LA MISSIONE ERMETICA[1]

Esplicata la necessità di rendere la coscienza libera per la conquista ermetica, e il pericolo del metodo soggettivo, confessate le mie intenzioni che sono spoglie di qualsiasi ambizione, ho bisogno di ricordare a chi vuol essere discepolo della buona idea l’indole della Missione nuova. È legittimo che ogni uomo pensi a sé, che rivolga il suo studio, il suo intelletto, le sue aspirazioni a riconquistare ciò che il tipico Adamo dei cabalisti prevaricando perdette. Ma non bisogna dimenticare che l’umanità è una, e che la solidarietà umana è un dovere imprescindibile di ognuno che aspira alla corona regale della Verità.

È idealismo? non sorridere, o lettore, perché nel senso volgare non ho abbastanza isterismo per creare delle illusioni a me e agli altri.

È la realtà della vita che lo impone. L’uomo muore e rinasce. Raccoglie rinascendo il frutto che ha seminato sulla terra, e i terrigeni sono sempre gli stessi: mentre nei cimiteri le ossa si convertono in carbonato di calcio, i morti rivivono. Noi siamo sempre gli stessi, membri della stessa famiglia. Di comune abbiamo il sangue, la carne e le ossa, che la terra ci restituisce; la pace, i dolori e le aspirazioni, che sono prodotti della nostra giustizia, delle nostre colpe, e della nostra esperienza antica.

La ragione, la comunità d’origine, la convivenza ci obbligano a non rifiutare a chi è più infelice di noi la mano aperta che tutto dà, senza desiderio di compenso o di premio.

La missione ermetica si deve svolgere contro l’ignoranza e la superstizione, in pro delle masse che devono essere redente dalla scienza dell’uomo: quindi un altare alla scienza umana contro l’ignoranza, un faro di luce contro l’oscurantismo dei degeneri evocatori di barbarie imbiancate a nuovo sotto parvenza d’idealismo morboso.

Operare umilmente e oscuramente il bene; pubblicamente e gloriosamente inculcare dovunque che la scienza umana darà a suo tempo il completo assetto alla nostra materia umana, farà la pace nei popoli, e combatterà il dolore e la paura della morte.

Agli atei dirai che l’uomo è il sovrano dell’umanità e la sapienza dell’uomo la regina dell’universo.

Ai credenti spiegherai che Dio si manifesta nelle sue creature, come l’albero pel suo frutto.

A tutti insegnerai che la perfezione ermetica è una medicina che gli dei e i numi dell’Olimpo sotto spoglie umane portarono sulla terra, tra gli uomini doloranti e feroci, per sanar loro le piaghe cruente e renderli miti ― che Mercurio ne distilla dalle rose fiorenti l’essenza, che Amore dona ai mortali se Venere raggiante sorride.

Se non sarai creduto ritorna al tuo umile lavoro e fa’ il bene, che è seme, che fruttifica anche fra le spine della vita, le quali il cristianesimo ha poste, per ornamento di martirio, sul capo di chi predicò la pace.

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*Dalla rivista O’Thanatos, Anno I n. 1, 1 gennaio 1923, pp. 5 e 6 (Ristampa integrale Ed. Rebis, 1990).

[1] [Questo testo, con piccole differenze di interpunzione e di composizione, era già stato pubblicato nella rivista Commentarium, anno II, nn. 4-7, Bari, aprile-luglio 1911, pp. 160-161] 

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