Origini Sciamaniche di un Culto Arcaico
Libreria Editrice Aseq, Roma, pp. 243, numerose ill.
Le radici sciamaniche di un demone portatore di luce:
“La maschera di Arlecchino da Bergamo la cui valenza infera è già notoriamente evocata nel demoniaco Alichino dantesco (XXI Canto dell’Inferno) affonda, in realtà, le sue origini in un ambito primordiale estremamente articolato, rinviante alla sfera sacra degli spiriti degli antenati, dei fenomeni naturali, della fertilità, del calendario e dei riti stagionali. Si tratta di un vero e proprio fiume sotterraneo, sapienziale, alimentato da archetipiche forme di religiosità, da tradizioni ancestrali velate poi, dietro le storie ironiche e divertenti che, veicolate da guitti e attori vaganti, sfoceranno nella Commedia dell’Arte.
L’indagine sull’ambiguo personaggio di Arlecchino stupisce per la ricchezza delle implicazioni simboliche emergenti via via.
L’abito a losanghe colorate pare evocare, ad esempio, «quei tipi buffi degli antichi Galli che facevano ridere i Quiriti girando con abiti fatti di pezze variopinte» simili all’arcobaleno. Tale peculiarità è particolarmente intrigante perché parrebbe sottolineare un’affinità con i tessuti tartans tipici dell’ambito celtico, che celavano il mistero dell’alfabeto sacro: i fili multicolori simboleggiavano, infatti, l’appartenenza ad una stirpe solare come le cordicelle colorate dei quipu incaici.
Analoghe «stoffe variegate» come l’arcobaleno, emblema del collegamento tra cielo-terra-inferi, si offrivano al terribile dio dei morti della tradizione sciamanica: Erlik Khan-Ärlik Qan, vero e proprio antenato clanico – un tempo celeste, poi demonizzato come Lucifero – la cui relazione etimologica e semantica con Arlecchino è già stata ipotizzata.
L’affinità del dio con l’Arcangelo “caduto” non può che sorprenderci perché l’indagine sul nostro demoniaco personaggio conferma in questo, non solo le confuse reminiscenze dei cerimoniali del transito annuale, fase liminale ritenuta pericolosissima in tutta l’antropologia religiosa, ma anche il retaggio dell’infrazione originaria.
L’allusione al “geminus Giano” dio delle Porte dell’Anno, pare fondersi nello Zani (= “Giovannino”) al dualismo di Venere-Lucifero, il «terrificante serpente dalla veste “tinta di colori”» che, mettendo fine ad una paradisiaca era di perfezione causò una scissione nell’integrità del Tempo.
La sovrapposizione simbolica viene suffragata dal mistero della Chasse Allequin, Caccia Selvaggia di cui Re dai molti nomi, paredro di Diana Signora del sabba, è, ancora, Lucifero-Herlequin, altra manifestazione infera del poliedrico Arlecchino.
Il costante riproporsi di queste relazioni suggerisce l’affiorare di un substrato religioso molto arcaico, gravitante intorno al mistero di una trasgressione cosmica che avrebbe compromesso l’armonia primordiale. Ma altri aspetti significativi emergono nel corso dell’indagine quasi a dimostrazione dell’intricato, perenne riattivarsi delle strutture archetipiche dell’immaginario.
Il costume composto di “pezze” variopinte della maschera bergamasca rinvia non solo alla tradizione dei Fool ritenuti “servi di Venere”, ma ricorda ancora un’altra espressione del dualismo primordiale: i Buffoni del Sole. Tra queste figure gemellari, ritualmente in lotta per riscattare la primavera dall’inverno, risaltano i Clowns cecoslovacchi, portatori di fecondità, a cui le donne strappavano brani della veste colorata. Le “pezze”, poste sotto le galline, avrebbero favorito la produzione di uova, simbolo di rinascita.”
Emanuela Chiavarelli, studiosa del sacro, ricerca nelle attestazioni dei riti, dei miti, delle fiabe, delle tradizioni popolari il retaggio di eventi realmente accaduti che ispirarono i cerimoniali, i Misteri e la religiosità dei diversi popoli. Autrice di saggi antropologici, come Sulle tracce della scarpina perduta (Roma, Il Calamaio 2005-6), o Il dio Asino: il mistero di un’antica divinità (Roma, Tiellemedia 2006), ha già pubblicato, per Bulzoni, Diana, Arlecchino e gli spiriti volanti. Dallo sciamanismo alla “caccia selvaggia” (2007); Intarsi: momenti di Antropologia (2009); La maschera e il Graal. Indagine sull’archetipo della “coppa” (2012). Scrive e ha scritto per le riviste “Tema”, “Psicoanalisi Forense”, “Psicoanalisi corporea”, “Studi sull’Oriente Cristiano” e “Arthos”.
Ha collaborato con la Cattedra di Antropologia Culturale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma, La Sapienza.
Luigi Pellini, allievo devoto di Igor Istomin, insieme con il maestro ha approfondito il sacro nelle religioni, con particolare attenzione per lo sciamanesimo europeo e orientale.
“Chi si cela in realtà dietro Arlecchino, l’unica figura della Commedia dell’Arte che appaia frequentemente, con appellativi simili, in tanti ambiti diversi, nelle tradizioni riattualizzanti credenze risalenti addirittura ad epoche remotissime? Come individuare il criptico vincolo che connette l’Herlequin-Hellequin, infera guida degli Spiriti volanti, all’Erlik Khan dello sciamanismo, personificante il demonizzato Lucifero, Signore del sabba? Quale nesso rapporta l’Erlekoening, Re degli elfi e delle fate, all’Herklinus Herculinus della tarda romanità, retaggio dei Re sacri?
Il noto eroe delle 12 fatiche-mesi rappresentava, infatti, anche l’inginocchiato, costellazione che dominava l’antica Polare, poi slittata. Le sue tracce si perdono nella notte dei tempi sino a sfociare nel comico ghiottone aristofaneo, viaggiante negli inferi proprio come il nostro Zani. Dietro i lazzi, i giochi verbali del mondo alla reversa trapelano le vestigia dei riti di emergenza di un’unica primordiale teurgia finalizzata a convertire, con sortilegi magico-analogici, la morte in vita.”