Sulle tracce della Sapienza – a lezione da Angelo Tonelli
Introduzione agli Oracoli Caldaici
a cura di Luca Valentini
Venerdì 29 Aprile 2016 alle ore 18.30 presso l’Atelier Nuova Eleusis, in via dei Giardini 14 a Sarzana (SP), abbiamo seguito il primo atto seminariale del noto filologo ligure Angelo Tonelli, incentrato sulla sua nuova pubblicazione per Bompiani inerente la traduzione ed il commento degli Oracoli Caldaici. Presumibilmente gli Oracoli Caldaici sono stati un opera di Giuliano il Teurgo, figlio di Giuliano Il Caldeo, autore a sua volta di un trattato sui demoni, nell’ambito della spiritualità misterica del II sec.d.C. E’ possibile collocare la sua straordinaria personalità all’interno di una specifica cerchia di iniziati – Dochèus era il teurgo che evocava e si identificava col Nume –, che interagivano attivamente con le Divinità, divenendone veri e propri medium, tramite l’uso di incantamenti, di “statue viventi”, di simulacri, partimenti a ciò di cui accenna Porfirio. Tali pratiche erano inserite nel contesto di specifiche agapi, in cui gli stati di coscienza venivano esaltati secondo precise dinamiche di trance magico-trasmutatoria.
Il contatto col Divino era di natura profondamente sciamanica, la quale consentiva una palingenesi ed una rigenerazione animica, grazie ad uno sviluppo coscienziale connesso ad un processo di incantamento del proprio stato sottile. L’azione di fondo presupponeva una pratica evocatoria di natura titanica ed eroica, allo stesso tempo: tali azioni magiche tendevano al superamento dello stesso stato divino, partecipando ad una iniziale consapevolezza dei propri limiti umani. Per il Tonelli vi era una serio rapporto col Divino, un’ascesa verso le verità metafisiche, che non configurano eccessi di hybris.
Gli Oracoli Caldaici sono stati scritti in esametri omerici, trascritti o rivelati direttamente in versi, come se fossero delle manifestazioni oracolari. Non è casuale, infatti, il fatto che vi fosse un inaccessibile segreto iniziatico intorno alla cerchia teurgica, dalla quale essi provenivano. Nell’ipotesi in cui lo stesso Giuliano Il Teurgo non fosse in persona un Dochèus, egli sarebbe comunque stato l’anello di congiunzione con tale dimensione iniziatica. La loro denominazione “caldea”, secondo il Tonelli, sarebbe stata fuorviante, perché essi provenivano da un vasto materiale di origine tardo-greco e neoplatonico.
E’ importante, inoltre, notare la dicotomia ermeneutica tra l’impostazione dell’approccio sperimentale rispetto all’approccio accademico, il quale non riesce a cogliere la convergenza tra Teurgia e Magia. Fondamentale era, infatti, la Siùstasis, l’unione con la Divinità, dalla quale si potevano ricevere dei poteri funzionali alla trasfigurazione dell’individuo, come espressione icastica, in cui l’evocazione era un’estensione dall’interno e per l’esterno. Si stabilivano dei veri e propri patti per superare, con l’aiuto di Dei, di Geni la dimensione sub – lunare, accedendo alle sfere superiori ed uraniche. Il patto con una data entità presupponeva la pronuncia magica del Nome Segreto del Nume, nell’ambito di una pratica precisa di cabala fonetica e numerale.
Altra metodologia teurgica usata era quella della Telestiké, cioè l’attivazione vitale di alcune statue, seguendo il preciso principio della Sympatheia, quale connessione anagogica tra oggetto simbolico che per similitudine spirituale attrae a sé e rende manifesto lo spirito magneticamente ed ermeticamente a sé più con – geniale.
Dopo tale premessa, Angelo Tonelli è passato alla disamina del primo Frammento:
“c’è un intuibile che devi cogliere con il fiore dell’intuire, perché se inclini verso di esso il tuo intuire, e lo concepisci come se intuissi qualcosa di determinato, non lo coglierai. E’ il potere di una forza irradiante, che abbaglia per fendenti intuitivi. Non si deve coglierlo con veemenza, quell’intuibile,, ma con la fiamma sottile di un sottile intuire che tutto sottopone a misura, fuorché quell’intuibile; e non devi intuirlo con intensità, ma – recando il puro sguardo della tua anima distolto – tendere verso l’intuibile, per intenderlo, un vuoto intuire, ché al di fuori dell’intuire esso dimora”.
Vi è subito da evidenziare la differente traduzione che il Tonelli pone in essere in questo iniziale frammento: il termine Noùs, viene di solito tradotto col termine “Intelletto”, ma che il filologo ligure traduce con “Intuizione”, quale organo mistico, quale occhio dell’anima. E’ il superamento della dimensione razionale e psicologica, è il potere radiante, è la radice del Tutto, è la dynamis, la potenza dell’Uno che si realizza nell’espressione luminosa ed abbagliante, come il Sole, come Apollo, come Rà. Il principio è espressione potenziale di una tensione, di un Assoluto che simultaneamente è al di qua ed al di là dell’Essere: esso è intuibile, ma non rappresentabile, è immediatezza e fonte sorgiva dell’ipseità nel manifestato. Nella sua essenzialità apofatica, la sua cognizione intellettuale è davvero al quanto limitante.
Oltre l’egoico, il coglimento di tale principio si configura come una realizzazione di natura sottile, che può manifestarsi tramite uno svuotamento, Kenosis, del pensiero riflesso. In tali riflessioni, vi è traccia di una Sapienza senza confini, che è possibile ritrovare in Oriente nello Zen, ma anche nella pratica del Pensiero Vivente in Occidente di uno Steiner. “Il puro sguardo della tua anima” è l’attivazione dell’occhio solare, del fiore mistico che nutre le forme, ma non cede alla formalità. La conoscenza visiva, in tale ambito, è la radice, è l’origine, di un sapere, che è azione oltre il tempo e lo spazio, è attribuzione reale di un potere, di una presenza metafisica che si sostanzia, che è concretamente presente e vivente, e non razionalmente supposta o idealizzata.
Anche in questo frangente, come in Empedocle, vi si ritrova un arcaico sapere alchimico, nell’utilizzo di una fiamma sottile, non violenta, che dosa e sa equilibrare il processo palingenetico, che utilizza il veicolo del “vedere”, dell’immaginazione creatrice, dei simboli, dei simulacri, dell’anagogia, per ricondurre in Unità, il simile al simile, identificandoli teurgicamente.
Infine, in tutto ciò, non si può non condividere l’opinione di Angelo Tonelli, secondo la quale la Sapienza può essere accennata principalmente da chi la vive. la sperimenta, la ricerca in prima persona, perché ne scruta interiormente le diverse prospettive. Indagini altamente erudite, accademicamente riconosciute, pur nella loro alta valenza interpretative, avranno sempre il limite di adombrare il kantiano noumenico, ma di non riconoscerlo e di non decifrarlo pienamente.
Sempre su EreticaMente, proseguiranno le nostre sintesi circa il commento di Angelo Tonello agli Oracoli Caldaici, a cui va il mio personale ringraziamento, insieme a quello corale dell’intera Redazione di questo sito.
(Tratto da EreticaMente.net che ringraziamo per la gentile collaborazione)