A lezione da Angelo Tonelli
Il mito orfico dello smembramento di Dioniso e il simbolismo dello specchio
Venerdì 14 Agosto alle ore 18.30 presso l’Atelier Nuova Eleusis, in via dei Giardini 14 a Sarzana (SP), si è svolto il settimo degli incontri settimanali denominati “I venerdì di Eleusis: sulle tracce della sapienza greca”, seminari di Angelo Tonelli dedicati alla Sapienza Greca, che in questa occasione ha disquisito sul mito orfico dello smembramento di Dioniso ed il simbolismo dello specchio.
All’inizio di questa lezione, il filologo ligure, ha nuovamente fatto menzione dell’Inno a Zeus, in cui l’Essere Primo appare come la radice primordiale di ogni manifestazione, come l’essenza spirituale di distinzione formale, inghiottendo e rigenerando in sé tutte le apparenti e distinte divinità. Nel famoso Papiro di Derveni, infatti, in similitudine con quanto espresso sul Nume Primario dallo stoico Posidonio, vi è l’idea del Cielo, del suo assorbimento, della rigenerazione e della nuova venuta alla Luce del Divino nel mondo. Si palesa un doppio ritmo, un doppio respiro cosmico, una doppia circolazione sanguigna, in cui Zeus risulta essere il fondamento di tutte le cose, come sublimazione di detta ciclicità discensionale e ascensionale.
Parimenti nella Scienza Ieratica degli Egizi esistono il giorno e la notte, l’uomo e la donna, il più e il meno, la luce e il buio: tutti i fenomeni dell’Universo vibrano e hanno due polarità complementari: si espandono e si concentrano in flusso e riflusso. E’ alla cultura dei faraoni che appartiene la concezione dei due cuori: il cuore IB che si stringe ed il cuore FATI che si espande. Nasce tra i due poli opposti una tensione che è il presupposto, affinchè un fenomeno possa essere recepito dalla nostra coscienza. Aton-Ra, similmente allo Zeus simboleggiato nel Papito di Derveni, si manifesta in questa dualità polare, essendo la sua pulsione infinita, quindi essendo, allo stesso tempo, movimento e quiete. Di seguito, si è affrontato il tema del mito orfico dello smembramento di Dioniso da parte dei Titani, riferendosi al frammento di Clemente Alessandrino (Protr., XVII, 2-18, 2), autore e polemista cristiano, fortemente critico nei confronti della dimensione iniziatica ed in cui, nonostante tutto, emergono dei riferimenti importanti ai simboli che avevano una profonda valenza positiva per la loro allusione a principi ed istanze proprie del percorso iniziatico orfico. Tra i citati, possiamo segnalare la descrizione dei Cureti o Coribanti, quali sacerdoti di Zeus, il cui ruolo, in tale circostanza, è assolto da Dioniso Infante. Nel processo di smembramento (sparagmòs) si intuisce un viatico trasmutativo, di passaggio dell’iniziazione sia sciamanica sia di natura alchimica, in cui l’atto separativo della coscienza ordinaria è la necessaria catabasi per l’anabasi verso la reintegrazione in una coscienza divinizzata. Importante, in tale trasfigurazione, era l’elemento del gioco, che, secondo Giorgio Colli, insieme alla necessità, è uno dei principi fondanti della probabilità, come essenza radicale dell’esistenza. Non casuali, infatti, sono le presenze dell’astragalo, della palla, della trottola, oggetti che servono per ingannare Dioniso, ma anche in una prospettiva di densità palingenetica:
“…i Titani si insinuarono con l’astuzia, lo ingannarono con giocattoli da fanciulli e lo smembrarono, anche se era ancora bambino, come dice il poeta dell’iniziazione, Orfeo il Tracio <<Trottola e rombo e marionette e le belle mele d’oro delle Esperidi dalla voce acuta>>”.
In un altro importante frammento, quello di Olimpiodoro (in Plar., Phaed, 61c), ma anche in quella di Pausania (VIII 37, 5), si palesa la polare coabitazione di una natura titanica e di una natura dionisiaca nell’animo umano – da cui emerge l’illiceità del suicidio per la presenza di detta sfera animica –, composto da una parte di stringete privazione materiale e da una contraltare presenza sottile, oltre che da una lucente presenza apollinea, di cui capiremo la presenza e la solare affermazione in seguito:
“…siamo una parte di Dioniso, se è vero che siamo costituiti dalla fuliggine dei Titani che si cibarono delle sue carni”.
Nei diversi riferimenti ai Titani, emerge l’idea che gli stessi si nutrano delle carni di Dioniso e che Zeus, in seguito, riesca a fulminarli. Dioniso si infrange nel Tutto, dopo aver visto la sua immagine nello specchio e dopo averla seguita, successivamente salvato da Apollo katartikòs. Tale funzione salvifica del Dio Iperboreo, che riporta invita l’officiante di catarsi, Dioniso. Si manifesta una dimensione immanentistica, in cui il Mondo nasce dal Divino nello specchio, riflettendosi il Divino in esso, similmente a quanto accade nello Shivaismo. Vi è un elemento di illusorietà della dimensione fenomenica e sensoriale, in cui la frammentazione, quindi, lo specchio si pone come elemento di distacco dalla condizione puramente titanica, indi materiale. L’uso ieratico dello specchio è la pratica ascetica grazie alla quale si compie il dispiegamento demiurgico nel mondo, come intuizione profonda, come Nous, come pienezza e come fondamento unitivo della Totalità, la pluralità risultando essere la manifestazione illusoria e fenomenica dell’Unità, nell’attuazione dell’autocontemplazione del Divino:
“Nell’antichità lo specchio anche dai teologi è stato tramandato come simbolo delle adeguatezza alla pienezza noetica del Tutto. Per questo dicono anche che Efesto fabbricò uno specchio per Dioniso e che il dio guardando dentro di esso e contemplando la propria immagine si slanciò alla fabbricazione di tutta la pluralità” (Proclo, in Plat., Tim., 33b).
Tutto ciò, in conclusione, nell’ascesi orfica consiste nel recupero di tale dimensione dionisiaca ed unitaria, in quanto il dio infante viene inteso come processo di trasfigurazione e di unione di tutte gli elementi del cosmo. Insieme ad Angelo Tonelli, infine, si è potuto ipotizzare una comparazione tra la tripartizione interiore e tradizionale dell’uomo (soma, psyche, pneuma) e le tre dimensione sottili e spirituali rappresentante dal mitologhema orfico, quella titanica, quella dionisiaca e quella apollinea, in perfetta aderenza con un preciso insegnamento neoplatonico:
“E le anime degli uomini, vedendo le proprie immagini come nello specchio di Dioniso, slanciandosi dall’alto furono istantaneamente lì, senza essere scisse neanche dal proprio Principio (archè) e dall’intuizione (Nous)” (Plotino, Enneadi, IV 3, 12, 1-4).
(Articolo tratto da ereticamente.net, che ringraziamo per la gentile collaborazione)