Tratto da un raro articolo del 1951

Il diciottesimo grado Scozzese, Cavaliere dell'Aquila, Principe di Rosa+Croce, .deriverebbe, secondo gli uni, dal misterioso Ordine dei Rosa+Croce, secondo altri da un fallito tentativo dei Gesuiti, che volevano infiltrarsi nella Massoneria, per orientare i principi filosofici e gli insegnamenti a profitto della Cattolicità. Non riteniamo di fermarci su questa seconda ipotesi, la quale, evidentemente, sorse nel periodo in cui la libera Muratoria raccoglieva non solo i nemici della Chiesa di Roma, ma anche quelli di qualsiasi idealità trascendenti, di qualsiasi forma di sentimento religioso. L'Ordine iniziatico dei Rosa-Croce, con più sicurezza, sarebbe stato costituito da Goffredo di Buglione verso il 1090, ed avrebbe avuto un riflesso nell' «Ordine del Tempio» e una derivazione nei «Fedeli d'Amore», sodalizio gnostico antipapale, che fiorì specialmente nella Provenza. 

Qualcuno ne attribuisce la fondazione al Principe Cristiano Rosenkreuz, che visse in Germania nel secolo decimo terzo. Questi aveva riunito intorno a sé un numeroso stuolo di Cavalieri, che guidava personalmente agli studi esoterici, terapeutici ed umanitari.

Forse il Rosenkreuz, non fu che il continuatore dell'opera di Goffredo di Buglione, ciò che spiegherebbe la ragione delle notevoli influenze che si riscontrano nelle. dottrine dei Rosa+Croce, della filosofia e della scienza degli Indiani e degli Arabi. Non è possibile tracciare una storia precisa dell'Ordine dei Rosa+croce, perché esso, in realtà, ha saputo sempre custodire il proprio segreto e nascondere i dettagli della propria attività, che ebbe uno speciale impulso attorno al 1600, ad opera del suo Gran Maestro Lord William Herbert, conte di Penbroke, del teologo luterano Johann Valentin Andreas e del medico londinese Robert Fludd.

Ne fecero parte notevoli personalità che si ricordano nel campo della filosofia, della scienza e dell'arte. Pare proprio che nella storia dei Rosa+Croce, si trovi la soluzione di uno dei più interessanti, misteri della letteratura inglese, la possibilità cioè di attribuire una precisa personalità al sommo tragediografo William Shakespeare. Vale la pena di fermarsi sulla questione, che è stata particolarmente studiata da Carlo Villa, brillante storico, il cui antenato, conte Giovanni Villa, architetto navale ed uomo  politico (1549-1624), fece parte dell'Ordine dei Rosa+Croce, iscritto sia alla Loggia di Venezia che a quella di Londra. William Shakespeare, afferma il Villa, sarebbe un italiano: Michelagnolo Florio, un poeta nato in Valtellina da genitori protestanti nel 1556. Perseguitato dall'ira cattolica, lasciò a 19 anni la sua terra ed iniziò a vagare per l'Italia prima e poi per altri paesi. La Valtellina in quei tempi, dopo il dominio Visconteo e Sforzesco, era contesa dai Grigioni e dalla Spagna, e appoggiata dal Pa-pato. Sanguinosissime furono in quei paesi le lotte religiose fra i cattolici ed i protestanti, sì da obbligare intere famiglie protestanti ad abbandonare il patrio suolo, pur di non cadere vittime della Inquisizione. Nomi di moltissime famiglie infatti scomparvero da allora dai registri della popolazione valtellinese, e la famiglia Florio, fu una delle tante.

Queste lotte cruenti, culminarono più tardi nel famoso «Sacro Macello», la memorabile strage dei protestanti avvenuta nella notte del 15 luglio 1620, guidata dal fanatico prelato Giacomo Robustelli; una spietata carneficina, che ebbe il crisma della Chiesa, come la «Notte dì S. Bartolomeo», del 24 Agosto 1572. Dalla Spagna, ove infieriva maggiormente l'Inquisizione, Michelagnolo Florio si recò in Austria ed a 22 anni lo troviamo in Atene, insegnante di storia Greco-Romana. Ma il giovane poeta protestante non si sentiva sicuro nell'Europa Meridionale, ed appoggiato dalla Comunità dei Rosa+Croce, alla quale apparteneva, partì per il Nord. Dalla Danimarca, nel 1580 raggiunse a Londra il cugino Giovanni Florio, insegnante alla Università di Oxford ed alla Corte. Trasportato verso l'arte teatrale, il Florio peregrinò per i vari paesi dell'Inghilterra con una compagnia di commedianti. Du-rante questo periodo conobbe a Stratford on Avon, i birrai John Shakespeare e Maria Arden, che ,vedendo in lui una strana somiglianza col figlio William, morto poco prima, e sedotti dalla sua bontà e dalla viva intelligenza, decisero di adottarlo. I legami tra Michelagnolo Florio ed i coniugi Shakespeare si fecero più stretti quando egli ne sposò la nipote Anna Hathaway, 18 novembre 1582.

Il Florio fu il discepolo più caro a Giordano Bruno, e con lui combatté il dogma della Trinità e la venerazione delle immagini. Assunto il nome dei genitori adottivi, il Florio non lasciò più l'Inghilterra e visse sotto la protezione del conte di Pembroke, Lord William Herbert, Gran Maestro dei Rosa+Croce, al quale morendo (1616) lasciò tutto il proprio patrimonio letterario, che più tardi venne pubblicato, naturalmente, sotto il nome di William Shakespeare. In questo modo si spiegherebbe la ragione per cui molte, e certamente le più belle, fra le opere dello Shakespeare, siano imperniate su temi italiani, essendo naturale che l'autore, appunto perché italiano, conoscesse assai meglio la storia e le tradizioni del proprio paese, a preferenza di quelle del paese di adozione.

Poiché l'Ordine dei Rosa+Croce volle accuratamente nascondere i propri principi filosofici, i fini a cui tendeva e il dettaglio delle proprie attività, in molti è sorto il dubbio che esso non sia realmente scomparso quando sarebbe entrato, come 18° grado, a far parte della Massoneria Scozzese, che vive tuttora nella società, dove svolge la propria missione in stretta relazione con quegli altissimi Iniziati della misteriosa «Loggia Bianca », considerati i depositari di tutto lo scibile, di cui periodicamente farebbero trapelare una parte in opere a favore della Umanità.

Il primitivo Ordine dei Rosa+Croce era diviso in tre gradi maggiori, ciascuno dei quali si divideva in tre gradi minori, e cioè: Primo grado, di «Osservazione»: Zelatore (teorico-pratico-filosofo); secondo grado di «Preparazione»: Addetto (giovane addetto - maggiore addetto - esemplare addetto); terzo grado di Elezione: Eletto (maestro del Tempio - Saggissimo).

L'abito cerimoniale dei Rosa+Croce, consisteva in una tunica bianca, simbolo della purità dei costumi degli affiliati, su cui campeggiava uno scudo rosso, simbolo dell'amore. Lo scudo recava una croce in oro, la cui linea verticale era simbolo della vita e l'orizzontale simbolo della morte; sulla croce spiccava una rosa contornata di spine, simbolo del segreto, la cui bellezza e il cui profumo possono rivelarsi soltanto ai più degni, a coloro che hanno vinto le avversità e il dolore. Ai piedi della croce, il pellicano. Alla derivazione Rosacruciana si deve senza dubbio la istintiva tendenza di quasi tutti i liberi muratori di oggi verso la conoscenza trascendente, verso l'esoterismo filosofico e l'occultismo magico. Curiosità più che studio, impazienza di vedere, più che disposizione allo studio e alla rinuncia che questo comporta? Ciò non interessa; importante è che esista un seme il quale in qualche caso potrà fruttificare, e che il lavoro della libera muratoria si svolga in questa direzione. La Croce, la Rosa, il Pellicano, sono i simboli principali nei quali si esprime il contenuto e l'importanza del 18° grado, il più complesso, il più spirituale e il più misterioso del Rito Scozzese. La Croce, è uno dei simboli più antichi: si riferisce al Sole che illumina ed alimenta la Terra, anche in rapporto alla Sacra Tedrade dei pitagorici. Nei suoi quattro bracci si comprendono gli elementi che la costituiscono, la sua origine e il suo fine, espressi in Dio, centro attivo ed operante dell'universo. La Rosa, è forse il più gentile fra i simboli della libera muratoria. Gli antichi la incoronarono regina dei fiori, profumo degli Dei, ornamento delle Grazie, ritratto di Citera, espressione incantevole dei prodotti della terra. Sboccia in primavera e le spine ne proteggono la vereconda bellezza. Essa è l'emblema della vita che si rinnovella dopo l'inverno, della riservatezza pudica della gioventù femminile, della sua grazia ingenua assetata d'amore. L'unione della Rosa sulla Croce simboleggia quella delle dite forze creatrici: il Sole e la Terra, il Maschio e la Femmina, che uniti esprimono la continua rinascita in cui è riposto il segreto della immortalità. Il Pellicano, che si ferisce al petto per nutrire i propri piccoli è il sacrificio che lega il padre ai figli ancora incapaci di basta-re a se stessi; è la fedeltà assoluta alla propria famiglia, la solidarietà con chi ha bisogno, l’altruismo operante che tiene salda la vita spirituale, intellettuale e collettiva, minacciata dall’egoismo materialista e disgregatore. Fede, Speranza e Carità, le più alte fra le virtù, sono le forze dello spirito che avviano e che mantengono l'uomo sul «sentiero». Sono le virtù teologali a cui sì accompagnano quelle cardinali: Forza, Prudenza, Temperanza e Giustizia, che si riferiscono specialmente a quel «dominio del Sé» che si dovrebbe conseguire attraverso la formazione del libero muratore.  

 

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