Non meno straordinaria la scoperta di un oggetto metallico rinvenuto in una nave risalente a duemila anni fa. Tale reperto, enigmatico e affascinante, cela il frutto di un’antica sapienza legata a lontanissime e misteriose civiltà. Questo strumento notevolmente sofisticato e composto da diversi ingranaggi, fu riportato alla luce nel 1900-1901 da alcuni pescatori di spugne greci che si erano imbattuti in un relitto al largo della piccola isola di Anticitera (Andikithira o, in base alla grafia inglese, Antikythera), situata tra la Grecia e Creta, e più precisamente nel tratto del Mar Egeo che comprende il Peloponneso e Creta.
Successivamente, il manufatto venne affidato all’archeologo del Museo Nazionale di Atene Valerio Stais, affinché lo studiasse e ne analizzasse i vari componenti. Attraverso tale analisi Stais si accorse che l’oggetto era simile a una scatola costituita all’esterno da alcuni misuratori, e all’interno, da una massa di ingranaggi notevolmente complessi; tra questi, venti ruote dentate. Inoltre, l’insieme delle superfici del congegno risultavano ricoperte da iscrizioni in greco antico. Dopo un accurato esame, emerse che si trattava di un simulatore per gli astri. A partire dagli anni Cinquanta, Derek J. De Solla Price, ricercatore dell’Università di Yale, iniziò il restauro del meccanismo le cui parti risultavano gravemente corrose e incrostate. Una volta terminata la prima fase, Price passò alla traduzione delle iscrizioni, alcune delle quali ancora oggi sono illeggibili. Il testo comunque riguardava nozioni astronomiche nelle quali venivano citati diverse volte il Sole, Venere, nonché l’eclittica (orbita annua apparente del Sole intorno alla Terra). E ancora, vi erano menzionati sia il cosiddetto “ciclo calippico di settantasei anni”, sia il “ciclo metonico di diciannove anni” (235 mesi lunari). In tale contesto, rinveniamo persino il ciclo delle eclissi, costituito da 223 mesi lunari. Nel 1959, lo Scientific American rende note le ricerche di Price durate diversi anni. Da queste informazioni si evince che l’oggetto era stato costruito intorno all’87 a.C. e veniva utilizzato allo scopo di calcolare i movimenti del Sole, della Luna e degli altri corpi celesti. Attraverso i raggi X e i raggi gamma, lo studioso apprese alcune importanti cognizioni che gli permisero di stabilire come appariva originariamente il calcolatore di Antikythera. Questo presentava un’asse centrale che ruotando, metteva in funzione un sistema di alberi e ingranaggi che a loro volta consentivano di muovere alcune lancette a differenti velocità attorno a dei quadranti. Se avessimo la possibilità di osservare il quadrante anteriore, noteremmo che mostra tuttora il moto delle stelle nello Zodiaco, e il sorgere e il tramontare di stelle e costellazioni importanti. Al suo interno erano collegati almeno trenta ingranaggi di bronzo e uno, più grande, composto da quattro raggi uniti a mortasa (incavo generalmente di forma rettangolare) nel bordo, dove erano saldati e fissati dei ribattini (organo di collegamento meccanico con una grossa testa piana o semisferica). La caratteristica più significativa di tale strumento, secondo il parere di Price, è rappresentata da una piattaforma girevole differenziale. E’ interessante notare in proposito che questa sarà inventata in Europa soltanto nel 1500. Prima del ritrovamento del calcolatore di Antikythera non era mai stato rinvenuto o descritto nessun oggetto meccanico del genere. Quanto si conosceva della tecnologia ellenica non lasciava supporre che si potesse costruire a quell’epoca un tale manufatto. Tutti questi oggetti, che potremmo definire “fuori tempo”, sono la prova tangibile di una tecnologia sconosciuta e di una conoscenza tecnica straordinaria per quei tempi.
I manufatti finora menzionati non sono gli unici esistenti, pensiamo per esempio ai giocattoli Aztechi muniti di ruote (gli Aztechi non conoscevano l’uso della ruota), rinvenuti da alcuni archeologi, oppure alle sfere granitiche ritrovate in Costa Rica, pesanti decine di tonnellate, la cui perfezione è stupefacente e pone degli interrogativi circa la loro lavorazione. E ancora, le celebri pietre di Ica, vecchie di migliaia di anni, sulle quali sono rappresentate delle divinità che compiono un’operazione chirurgica a cuore aperto su un essere umano. Tracce di tale conoscenza sono visibili, anche se in modo frammentario, in alcuni siti e costruzioni antichissime che ne conservano il segreto attraverso particolari disposizioni, allineamenti e rituali giunti fino a noi praticamente intatti.