Potrebbe sembrare l’ambientazione di un romanzo fantasy, una di quelle vicende che, proprio a causa dei propri contorni onirici e soporiferi, qui in Italia proprio non riusciresti a vedercela ambientata, in una città come Roma poi, figuriamoci… forse nelle nebbiose calli di Londra o negli angusti vicoli di Praga o, ancor meglio, all’ombra delle inquietanti guglie gotiche parigine, il risultato sarebbe stato di sicuro effetto; nella stessa oscura ed allora maleodorante megalopoli di New York, sarebbe stato sicuramente meglio, visto che, oltreoceano ancora si facevano sentire gli echi della presenza di personaggi come H.P. Blavatskji o ancora facevano, in quel momento, sentire la propria, scrittori del calibro di un Lovecraft. E invece no, i protagonisti di questa strana storia, tutta italiana, si muovono giustappunto in Italia, nella Roma degli anni Venti del secolo passato. 

E, proprio alla faccia di tutti coloro che, con la spocchia tipica di una certa cultura dell’intolleranza, affermano che fermenti culturali allora proprio non ve n’erano, se non grigia e codina osservanza ai dettami imposti dal regime, la nostra vicenda si svolge proprio durante gli anni del tanto vituperato Ventennio fascista. Roma, al pari di altre città in Italia ed in Europa è, in quegli anni, animata da un incredibile fermento culturale. La fine del Primo, tragico, conflitto mondiale, aveva fatto riemergere, in tutta la loro virulenza, tutte quelle istanze politiche e culturali che, a partire dalla fine del 19° secolo, avevano sconvolto i canoni di pensiero occidentali, sino ad allora poggianti su un rassicurante positivismo di matrice illuminista ed a cui, sembravano fare da contraltare solo le coordinate di pensiero hegeliane. Ma, da fine ‘800 in poi, le cose sembrarono prendere ben altra piega. L’entrata in quella che può essere considerata la fase tailorista e fordista dell’economia occidentale, caratterizzata da una considerevole accelerazione e da un considerevole salto di qualità nell’organizzazione della stessa, per quanto paradossale possa sembrare, va accompagnandosi ad un aumento delle ansie e delle incertezze dell’uomo moderno, che staranno alla base della ventata di irrazionalismo che andrà sconvolgendo l’intero panorama intellettuale europeo di quegli anni. Un irrazionalismo che andrà accompagnandosi, altresì, ad una inusitata tendenza alla sintesi tra correnti pensiero apparentemente opposte ma, in verità, l’un l’altra legate ed accomunate dal “fil noir” di quell’irrazionalismo di matrice spiccatamente vitalista. E così se dal punto di vista politico, il comunista George Sorel troverà un valido interlocutore e compagno di viaggio nell’ultramonarchico e cattolico Charles Maurras e nella sua Alliance Francaise, se socialisti come Benito Mussolini e molti militanti provenienti dalle fila dell’anarco sindacalismo si uniranno ai nazionalisti per quanto attiene le varie rivendicazioni nazionali, da un punto di vista più strettamente culturale, il sorgere delle avanguardie artistiche e della loro innovativa visione pluridimensionale e pluriprospettica della realtà, caratterizzata, come nel caso del Futurismo, dall’esaltazione per una radicale innovazione tecnologica e politico-sociale, sic!) si accompagna ad una netta ripresa, sia dal punto di artistico (con il movimento pittorico pre raffaellita, per esempio…) che da quello più propriamente ideale, ad una riscoperta e ad una rivalutazione di tutti quei motivi legati alla sfera mitica ed archetipica di un popolo, in osservanza ai canoni dell’idealismo magico dei vari Novalis e Michaelstaedter. Il Primo Conflitto Mondiale rappresenterà il forno alchemico, l’ Atanor, in cui tutte queste sensibilità andranno a convergere e sintetizzarsi in varie esperienze, come nel caso di quella del fiumanesimo dannunziano e, immediatamente dopo, nel caso di quella fascista. Questo è il clima culturale che fa, dunque, da sfondo alla nostra storia. Come abbiamo già detto, Roma in quegli anni, è attraversata da un notevole fermento culturale, all’interno del quale spiccano alcuni strani tipi. Sono tutti eruditi di gran livello, provenienti dalle più disparate esperienze culturali ed esistenziali. Taluni hanno alle spalle esperienze con riviste futuriste come “Lacerba” di Papini e Soffici (come nel caso di Arturo Reghini, sic!), altri vengono dal Dadaismo (è il caso di Evola), altri ancora sono teosofi ed antroposofi (come Colazza), massoni (Reghini e Parise), cattolici guenoniani (Guido De Giorgio), kremmerziani (come Quadrelli), accademici (come lo psicanalista Servadio), studiosi di esoterismo e uomini d’azione (come l’alpinista Rudatis) o tutt’insieme le cose, in un continuo passare da un’esperienza all’altra; il tutto, molto spesso, reso più vivido dall’esperienza del fronte. Ufficialmente costituitosi nel 1927, il Gruppo di UR, (non smentendo il proprio nome ad memoriam della mitica Ur dei Caldei, ma anche a memento di quell’Ur che, in veste di suffisso linguistico archetipale, rammenta il concetto di origine anche in lingue indoeuropee come per il tedesco“ur-vald/foresta delle originio-giungla”, sic!) in tedesco inizia caratterizzandosi proprio per la pubblicazione ed il commento di testi esoterici trattanti magia, ermetismo ed alchimia, provenienti dalle più disparate epoche e tradizioni culturali. Si va da testi antichi della tradizione occidentale, quali quelli concernenti il rituale mithriaco del Gran Papiro Magico di Parigi, il de Mysteriis di Giamblico, i Versi d’oro di Pitagora, sino alle Massime di saggezza pagana di Plotino, passando ai “classici” sull’argomento di epoca rinascimentale, quali il De Pharmaco Catholico, un codice plumbeo alchemico italiano, il Clavis Philosophiae Chemisticae di Gerard Dorn, il La dignità dell’uomo di Pico della Mirandola, sino a quelli più moderni, tra cui primeggiavano testi di Gustav Meyrink quali Il Golem e Il volto verde e, sinanco, alcuni testi del britannico mago “nero” Alistair Crowley. Il tutto non senza il fondamentale apporto di testi provenienti dalla tradizione orientale, in particolare hindu, quali il commento e l’analisi di alcuni passi del Kulārṇava Tantra, del Majjhima Nikaya, dello Shri chakra sambhara sino ai canti di Milarepa, assieme ad altri testi, provenienti dalle più disparate fonti. Quella del Gruppo di Ur, è una vicenda caratterizzata da un drammatico avvicendarsi di cambiamenti sia nella direzione della rivista (inizialmente condivisa tra Arturo Reghini, Giulio Parise e Julius Evola), sino, nel ’29, all’estromissione da parte di Evola, di Reghini e di Parise, assieme al cambio di nome in Krur ed il successivo, ulteriore, cambio di nome in “La Torre”, accompagnato dallo scioglimento del gruppo originale del quale, nella nuova rivista, rimarranno solo alcune firme, quali Guido De Giorgio (Zero), Girolamo Comi, Domenico Rudatis ed Emilio Servadio. Il 1930 è l’anno che vede la definitiva chiusura ufficiale del gruppo e della rivista, a causa di una manifesta ostilità del regime Fascista. La breve e tormentata esistenza del Gruppo, non deve però trarci in inganno. Contrariamente ad altre consimili esperienze, quella di UR, è una storia che non può essere limitata unicamente ad una mera vicenda di gestione editorialistica, caratterizzata da contrasti e personalismi di vario tipo, perché alla sua base vi fu ben altro. In verità, quello di Ur, costituì un vero e proprio sodalizio magico-intellettual; qui accanto a quella tendenza che, al pari di consimili esperienze in Occidente, intendeva conferire un aspetto divulgativo ad un paradigma culturale, quale quello esoterico per l’appunto, che, sino a quel momento era rimasto cosa per pochissimi addetti ai lavori, si sarebbe fatta avanti l’idea di fare assurgere all’esoterismo ed alla magia, la valenza di strumento caratterizzato dalla possibilità di veicolare dei veri e propri “input” di natura etico politica. L’idea, a prima vista un po’ folle e balzana, di poter condizionare il Fascismo attraverso la pratica magica, rientra proprio in questa impostazione. Va ricordato che, il nascente regime fascista aveva legato le fortune della propria immagine a quelle di Roma antica, tramite l’adozione del Fascio Romano (già simbolo repubblicano e risorgimentale, sic!) conferendo, pertanto, a tutta la propria vicenda politica, una valenza simbolica tale, da offrire lo spunto a progetti di restaurazione della religiosità pagano-romana in Italia. Un primo passo in direzione di suggestioni del genere, era già stato compiuto con l’unità d’Italia e con la scelta di fare di Roma la capitale del Regno, grazie alla quale si era dato luogo a tutta una serie di iniziative volte a rivalutare la storia e la grandezza della Città Eterna attraverso la rivalutazione della storia dell’antica Roma e di cui, il primo divulgatore di età post risorgimentale, fu proprio quel Giacomo Boni che, nel ruolo di archeologo ufficiale ed attento studioso, fu anche cultore di un ritorno alla religiosità romana. Agli occhi degli uomini di Ur, il Fascismo rappresentava dunque l’imperdibile occasione per un radicale cambio dei parametri di pensiero dell’uomo italiano ed occidentale, attraverso il rivoluzionario passaggio da un’esangue spiritualità occidentale, caratterizzata da un’astratto cristianesimo oramai intriso di suggestioni illuministe, ad una vera e propria spiritualità degli archetipi, legata a quei punti di riferimento che affondano nel profondo delle radici etniche e culturali di un popolo. E qui entra in scena la figura di Arturo Reghini. Personaggio complesso, a detta di molti, connotato da un tipico caratteraccio toscano, è, assieme a Giulio Parise e Julius Evola, tra i co fondatori di Ur e tra i co direttori della omonima rivista, caratterizzato da un notevole curriculum di intellettuale e studioso, per lo più effettuato in ambito esoterico e massonico, passando dall’iniziale adesione alla teosofia della Blavatskij, alla vera e propria iniziazione alla massoneria, di cui attraversa le varie obbedienze, in un vorticare di esperienze, sino all’approdo al neopitagorismo, a seguito dell’incontro con il calabrese Amedeo Armentano e con i suoi insegnamenti. In questo ambito, Arturo Reghini si fa protagonista dell’ epocale tentativo, volto ad operare un profondo stravolgimento di quello stesso contesto massonico, di cui tenta di mutare radicalmente i riferimenti esoterici ed i parametri ideologici, tramite una serrata critica dell’Illuminismo e delle sue derive razionaliste in ambito massonico (si pensi al razionalismo ateo degli Illuminati di Baviera, sic!) attraverso un ritorno all’originario spirito esoterico ed iniziatico della stessa massoneria, che avrebbe previsto l’adozione della tradizione greco romana nella sua fattispecie pitagorica e l’abbandono, o quanto meno lo sminuimento, di tutti quei filoni di matrice monoteista ed “orientale” che, dalla cabalistica ebraica al cristianesimo templare (ed alla sua versione esoterica rappresentata dal Vangelo di S. Giovanni), da quelle vere e proprie forme di Gnosi (come nel caso del Martinismo), passando alle fascinazioni egizie, (come nel caso dell’obbedienza di Memphis e Misraim e di tutte le vicende legate ai vari Cagliostro, alla scuola napoletana di Piazzetta Nilo e dei Raimondo Di Sangro, dei Giustino e Giustiniano Lebano e ad altri ancora), avevano, sino a quel momento, predominato nel mondo massonico. Di Reghini, però, non è tanto l’adesione “si et si” al pitagorismo che qui ci deve interessare, quanto la sua applicazione all’ambito metapolitico vero e proprio. Tramite lo scritto “Imperialismo Pagano” (titolo successivamente ripreso da Evola per un consimile testo e che poi costituirà il “casus belli” per la rottura tra i due, sic!) lo studioso toscano, porta avanti in prima persona, l’idea di quel ritorno alle radici pagano-romane, attraverso l’esperienza del totalitarismo fascista, inteso quale veicolo principe per realizzare, tramite la pratica dell’indottrinamento di massa, proprio questo precipuo scopo. In tutto questo, UR avrebbe dovuto giuocare il ruolo di vero e proprio ispiratore occulto, tramite un’azione di tipo magico, intesa quale risultato della stretta interrelazione tra i poteri della mente umana ed il mondo esterno, ovverosia della capacità di quest’ultima di modificare la realtà circostante attraverso una volontà, la cui manifestazione avverrebbe per via indiretta, attraverso comportamenti simbolico-evocativi. Un’impostazione, questa, apertamente condivisa anche da altri elementi del gruppo quali, il co-direttore della rivista Giulio Parise (Luce), massone neopitagorico chiaramente allineato sulle posizioni reghiniane, Leone Caetani (Ekatlos), massone di obbedienza egizia e poi fervente neopagano, Giovanni Antonio Di Cesarò (Arvo), antroposofo e fautore di un ritorno al paganesimo romano ed altri ancora meno noti, le cui posizioni, andarono con il tempo via via indirizzandosi verso questo obiettivo, non senza, però, il fondamentale apporto e la carismatica ispirazione della figura di Julius Evola che, assieme ad Arturo Reghini, condivide il ruolo principe di protagonista ed artefice dell’intera vicenda ideologica ed umana del gruppo. La figura di Evola non può non essere considerata di minore importanza rispetto a quella di Reghini, assieme al quale (al pari di altri personaggi) già a quell’epoca condivide sicuramente una solida dote di letture ed esperienze dirette, partite da un’iniziale adesione al movimento Futurista, tramite la frequentazione e la lettura di “Lacerba” e di Papini, passando poi attraverso l’esperienza dadaista ed il suo “astrattismo mistico”, sino a completare il proprio definitivo approdo a quell’ “idealismo magico” che, sulle orme di Otto Weininger, Michaelstaedter e dello stesso hegelismo gentili ano, andrà amalgamandosi a quelle istanze di pensiero “tradizionale” e conservatore, i cui prodromi son da ravvisarsi nelle elaborazioni di un Lamennais, di un De Bonnald e di un De Maistre, non senza quei riferimenti più propriamente esoterici, espressi da personaggi del calibro dell’antroposofo steineriano e sodale di Ur, Giovanni Colazza (Leo) ed altri ancora. Dotato, al pari di Reghini, di una forte personalità, Evola se, da un lato, condivide con quest’ultimo l’idea di un’impostazione magico-“operativa” di Ur, dall’altro vi entra subito in contrasto per tutta una serie di motivi di ordine teorico e dottrinale, a cui ne sono sicuramente sottesi altri, di impostazione meramente caratteriale. La prima, profonda discrepanza, si manifesta su quello che, di un gruppo iniziatico, costituisce uno dei momenti-cardine e cioè l’iniziazione. Il retaggio massonico di cui si fa portatore Reghini, vede nell’iniziazione, il primo e fondamentale gradino per l’accesso ad un percorso e ad una pratica di conoscenza, i cui rudimenti sono via via dispensati dalla figura di un maestro, nel vero e proprio ruolo di mistagogo. Evola rigetta questa concezione. Per lui, teorizzatore e cantore di una vera e propria “Fenomenologia dell’Individuo Assoluto”, che di quel medesimo individuo fa il metro e la misura di tutte le cose, nel ruolo di vero e proprio ponte tra la dimensione della caducità delle cose terrene e la dimensione del trascendente, è quel continuo confronto tra gli “Uomini e le Rovine” della Modernità, a fare dell’Individuo un vero e proprio auto-iniziato, nel ruolo di superuomo svincolato da qualsiasi umana pastretta burocratica, sia pur se giustificata da fini superiori. Se Reghini vede nella massoneria un sicuro prodotto dei rudimenti pitagorici, Evola ritiene, invece, che la sua origine debba esser fatta risalire alla misteriosofia mitraica, così come espletata ed interpretata da quel Papiro Magico di Parigi, di cui egli riporta gli insegnamenti su Ur e nella quale egli intravede la possibilità di una teurgica divinizzazione dell’iniziato. Questi e tanti altri motivi, stanno alla base della rottura tra Reghini ed Evola, accentuati dal mutamento del clima culturale italiano in virtù di quei Patti Lateranensi, la cui stipula porta ad un riallineamento ideologico dell’intera compagine del Fascismo-Pensiero, passato dalle posizioni di un laico agnosticismo, (frutto delle ancor presenti e vive suggestioni risorgimentali) ad una posizione di condivisione e sintonia di fini etici in funzione di una reciproca utilità, con la gerarchia vaticana. Un fenomeno questo, che porta molti intellettuali, a dover operare una netta scelta di campo, tra il mantenimento di posizioni sempre più invise al Regime o ad una loro rivisitazione critica, se non addirittura, un rigido e codino adeguamento ai diktat di quest’ultimo. A seguito di questo scenario, Caetani-Ekatlos sceglierà la via dell’esilio in Canda, Colonna di Cesarò-Arvo finirà addirittura coinvolto nell’organizzazione di un fallito attentato a Mussolini, mentre Arturo Reghini, terminerà i propri giorni, in un malinconico isolamento. Premiato e stimato da quello stesso Regime Fascista (apertamente anti massonico), per i suoi studi sulla matematica pitagorica, ma assolutamente isolato e dimenticato, nel suo ruolo di fautore del neopaganesimo. Questo, non senza aver rischiato, nel momento clou del suo litigio con Evola, una denuncia quale aderente alla Massoneria da parte di quest’ultimo, poi fortunosamente evitata grazie ad un intervento da parte di quello stesso Regime che, con una mossa di grande realismo politico, preferirà relegarlo in un morbido isolamento, anziché farne una vittima ed un ulteriore, scomodo oppositore. Evola, invece, sulla falsariga delle posizioni di un Renè Guenon, farà proprie le posizioni di quel tradizionalismo integrale che, nelle singole credenze, altro non vede se non le emanazioni di una primordiale Tradizione. Osteggiato anch’egli dal regime fascista, condurrà nei riguardi di quest’ultimo, per tutta la sua durata, un ambivalente rapporto fatto di un continuo alternarsi di contrasti ed aperture, sino a ritrovarsi a divenire, dal dopoguerra in poi, un fondamentale punto di riferimento ideologico per la destra radicale italiana ed europea.

A onor del vero, va detto che, quello di Reghini, Evola e compagni, in Europa, non fu però l’unico tentativo in tal senso. Nello stesso ambito della cultura germanica, sull’onda del Romaticismo e della sua rivalutazione del “Volk Geist/Sprito dei Popoli”, seguito dagli studi di indoeuropeistica dei vari Grimm, Bopp, Humboldt accanto alla riscoperta della mistica e della misteriosofia orientali (in particolare di quelle indo-buddiste) da parte dei vari Schopenauer, va facendosi sempre più forte l’esigenza di un sapere misterico legato alla tradizione ario-germanica. Mutuando dall’ esperienza della Società Teosofica di Madame Blavatskij, nella Germania Guglielmina, sulla falsariga degli scritti di Houston Stewart Chamberlain cominciano, a partire dalla fine del 19° secolo, a sorgere una miriade di gruppi e gruppetti caratterizzati da un preponderante interesse per l’emento irrazionale della realtà. Un fenomeno, va detto, riguardante tutti quei circoli di matrice massonico-rosacrociana che, sparpagliati non solo in Germania, ma anche in Austria e Gran Bretagna, subirono tutti in egual modo, l’influsso incrociato delle teorie teosofiche, tutte volte a dimostrare la discendenza dell’attuale civiltà da un’iniziale nucleo di individui superiori, spesso addirittura identificati o ritenuti in contatto con civilizzatori di origine extraterrestre (sic!), i quali, in un contesto di accentuata decadenza quale quello rappresentato dall’attuale ciclo storico, avrebbero deciso di tramandare la propria sapienza ad alcuni iniziati. Questo motivo si sarebbe ben presto andato ad innestarsi sul nascente nazionalismo germanico andando, in tal modo, a gettare ulteriore benzina sul fuoco. Ben presto l’idea della superiorità razziale indoeuropea ed ariano-germanica trovò fondamento e legittimazione nel sovrannaturale; i gruppi teosofici si tramutarono in veri e propri gruppi “ariosofici”. Gli scritti di Bulwer Litton, William Yeats, Arthur Machen, Oswald Wirth e Rudolf Steiner, avrebbero rappresentato la fase primigenia e più confusa elaborazione di questo pensiero mistico-esoterico; mentre le elaborazioni di taluni tra i più attivi circoli vitalisti in Germania accanto al circolo di Wagner a Bayreuth ed alle opere di Houston Stewart Chamberlain, avrebbero costituito tutti il vero e proprio substrato culturale alla base dell’avvento dello stesso nazionalsocialismo in Germania. L’opera di scrittori tradizionalisti come R. Guenon e B.Tilak, andrà egualmente a fornire un’ulteriore contributo a tale filone. Gli stessi studi della psicanalisi junghiana sono volti a mostrare l’esistenza di motivi archetipici di fondo che caratterizzano peculiarmente i vari popoli e le loro tradizioni, in primis gli Indoeuropei. Fatto sta che, ai primi del Novecento la Germania e l’Austria sono tutto un pullulare di gruppi che si rifanno a tale impostazione. Tra questi a primeggiare è la “Thulegesellschaft\Compagnia di Thule”, fondata da alcuni strampalati personaggi, tra cui il barone L. Von Sebottendorf, giramondo, conoscitore del Vicino Oriente e studioso dei Dervisci e dei Sufi e dello Zoroastrismo persiano (conosciuti nelle sue peregrinazioni attraverso la Turchia Ottomana e la Persia), A.Haushoffer, studioso di Geopolitica, H. Horbiger, ingegnere e fautore di una strana teoria ciclica sul succedersi di civiltà in base alle glaciazioni, R. Hesse, futuro braccio destro di Hitler, anch’egli più o meno addentro a questi argomenti, oltre a Karl Harrer, Dietrich Eckart, Anton Drexler, Rudolf Hess, Alfred Rosenberg, Hans Frank, Karl Eckhardt, Gottfried Feder ed altri nomi ancora, meno noti. Il gruppuscolo avrebbe fatto da incubatore alla formazione culturale di Adolf Hitler, che ne avrebbe poi trasposto sul piano prettamente politico l’impostazione “ariosofica”, finendo, infine, (al pari di altri consimili gruppi, sic!) disciolto per volontà dello stesso Fuhrer.

Tornando alle vicissitudini di Ur, abbiamo cercato sinora di tracciare in grandi linee una storia che, comunque sia, nella sua brevità, non può non porci dinnanzi a tutta una serie di considerazioni e di conseguenti interrogativi. In primis, trattandosi pur sempre della storia di un gruppo esoterico, e pertanto di una vicenda sotterranea, è difficile sapere come le cose siano realmente andate, se il gruppo abbia veramente cessato la propria attività, a seguito alle vicende che abbiamo narrato o se, invece, non si sia semplicemente eclissato, messo “in sonno”, per continuare la propria attività per altre vie. Al di là delle varie congetture, resta il fatto che, l’esperienza di Ur si intersecherà misteriosamente con quella di altri personaggi, ad essa contigui e limitrofi. Parliamo, per esempio, della figura del pitagorico Amedeo Armentano, ispiratore e maestro di Reghini, il cui ruolo e la cui influenza in tutta questa vicenda, non è dato ancora capire bene, anche a causa del trasferimento di quest’ultimo in Brasile, a San Paolo, da dove sarebbe divenuto ancor più difficoltoso seguire qualunque ulteriore sviluppo di tipo esoterico. Di certo è che, negli anni ’30, San Paolo assurgerà a centro iniziatico di rilevo, proprio a causa anche della presenza di personaggi del calibro di Armentano, per lo più legati al contesto esoterico italiano e che in Argentina, (e pertanto sempre in contesto latino americano!), avevano trovato, nella figura dell’esoterista italiano Manlio Magnani, i propri validi precursori. Personalità come Massimo Scaligero, Pio Filippani Ronconi o Guido De Giorgio, invece, direttamente o indirettamente coinvolti nelle vicissitudini di Ur, costituiranno parte integrante e non irrilevante, di quel milieu culturale ed ideologico che eserciterà la propria decisiva influenza culturale sul panorama della destra radicale italiana dal dopoguerra in poi, i primi due nel ruolo di originali interpreti e continuatori di quella teosofia e antroposofia che non poca influenza ebbero sul gruppo, grazie alla presenza di un Colazza, mentre per De Giorgio si può invece notare una più forte influenza del tradizionalismo integrale di Renè Guenon. Né si può pensare di omettere l’importanza dell’influenza delle dottrine kremmerziane (il cui fautore all’interno di Ur fu Ercole Quadrelli, sic!) sul gruppo e su cui bisognerebbe fare un discorso a parte, perlomeno per quanto riguarda la vera e propria prassi magica, “operativa”, che avrebbe dovuto esercitare la propria influenza sul movimento fascista. Senza timore di scadere nella fantapolitica o in una delle solite fantasticherie complottiste, possiamo dire che Ur ha rappresentato qualcosa di più profondo, rispetto alle normali vicende di un qualsivoglia raggruppamento culturale o esoterico, finendo con il divenire il vero e proprio antefatto ideologico e culturale della destra radicale italiana, per così come la abbiamo conosciuta dal dopoguerra in poi. A riprova di quanto qui affermato, la vicenda del raggruppamento pagano-romano dei Dioscuri che, a partire dalla sua nascita ufficiale nel 1969, fu strettamente interrelata con quella del movimento politico “Ordine Nuovo” e delle cui vicissitudini, lo stesso Evola (senza pur mai aderirvi) fu tenuto al corrente da parte di questi ultimi. Resta il fatto che, quella del rapporto dell’esoterismo italico con il Fascismo (e con le sue posteriori filiazioni destro radicali e neofasciste, sic!), sebbene oggetto di recenti e più approfonditi studi, permane, comunque, una storia meno nota, ma non meno importante e densa di significati. In esso, si possono rinvenire tutte le pulsioni ideologiche di un’epoca di contrasto e trasformazione. Qui, vitalismo, irrazionalismo, ribelle anticonformismo, spinta al futuro, si miscelano in un magico anelito di potenza. Qui, al di là delle apparenze e delle varie linee ideologiche ed esperienziali, è l’uomo a farla da padrone, con l’idea di coniugare la propria volontà di potenza con l’anelito magico al dominio delle forze di una trascendenza che sembra, invece, essere presente attraverso i mille volti di un sapere arcano e misterioso, che sgorga dall’oscurità dei millenni. Una vicenda il cui significato si fa tanto più “scomodo”, quanto più in essa si può cogliere e ravvisare una delle più vivide espressioni di quello jungheriano “anarchismo di destra” che, seppur nelle vesti di un magico idealismo, è tuttora parte integrante e costituente della cultura di una certa area antagonista. A questo punto, forte, è nell’animo di un qualsivoglia osservatore, la tentazione di conferire una superiore valenza “magica”, a quella prassi politica medesima, oggidì appiattita su quelle aride e monotone coordinate socio-economiche, che omologando e deprimendo un contesto che abbraccia oramai il mondo intero, hanno finito con il conformarlo all’ unico, asfissiante diktat oggi concepito: quello del liberismo globale, con le sue infinite e deleterie ricadute.

(Tratto da ereticamente.net che ringraziamo per la gentile collaborazione)

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