Dubita di tutto

e troverai l’Illuminazione

(Buddha)


Nell’agosto del 1898 Giuliano Kremmerz chiudeva la propria introduzione al libro di Pietro Bornia “Il Guardiano della Soglia” con le parole seguenti: “Queste pubblicazioni, conchiudendo, sono un’opera buona che librai coraggiosi danno in pasto all’attività degli intelligenti – ed io le raccomando a tutti gli spiritualisti italiani, l’unione dei quali in una sola Luce ideale io aspiro di raccogliere come in una famiglia sola, pel bene della società abbrutita dall’egoismo selvaggio della materia”[1]. Vediamo quindi che già all’inizio della propria opera divulgativa e di apostolato ermetico, quando la sua prima rivista “Il Mondo Secreto” era al secondo anno di attività, Kremmerz indicava chiaramente, quale personale aspirazione, l’unione di tutti gli spiritualisti italiani in una sola Luce ideale (evidenziato nell’originale). Si rifletta attentamente su queste parole. Kremmerz non limita le proprie speranze ai soli suoi discepoli o primi iscritti della sua scuola ermetica, ma si riferisce esplicitamente a tutti gli spiritualisti italiani.

Qualcuno potrebbe forse obiettare che nel 1898 struttura e organizzazione della sua Fratellanza non erano ancora ben delineate e di conseguenza con questa sua dichiarazione volesse anticipare in qualche modo il progetto che di lì a un anno si sarebbe formalizzato nell’inizio vero e proprio del suo personale progetto di creazione di una Fratellanza ermetica. Pertanto, si potrebbe intendere che è giustappunto in questo organismo, che nel 1898 emetteva i primi vagiti, che avrebbe voluto vedere riuniti gli “spiritualisti” italiani. Ma le cose non stanno esattamente così. Dopo oltre vent’anni passati tra amarezze, prove e assaggi[2], nell’introduzione ai “Dialoghi sull’Ermetismo”[3], il Nostro ribadisce oltremodo il concetto: “Ma una cosa sola desidero: che gli studiosi di Ermetismo magico, italiani, non si separino, non si dividano, non si combattano tra loro in aride polemiche, ma come figli della grande arte si tengano stretti con amore intorno al punto criticissimo della ricerca per la scienza più umana che l’uomo sia mai audacemente pervenuto a possedere”. Questa volta Kremmerz è ancora più preciso e rivolge il proprio appello miratamente agli studiosi di Ermetismo magico, dunque iscritti alla sua Fratellanza e non, specificando che si tratta della sola cosa che desidera – particolari di grande importanza – aggiungendo raccomandazioni altrettanto rilevanti: non si separino, non si dividano, non si combattano tra loro in aride polemiche, ma come figli della grande arte si tengano stretti con amore. Con amore.

E giusto a proposito di amore, leggiamo cosa scrive Kremmerz nel 1929, pochi mesi prima di morire, al discepolo Quadrelli, l’esoterista meglio conosciuto con lo pseudonimo di Abraxa nel Gruppo di Ur:

Ero sul punto di spedire la lettera quando mi è arrivata un'altra vostra in cui mi si racconta la scena della conferenza [il riferimento è ad una conferenza svoltasi a Roma organizzata dai teosofi – ndc]. Vedete che non ho torto se sono restio a mettermi tra persone che si combattono, come se l'ermetismo dovesse considerarsi allo stesso livello di un'opinione particolare, di persone interessate per un vero o per l'altro. Prima dell'attuale regime, si tenevano delle conferenze politiche in contraddittorio in maniera che il pubblico assisteva a polemiche su teorie, che spesso si concludevano a pugni e a colpi di seggiole. Come presentare al pubblico che ascolta una conferenza la nobiltà di una filosofia e di una pratica della vita umana per raggiungere la perfezione, se si dà un miserevole spettacolo di inimicizie, di stizza, di acredine tra i sacerdoti della stessa filosofia? Se le cose presentate in tal modo diffamano le persone e la dottrina di cui si fa propaganda, a chi dare la colpa della poca considerazione in cui sono presi gli scrittori di scienze occulte?

Bisognerebbe capire che scrivendo, stampando o parlando di ermetismo non si fa che richiamare l'attenzione del lettore sul metodo, sulla forma, sulla possibilità di considerare il mondo in maniera differente della folla ordinaria. Ma l'ermetismo, come suo valore, non si presenta in atto se non nelle opere ed azioni individuali.

Quelli che vogliono parlare e spiegare al pubblico con criteri assoluti l'ermetismo, come se fosse un trattato di aritmetica o di patologia, danno la prima prova che non capiscono gran cosa della scienza o pretesa scienza che sia e di cui si assumono il sacerdozio. Dare pubblicamente o in privato esempio di intolleranza, di bizze, di dissidi, è la negazione del principio di Amore.

Dunque per concludere bisognerebbe non dare lo spettacolo di odii, di bizze, di malanimo tra studiosi ed in realtà sentire veramente amicizia per tutti coloro che in una maniera o nell'altra danno le loro forze intellettive con larghezza alla propaganda di questi nostri studi. In altri termini sentire per tutti l'amore (scritto con l'A maiuscolo). Initium sapientiae non timor Domini sed Amor hominum.

A questo punto la domanda dovrebbe sorgere spontanea: escludendo quegli studiosi di ermetismo magico non interessati, indipendenti o affiliati ad altri organismi iniziatici, cosa hanno fatto dal 1930 in poi, anno della scomparsa di Kremmerz, i seguaci o coloro che addirittura si sono definiti e si definiscono arbitrariamente “diretti eredi” della sua scuola, per tentare di onorare in tal senso la memoria del loro maestro e tradurre in realtà almeno quell’unico suo desiderio? Assolutamente nulla. Anzi, già dopo la morte e la dispersione di quei pochi affiliati rimasti, si crearono conflitti, divisioni, lotte interne e rivendicazioni in merito ad una “successione” inesistente (come ben si sa, nonostante ci sia ancora chi si affanna ad affermare il contrario perseguendo propri loschi interessi, il Kremmerz non lasciò alcun successore né una solo riga o parola di istruzioni sulla continuità della sua scuola) che portarono a conseguenze scardinanti ed autolesioniste mai sanate. Non solo, dalla fine degli anni quaranta ad oggi, tranne un periodo di relativa tregua fra gli anni cinquanta e settanta, tali conflitti e divisioni si sono ulteriormente aggravati ed esasperati, sfociando in una serie di “scismi” che hanno generato almeno una dozzina di ulteriori filiazioni, guerre per l’accaparramento del nome della scuola, querele, processi, aggressioni, calunnie e infamie inimmaginabili nemmeno in contesti associativi profani. E stendiamo un lenzuolo di pietoso silenzio sugli spettacoli di inciviltà, sugli scandali, i furti, le menzogne palesi e le ignominie verificatisi dalla fine degli anni ottanta ai giorni nostri da parte di chi ha strumentalizzato il nome e l’insegnamento di Kremmerz per creare una vera e propria psico-setta infera, asservita alla propria sordida follia.

Per la verità, nel tempo si è registrato qualche tentativo di “riunificazione” dei vari rami miriamici allo sbando, naturalmente fallito: il primo atto documentato avviene intorno al 1948, patrocinato da Domenico Lombardi alias Benno, ex-segretario storico della originaria Fratellanza di Miriam, e attuato vantando un immaginario, strumentale conferimento “orale” del ruolo di “delegato generale” ricevuto da Kremmerz e un mai provato “mandato” da parte di un fantomatico esponente dello scomparso Ordine Egizio (espediente utilizzato in seguito da altri noti epigoni); il secondo, anch’esso documentato, da parte di Carlo Coraggia alias Lehahiah, capo della C.e.u.r., il quale tra la fine degli anni sessanta ed i primi settanta si rivolse più volte, invero con molta buona volontà, ai “fratelli separati” Verginelli del Circolo Virgiliano Roma e De Cristo dell’Accademia Pitagora di Bari, oltre ad altre “accademie” indipendenti, cercando un accordo e ricevendo per tutta risposta poche adesioni, alcuni rifiuti e molti insulti da chi non volle riconoscergli alcuna autorità né titolo; il terzo ufficiale, nel 2008, promosso con altrettanta buona volontà dal prof. Picchi, il quale, dopo un appello rivolto a tutte le varie formazioni esistenti, ex iscritti e studiosi indipendenti, ha fondato a Padova l’Ahku (Accademie hermetiche kremmerziane unite), ennesima sigla kremmerziana che si aggiunge alle non poche altre, intorno alla quale si sono sviluppate accademie ex-novo e rapporti di rispettoso “buon vicinato” con altre preesistenti, senza tuttavia aver prodotto alcuna riunificazione. Contemporaneamente e al di fuori dei formalismi ufficiali, si sono sviluppati nuclei trasversali di appartenenti a vari gruppi e formazioni di area o provenienza kremmerziana che autonomamente collaborano attivamente fra loro, promuovendo incontri, dibattiti, scritti, congressi e piattaforme di approfondimento della tradizione e delle  tematiche ermetiche entro un’ottica attualizzata.

Questa la realtà kremmerziana odierna, che suona come un de profundis sulle belle e reiterate speranze di Kremmerz, tradite paradossalmente in massima parte proprio da chi avrebbe voluto e dovuto incarnarne la memoria, la volontà e l’opera.

Di chi la colpa? Come sempre dell’essere umano e dei suoi gravi limiti e difetti, soprattutto quando si mette in testa di essere un “iniziato” o, peggio ancora, un “maestro” senz’arte né parte. Il nome e cognome dell’interprete maggiore di quest’operazione corrotta e corruttrice sono del resto sotto gli occhi di tutti, con un curriculum e un operato che da più di venticinque anni parlano da soli. In questa brutta storia troviamo infatti un campionario completo delle deficienze e imperfezioni umane: egoismo, protagonismo, inettitudine, ignoranza, egocentrismo, invidia, ambizione, nevrosi, frustrazioni, aridità ed altre bassezze e meschinità che omettiamo per non tediare oltre il lettore. Anomalie obiettivamente difficili a trovarsi riunite in un essere umano più o meno normale, o cosiddetto “profano”, e che dovrebbero risultare lontane milioni di anni luce dall’animo dell’ermetista. E invece in alcuni casi sono divenute l’emblema strutturale di un ermetismo deviato e deviante e l’evidente biglietto da visita di chi si è posto nei casi peggiori, senza alcun diritto né nomina, alla guida degli aspiranti alla Luce che in questa luce spererebbero perfino di svolgere una missione terapeutica, trovandosi a percorrere una strada lastricata di menzogne e di inganni.

Se Kremmerz scriveva nel 1917 “con un senso di amarezza profonda” per i risultati ottenuti, cosa potrebbe pensare oggi di ciò che è rimasto del suo sogno utopico e degli epigoni che hanno degradato i suoi ideali ed i suoi insegnamenti ad uno squallido teatrino di periferia pseudo-ermetica, o ad un volgare terreno di battaglia sul quale si scontrano disgustosi interessi personali mascherati da ipocrita filantropia e ortodossia fraudolenta? C’è chi afferma che il primo errore fu di Kremmerz  il quale forse non ebbe il coraggio, prima di lasciare questo mondo, di tradurre in testamento scritto il fallimento del proprio esperimento: per esempio ciò che aveva liberamente confidato in termini chiarissimi al già citato Quadrelli in un’altra nota e tanto scomoda lettera resa pubblica dal prof. Verginelli, nella quale dichiara: “La vostra idea del circolo o circoli o delle accademie come erano organizzate prima, ha dato risultati molto negativi, che è inutile analizzare. Alla maniera antichissima dei filosofi ci vorrebbe il caposcuola a Roma, circondato da amici e in un luogo comodo; o peripateticamente conversare delle nostre cose senza pose magistrali e senza gesti autoritari; discorrere, ridere, sorridere, magari mangiando fettuccine dalla Sora Felicetta. Ognuno dei discepoli intelligenti, dopo un periodo di pratica, partire in missione apostolica per qualche altro centro e fare lo stesso. Così si servirebbe Ermete in letizia. Per fare questo il caposcuola oggi dovrebbe avere quaranta anni di meno e nessuna necessità pecuniaria, perché, anche se egli fosse ricco, non dovrebbe accudire alle sue ricchezze. Perciò i filosofi furono poveri per destino della cosa da fare; si contentavano di pane e formaggio e di una botte vuota per ostello. Non so se mi spiego. La vostra idea è mia in senso più radicale”. E ancora, in altra lettera: “Anzi vi accennai che realmente la cosa, come in origine, avrebbe dovuto svolgersi senza messa in scena, senza circoli e senza accademie. Ora siamo in un periodo trasformativo che assumerà la forma più possibilmente vicina alla ideale”.

Da queste parole inequivocabili, il cui significato più che eloquente è ancora oggi oggetto di interpretazioni capziose da parte di chi ha tutto l’interesse a mantenere i propri iscritti nell’ignoranza più assoluta, traspare un’incontrovertibile verità: Kremmerz, palesemente deluso dalla precedente esperienza basata su circoli e accademie, stava progettando una concreta e radicale trasformazione della sua scuola, per avvicinarla il più possibile alla ideale, evidentemente senza più circoli né accademie. Ma il valore e il significato di questo progetto ammirevole e coraggioso, sono stati forse recepiti dai pretesi “eredi” che ancora si abbarbicano su vuoti simulacri di circoli e accademie, timbri, protocolli, scartoffie, formalismi, finzioni e messe in scena da quattro soldi? Assolutamente no, anzi! ogni sforzo sembra orientato verso posizioni diametralmente opposte. E d’altra parte, al di là degli artifici verbali, i risultati parlano chiaro. Che cosa è stato compiuto in tutti questi anni in concreto? Qualcuno degli alfieri dello pseudo-ermetismo kremmerziano si è forse distinto per doti, dignità e soprattutto realizzazioni realmente iniziatiche?

In conclusione: semplicemente, un encomio a quei pochi emuli coscienziosi che nonostante tutto operano con vero spirito di amore, di fratellanza e di solidarietà, al di sopra degli interessi di scuderia, in umiltà, senza arroganza, senza volontà prevaricatrice, senza pose magistrali e senza pretese di faziosa supremazia. Un biasimo e una condanna senza attenuanti a chi si è reso responsabile del tradimento degli ideali di Kremmerz.

A.M.

[1] “Il Guardiano della Soglia” di Pietro Bornia, Napoli, Detken & Rocholl, 1898. Luogo e data dell’introduzione firmata da Kremmerz risultano Spa26 agosto 1898.

[2] Nell’introduzione alla ristampa fuori commercio di “Avviamento alla Scienza dei Magi” del 1917 Kremmerz scrive: “in venti anni non  ho realizzato che assaggi e prove. Niente di concreto... cioè, di concreto le molte pene che mi son fabbricate con le mie mani”.

[3] Il volume fu pubblicato in un’edizione fuori commercio nel 1929, ma è accertato che il testo fu scritto prima del 1925. 



 

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