshat. Io rivolgo i miei occhi ai movimenti delle stelle. Io volgo il mio sguardo verso l’Orsa Maggiore. Io fisso i quattro angoli del tuo Tempio3.