Il sentiero di Luce
DELLA CASTITÀ NELL’ERMETISMO di Amrar
(Tratto da “Elixir” n° 4 – Edizioni Rebis)
Nel nostro periplo, a tratti alquanto ‘eretico’ rispetto ai cosiddetti canoni accademici, nei mari ostici dell’arcipelago ermetico, approdiamo questa volta nell’isola oscura e controversa, ma mai così attuale, della castità. Sbarco oltremodo ostacolato da scogli insidiosi che hanno visto naufragare nel corso del tempo le tante aspettative, le buone intenzioni, l’equilibrio e il buonsenso di tanti navigatori dei mari occulti.
Lasciamo da parte i periferici riferimenti a regole monastiche et similia, che pur se interessanti per certi versi, risultano eccessivamente condizionate da un’ottica religiosa esasperata dal senso del peccato che non dovrebbe appartenerci. Ed entriamo direttamente nel vivo della questione. Senza ricorrere a scaffali di tediose citazioni con le quali si potrebbe riempire un’intera biblioteca, è facile osservare che ogni ‘maestro’, o presunto tale, così come ogni ‘ordine’ o scuola iniziatica, ha voluto in proposito ‘dire la sua’, lasciando un’impronta spesso personale, a volte fortemente peculiare, influenzata forse da componenti caratteriali o da un retroterra intensamente vissuto o sofferto, nel bene e nel male, della sessualità in ambito ermetico. Soffermarci sull’analisi delle cause che hanno determinato talune scelte o confermato certi precetti o imposizioni di stampo dogmatico, e delle relative ‘giustificazioni’ di natura ‘esoterica’ che ne hanno avallato e consolidato nel tempo valore e ‘utilità’, per non dire ‘necessità’, sarebbe cosa vana. Non è difficile tuttavia individuare o ipotizzare almeno una concausa nella soverchiante influenza di una pseudomorale religiosa involuta le cui dominanti misogine e sessuofobiche per lunghi e tristi secoli hanno violentemente eroso e stravolto alle fondamenta l’armoniosa visione di un sesso legato alla natura e al divino, lasciandoci un’eredità indesiderata di frustrazioni, violenze, tabù e ipocrisie di cui né il secolo dei Lumi né gli eventi e il relativo ‘progresso’ di tempi più vicini a noi sono riusciti a sbarazzarsi1.
Più facile prendere in esame, almeno parzialmente e per quanto possibile, effetti e conseguenze di ottiche indubbiamente restrittive che hanno lasciato segni indelebili e lacune marcate nella forma mentis di esponenti influenti - e di conseguenza nel corpus dottrinario - di alcuni organismi esoterici2.
Consideriamo innanzitutto che il sesso e l’energia che ne è alla base costituiscono nel microcosmo uomo la sintesi primaria e la massima espressione della fondamentale forza di vita, di un impulso primordiale che trascende in buona misura qualunque altra componente dell’esistenza, della manifestazione naturale di un principio cosmico di vastità incommensurabile, riconducibile all’origine dell’universo stesso. Ogni popolo, in qualunque civiltà ed epoca, a prescindere dalle precipue conoscenze esoteriche, ha sempre ben conosciuto e tesaurizzato l’importanza di questa ‘energia’ e periodicamente persino le ‘leggi’, o parte di esse, che ne regolano e determinano sviluppi, estrinsecazione e dinamiche in ogni suo aspetto. Da qui la necessità o la volontà, secondo le contingenze storiche, di gestirne il ‘potere’ - e relative applicazioni – incanalandolo entro i parametri ‘sicuri’ di presìdi o paradigmi morali e precetti di carattere etico-religioso. Come noto, riuscire a porre sotto controllo o pilotare la sessualità di un individuo, come di una comunità o di un’etnia, costituisce infatti una delle migliori e maggiori premesse per l’estensione di tale controllo alla totalità psicofisica e comportamentale dei medesimi. Gli esempi sono innumerevoli ed è sufficiente analizzare con occhio indiscreto usanze, leggi e ‘norme di condotta morale’ o ‘comandamenti’ delle varie scuole teologiche artigianali o delle multinazionali dell’aldilà, e le strategie dei governi che a tali pretesti si sono ispirati, o hanno finto di ispirarsi, per la gestione agevolata di un dominio integrale della collettività3.
Ora, come già accennato e come ogni ermetista ben sa, similmente ad altre forme di energia, è possibile coordinare, manipolare e dirigere la sessualità per vari scopi e applicazioni, la cui natura e risultante possono assumere carattere e valenza specifici, riassunti genericamente e in modo riduttivo dalla formula positivo/negativo, a seconda della volontà e del valore iniziale che determinano l’impronta d’origine e la finalità. E’ in questo processo che si inserisce, nel contesto esoterico, l’elemento dottrinale o teorico stabilito o accettato da parte di coloro che nel corso del tempo sono stati o si sono ritenuti in diritto di perpetuarne o modificarne forme e strutture portanti.
Ugualmente e largamente noto è l’uso strumentale, mirato a raggiungere determinati obiettivi, dell’eros e della sessualità, espresso in termini espliciti o celati, diretti o indiretti, tanto negli organismi religiosi quanto nelle società e nei sodalizi iniziatici delle tradizioni orientali e occidentali. E se per quanto concerne l’oriente possiamo tranquillamente ritenere che una cospicua e qualitativamente rilevante percentuale di tali tradizioni sia riuscita quasi miracolosamente a mantenere e tramandare pressoché integri certe regole e insegnamenti originari, altrettanto non ci è consentito dire in merito all’occidente, in cui l’affermazione e la sovrapposizione di culti alieni e privi di legittime chiavi iniziatiche (o perdute strada facendo, per coloro che vogliono intravederne le sembianze nei simboli e nella liturgia delle origini), ha dapprima soppresso e poi ridotto al silenzio, alla clandestinità e alla necessità del segreto, quanto di sacrale ed esoterico era presente nel primitivo tessuto cultuale, in particolare nelle dottrine e nei riti misterici. Ma come accade per le religioni, se non si possiedono o si dimenticano, a vantaggio di una prevaricante gestione del potere temporale, le chiavi spirituali della conoscenza arcana, e i maestri, come i pontefici, non dispongono più delle prerogative indispensabili per essere definiti tali, si perdono inevitabilmente i sigilli della verità realizzata, si spegne la comprensione dei significati riposti, di simboli e allegorie, e viene a mancare, oltre il reale rapporto tra il divino e l’umano, la genuina facoltà acquisita e/o trasmessa per meriti sapienziali di tradurre in concreto gli insegnamenti e le teorie della via dell’ascenso. Il che corrisponde fatalmente a pronunciare la sprezzante risposta di Cambronne su un fondamentale postulato ermetico, secondo il quale occorre sempre trasporre la regola enunciata in una realtà verificabile e sperimentabile. E si scivola nell’assioma. Magister dixit. Ma quando il magister non è affatto tale, o non è più presente per spiegare o giustificare oralmente i motivi posti alla base della regola, o se gli scritti riservati sono perduti, o incerti, o parziali, cosa dire?
Si affacciano a questo punto interrogativi inquietanti come nubi temporalesche sullo scenario variopinto delle attuali realtà ‘iniziatiche’ o pseudo tali, almeno per quelle che conosciamo e che più o meno ufficialmente dichiarano di detenere le chiavi dei lucchetti del sapere e sollevano i ponti levatoi dinnanzi agli aspiranti alla luce che bussano speranzosi.
Prendiamo ad esempio gli insegnamenti specifici che dovrebbero servire di orientamento ai seguaci delle dottrine kremmerziane e leggiamo quanto scrive il maestro a proposito della castità4:
La castità noi non l’intendiamo che nella maniera più austera. Purità di intenzione, di parole e di atti.
In magia operante o naturale non è necessaria la assoluta castità, purché il discepolo si mantenga continente nei periodi di operazione. In magia divina, invece, la castità è necessaria condizione, senza la quale tutte le intelligenze elevate si allontanano; per questo lo stato coniugale tra un iniziato e una donna qualunque è un impedimento allo sviluppo magico divino.
Spiego la dottrina vera con le attuali conoscenze della scienza profana: nell’organismo umano l’apparato cerebro-spinale elabora un mercurio animale e un fluido etereo, del quale le manifestazioni note sono il magnetismo, la forza psichica, la potenza ipnotica ecc. Esso in certi organismi è in ragione diretta dell’accumulo del mercurio, e in altri in ragione inversa di esso.
Alcuni sprigionano maggior fluido e più intenso nello stato di continenza prolungata, altri maggiormente nella formazione del mercurio. Occorre badare bene che lo stato di libertinaggio neutralizza il fluido, e nessuno mi fraintenda credendo che in alcuni il libertinaggio aumenti il valore di potenzialità del fluido stesso. Bisogna essere casti o intelligenti peccatori.
E’ ancora il Kremmerz che scrive:
Lo stato normale dell’uomo è il più casto, perché nella sola castità egli acquista il dominio assoluto del suo essere materiale e la sua anima animale si invigorisce contro ogni assalto di influenze malefiche estranee.
I pletorici a regime leggero, quasi liquido, e con preponderanza di cibi vegetali hanno maggior tendenza a sviluppare ed esteriorizzare il loro fluido nei tre giorni successivi all’atto di liberalità sessuale, considerati i periodi lunari. I nervosi debbono essere invece continenti almeno otto giorni prima di ogni operazione di magia naturale e adoperare anzi degli eccitanti naturali nel momento in cui si intende operare.
Il problema si complica se estendiamo l’analisi agli scritti più riservati, nei quali si ribadisce ufficialmente la necessità della castità assoluta da parte dell’iscritto alla fratellanza:
Sii casto, cioè non concepire lo stato di turbamento della passione, né obbedirvi, né provocarlo, né saziartene.
La castità assoluta è uno scoglio nella vita sociale moderna e per temperamenti non ascetici e per le persone coniugate, quindi la regola prescrive: 1 – Assoluta castità per i giovani e per le giovani iscritte al noviziato ermetico. Né pratica né idea impura. 2 – Le persone coniugate: mantenersi libere da ogni sentimento di servitù e di abitudine e compiere non doveri ma dedizioni di amore, fedeli al patto coniugale che per nessuna causa deve essere tradito (‘Fascicolo C’)
Fermiamoci qui, senza inoltrarci nei cosiddetti testi segreti, nelle lettere o nelle comunicazioni personali ai discepoli, per non aggrovigliare ulteriormente la matassa. Appaiono evidenti alcune sottili contraddizioni, oltre una velata reticenza, che si appalesano e in parte chiariscono man mano che l’iscritto procede sulla via kremmerziana all’ermetismo, e una serie di oggettive difficoltà interpretative che con il maestro ancora vivente devono aver generato non pochi equivoci e interrogativi di un certo rilievo se, come appare molto probabile, incalzato quest’ultimo sul tema specifico dal noto barone Ricciardelli, ebbe testualmente a rispondere: ‘Essi vogliono credere alla castità delle candide colombe?...ebbene, li ho serviti!...’5; quasi a sottolineare l’ineluttabilità di scelte dettate da circostanze certamente contingenti ma tali da determinare regole dottrinali di carattere strutturale e di portata ben più ampia di quanto il Kremmerz stesso avrebbe potuto immaginare6. In proposito, tra le tante pagine di osservazioni interessanti, il Ricciardelli scrive: …Né dagli scritti di Kremmerz, né dalla trasmissione orale di punti di vista esoterici, si ricava molto. In certi punti infatti egli assume la volontaria astinenza e la castità come necessarie alla magia solare, altrimenti le intelligenze si allontanerebbero; peraltro ripetutamente per iscritto, e soprattutto a voce ha affermato che l’uomo sano e reintegrato deve adoperare tutti i suoi poteri e sensi, sotto pena di atrofizzarsi, diventando nevrastenico allorquando volesse adoperarli. Questo presuppone un uso regolare e periodico. La volontaria astinenza e la castità kremmerziana non possono quindi che intendersi come mezzi limitati e temporanei di purificazione…Non è escluso che l’autore de ‘La Porta Ermetica’ coltivasse in se stesso ben altri concetti sull’argomento e ugualmente auspicasse, come per molti altri suoi progetti, una maturità di tuttaltro spessore (credevo l’umanità molti secoli più innanzi…7) e ben altre possibilità e capacità di comprensione da parte dei suoi affiliati. Sennonché la limitata e limitante realtà entro la quale si trovò a operare, la granitica barriera di pregiudizi contro la quale ebbe a scontrarsi e, soprattutto, una diffusa e desolante mentalità fideistica ancora soggetta a sudditanze ataviche nei confronti della religione ufficiale e dunque oltremodo infarcita delle pesanti zavorre di un moralismo confessionale, hanno creato e lasciato nodi intricati su un percorso già tortuoso per definizione, mai sciolti nemmeno dai moderni epigoni della scuola di Kremmerz8, specie da quelli che si arrogano il diritto esclusivo di commentarne il verbo e le scritture.
Una conferma indiretta ci è offerta dall’analisi dell’atteggiamento, o meglio delle scelte adottate in tema di castità dalle varie filiazioni o correnti neokremmerziane sopravvissute in qualche modo alla morte del maestro o riesumate e proliferate, in seguito a iniziative personali di discepoli diretti o indiretti del maestro, nel dopoguerra. Ognuna, salvo marginali e periodiche varianti, dovute principalmente a valutazioni e criteri interpretativi più o meno personali, oltre una certa elasticità di giudizio del ‘maestro’ di turno, si è pedissequamente attenuta, in linea di massima, agli insegnamenti e alle direttive scritte del Kremmerz stesso, lasciando poi nel migliore dei casi alla discrezione e alla coscienza imberbe del singolo iscritto la facoltà di adattare la regola alle proprie esigenze e ai propri modelli di vita spirituale e non. Più spesso e volentieri è stato invece eluso o distorto il senso e il significato reali di termini quali purificazione9 e castità, che lungi dalla banale e apparente accezione devozionale che li caratterizza nell’immaginario ordinario, possono e debbono intendersi assai diversamente e in particolare anche entro prospettive propedeutiche di indubbia utilità, rivolte per esempio allo sviluppo e al controllo della volontà e della disciplina interiore . Si sono venute così a creare in non pochi casi miscele interpretative esplosive: dalle deliranti richieste ai neoiscritti, scambiati forse per monaci di clausura, di castità totale, ininterrotta e assoluta (pena la sospensione dalla ‘catena’ e/o eventuali velate sanzioni di tipo ‘spirituale’10), all’obbligo di castità per periodi di almeno nove mesi dall’inizio dell’iscrizione (oltre ai periodi rituali), per passare alla castità limitata al novilunio, o al novilunio e al plenilunio, e finire, pur se più raramente, nella piena libertà di scelta, o come già accennato, nelle diete miste e dissociate, secondo considerazioni strettamente individuali o contingenti. Creando e moltiplicando in questo modo una serie di ulteriori problematiche esistenziali, ovviamente irrisolte e semmai aggravate dal numero maggiore di giovani accostatisi allo studio e alla pratica delle discipline ermetiche kremmerziane. E’ infatti innegabile che certe incongruenze marcate e disposizioni restrittive, come l’automatica esclusione dalla ‘catena’ fino al successivo novilunio in caso di rapporti sessuali, hanno creato disagi e conflitti soprattutto, e naturalmente, nelle fasce più giovani degli iscritti, costringendo i medesimi a forzati periodi di innaturale astinenza o inevitabili sospensioni dall’attività rituale. Con grave danno per un sereno progresso interiore, e consequenziale preoccupante escalation di frustrazioni logoranti e deleteri sensi di colpa di strabigotta memoria, lontani peraltro spazi galattici da intenti e programmi dell’evoluzione interiore ermetica. E qui è necessario essere chiari: è da ritenersi altamente rischioso se non decisamente irresponsabile negare una sana sessualità, specie a coloro che si avvicinano allo studio e alla pratica dell’ermetismo11. La repressione, si sa, genera la perversione, e se il danno è sensibile in un frutto maturo, può rivelarsi altamente lesivo in un’anima in fiore o che sta per sbocciare alla via dello spirito. E le lesioni dell’anima non si cancellano12.
Qualche oltranzista potrebbe facilmente obiettare che queste sono le regole, e che nessuno è obbligato a inserirsi in un organismo iniziatico se non sente la necessità o non ha la possibilità di osservarle. Benissimo. Non è certo il caso di citare l’arguta risposta di Wilde all’ipocrita morale vittoriana del suo tempo (le regole sono fatte per essere infrante), ma è pur vero che, regole discutibilissime e non certo impresse a fuoco su tavole di pietra filosofale a parte, che ogni anima è o dovrebbe sempre e comunque essere considerata un universo a sé, espressione unica e sensibilissima di un complesso percorso esperienziale/esistenziale, di un’individualità ricca di sfumature infinite e assolutamente personali, e che qualsiasi impostazione o imposizione teorica può richiedere certamente una ragionevole fiducia, ma mai una cieca e acritica fede. Altrimenti si rischia di inciampare nelle radici sempre sporgenti e in agguato, nonché difficilissime da estirpare anche col diserbante al vetriolo, del misticismo confessionale. E sono guai seri. Del resto è proprio il Kremmerz che afferma categoricamente: Non credere a quanto si dice…a ciò che pur appare probabile…a quel che è ritenuto per consuetudine…alle testimonianze altrui… alla stessa autorità del maestro…tieni per vero solo ciò che l’esperienza tua ti conferma esserlo.
Queste, più di tanti sterili sofismi e precetti imbalsamati, sono le parole auree che nessun aspirante ermetista, e non solo, dovrebbe sempre avere presenti durante il tragitto.
In conclusione, senza alcuna pretesa di aver risolto alcunché di una questione troppo delicata e complessa, che richiederebbe ben altro spazio, lascio alla riflessione degli interessati le domande e i dubbi sollevati, assieme alla polvere antica e alle tele di ragno, da sotto i logori tappeti di un passato ossidato che a mio avviso sa solo di vecchio e di stantio. Sperando che i cosiddetti ‘maestri’ considerino seriamente e scrupolosamente il ruolo importantissimo che svolgono, senza mai perdere di vista la netta e precisa responsabilità che si assumono nei confronti di anime che chiedono solo di essere aiutate a progredire. E, soprattutto, che le coscienze dei giovani, già duramente e spesso drammaticamente provate da continue e devastanti incursioni occulte e palesi cui sono sottoposte quotidianamente, non debbano più, almeno nell’isola di luce dell’ascenso ermetico, subire vessazioni, prevaricazioni e pressioni castranti, utili solo a deviarne e atrofizzarne le potenzialità di uno spirito che l’Iniziazione deve rendere libero, integro, armonioso, fiero e felice della propria umanità.
1 La stessa ‘rivoluzione’ o ‘emancipazione’ sessuale degli ultimi decenni corrisponde, per molti aspetti, a una forma di reazione, o risposta fisiologica alquanto prevedibile, di valore opposto, agli eccessi di un lungo periodo di fantasmi e censure oscurantiste, che lungi dal risolvere i problemi di fondo ne accentuano anzi nevrosi, ossessioni, squilibri e mercificazione.
2 Ovviamente soltanto di alcuni organismi esoterici.
3 Si renderebbe a questo punto assai utile una digressione attenta sull’idea del sesso e della sessualità coltivata nel mondo classico, soprattutto nell’area geografica a noi più vicina, escludendo quindi il medio e l’estremo oriente: la cultura e la società greco-romana ad esempio, gli Egizi, gli Etruschi. Una disamina superficiale sarebbe sufficiente per rendersi conto dell’armoniosa e naturale (rispetto alla nostra mentalità radicalmente deturpata e inquinata) visione presso questi popoli del sesso, vissuto senza remore, né complessi di colpa o senso del peccato, nella più ampia libertà quale dono divino ed espressione esso stesso, in ogni sua forma, della creatività divina, di fecondità e di gratificante, gioiosa e sublime componente della vita. Se poi scaviamo un po’ di più, troviamo persino eloquenti conferme di un sesso praticato iniziaticamente o religiosamente come manifestazione sacrale del divino, sottolineata e sostenuta da forme cultuali pubbliche e segrete, riti misterici e orgiastici, falloforie, prostituzione sacra, baccanali, feste della fertilità, Floralia, Priapee ecc. Questa visione, libera da costrizioni e sovrastrutture culturali, è quasi completamente sconosciuta e incomprensibile nella sua effettiva realtà all’uomo di oggi, la cui coscienza e sensibilità, in tal senso, sono state profondamente alterate se non massacrate da secoli di terrorismo teologico che ha sistematicamente associato, nella mente di innumerevoli generazioni, l’immagine della colpa, del peccato mortale, del demonio, della maledizione e della vendetta divine al sesso non uniformato o allineato sulle posizioni ufficiali del culto o della morale dominante.
4 I testi sono tratti dal Dizionario dei termini ermetici di U.D.Cisaria, Roma, 1976.
5 M.Daffi: Dissertamina, Genova, 1978.
6 Sappiamo bene quanto e come il Kremmerz ebbe a pentirsi di regole e impostazioni iniziali della fratellanza da lui fondata (v. in proposito, tra l’altro, la ben conosciuta e significativa lettera a un discepolo, meglio nota come ‘della sora Felicetta’). Nello specifico, può risultare interessante la testimonianza diretta del barone Ricciardelli - che con l’ermetista di Portici ebbe contatti amichevoli e dottrinali strettissimi e non condizionati da ruoli formali di maestro e discepolo: …Perciò la magia non condanna la lussuria. Essa può, sì, essere volgare lascivia, ma può anche essere stato pirico, che, arroventando i due partecipanti al rito venusino li mette in quella condizione di emanazione di energia, sopita nel coito melenso, che coopta: in astrale anime affini ovvero evolute. Perciò Kremmerz disse che la loro parte di lussuria sacra l’ebbero tutti gli antichi templi. Kremmerz ha accennato spesso alla compensazione fluidica (così detta da lui) fra coppie, e dal suo modo di esprimersi sembrerebbe che chi non fosse in queste condizioni dovesse mantenersi casto: ma questa interpretazione è del tutto errata. In materia di castità, Kremmerz, per voler troppo distinguere e bizantineggiare, ha tradito il suo stesso pensiero, ed io che scrivo posso renderne testimonianza per avere Kremmerz, messo alle strette, smentito tali illazioni… In magia, le affermazioni kremmerziane di astinenza volontaria non significano altro che l’iniziato, cultore di un amore sublimato, si distacca tecnicamente dagli effluvi bassi e non riceve effluvi da tale sfera (M.Daffi, Alchimia ermetica, Milano, 1980).
7 Introduzione in Avviamento alla scienza dei magi, Bari, 1917.
8 Certe istruzioni, peraltro importanti, che comportano implicazioni anche nella pratica cosiddetta segreta, ma non solo, avrebbero richiesto non una possibile spiegazione, bensì la spiegazione, di impronta magistrale, lucida, precisa e inequivocabile.
9 Cfr. Della purificazione, Elixir 1, Viareggio, 2005.
10 Non vogliamo negare a temporanei periodi castità, così come a digiuni, pratiche rituali, meditazione ecc. il valore e l’importanza propri di una disciplina rivolta a un maggiore controllo e a un graduale sviluppo della volontà e del potenziale ‘occulto’ dell’iniziando. Ma tutto questo, assieme alle possibilità e agli scopi riposti della rituaria,andrebbe semplicemente spiegato senza segretismi avariati, più e meglio di quanto sia stato fatto.
Cui va aggiunta la sottile e perniciosa forma di dipendenza – indotta – scaturita dalla ‘convinzione’ – indotta – che solo all’interno della ‘catena’ possa esservi ‘progresso’, ‘protezione’, ‘salute’, ‘armonia’, ‘prosperità’ e via dicendo; il che la dice lunga sulle difficoltà psicologiche che intervengono nel trovarsi ‘fuori catena’ o addirittura nei tentativi di uscita e di allontanamento da certe ‘catene’.
11 Uno dei maggiori pericoli consiste nel compromettere o snaturare, o addirittura impedire, il risveglio e lo sviluppo corretti della preziosa energia meglio nota come kundalini, e di spegnere il ‘sacro fuoco’ interiore, frutto e riflesso del fuoco cosmico che è all’origine della vita. Non a caso nella tradizione segreta Eros è figlio dell’itifallico Hermes.
12 Non è possibile illudersi di praticare a lungo una completa forma di castità (pensieri, parole e opere) senza conseguenze spiacevoli e imprevedibili, tranne ovviamente la classica eccezione di coloro che, per rispettabilissimi motivi quali la libera scelta, la via intrapresa (a.e. la tecnica della ritenzione), la propria natura o temperamento, o la ‘grazia divina’, decidono di buon grado e in piena consapevolezza di adottarla e seguirla senza remore né difficoltà oggettive. A questo proposito S. de Guaita scrive: La Ragione deve dominare la Bestia, non ucciderla (Le probleme du mal): concetto ripreso e ampliato successivamente dal suo segretario O.Wirth: Non è quindi il caso di uccidere l’animale, anche nella nostra personalità, come fanno gli asceti. Il Saggio rispetta tutte le energie, anche pericolose, poiché pensa che esse esistono per essere captate e quindi utilizzate con discerinimento (Le Tarot).