Quando ero un giovane e gagliardo centurione, rubavo la vita ai miei nemici in battaglia senza riflettere… Il mio braccio doveva solo percuotere, infrangere corpi, divorare il respiro agli uomini che, a loro volta, desideravano divorare il mio. Un giorno, dopo arduo cimento, mi accostai spossato alle rive di un breve ruscello che carezzava con le sue onde sinuose e placide i tronchi di un boschetto di larici e di querce secolari. La fronte mia grondava di fatica e le tempie pulsavano, come se il cranio fosse stato usurpato da un esercito di cavalieri al galoppo sfrenato. Dopo essermi dissetato, immersi le mani nelle dolci acque che mutarono repentinamente il loro colore da verde smeraldo in cremisi. Chiusi gli occhi e lasciai che le esistenze di coloro che avevo ucciso fluissero a valle, trasportate dalla corrente verso il regno delle ombre.