Questo libro costituisce l’ultimo anello di una collana di scritti decisamente singolari, nati dalla penna straordinaria di Charles Godfrey Leland, un personaggio eclettico e geniale – difficile da definire ricorrendo a pochi aggettivi – che dedicò l’intero “romanzo”[1] della propria esistenza alla ricerca dell’insolito in ogni suo aspetto, dai meandri più segreti della magia e delle tradizioni degli indiani d’America, degli zingari e delle streghe italiane, alle forme più originali ed espressive dell’arte e della letteratura, all’avventura della vita nel senso più ampio, creativo e totalizzante che si possa immaginare[2]. E’ l’ultima perla di un piccolo tesoro nascosto, tutto italiano e più precisamente toscano, paradossalmente quasi sconosciuto o ignorato per oltre un secolo nel nostro Paese quanto ben noto e apprezzato soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.
Nelle sue pagine cogliamo l’eco e il profumo lontani della magica Firenze del passato[3], dell’Ermetismo del Rinascimento e dei suoi gioielli artistici, filosofici, letterari, dei Medici illuminati e alchimisti, di pittori, scultori e architetti ispirati, di confraternite e cenacoli iniziatici che hanno trafitto come fertili raggi di un sole spirituale le plumbee nubi di un’epoca tenebrosa[4]. Ma non solo. Da queste pagine affiorano ancora più vivi il ricordo e l’eredità di una tradizione misterica che affonda le proprie radici nell’esoterica Etruria, nei suoi dèi, nelle sue cerimonie e in seguito nei culti segreti di Dioniso, Diana, Apollo, Demetra, Iside, Venere... Nobili tradizioni mai spentesi totalmente, che anche quando hanno subito le cruente imposizioni di una religione estranea, tuttavia vincente, sono sopravvissute più o meno clandestinamente, nascondendosi all’intolleranza dominante e perpetuando il proprio credo e il relativo tesoro sapienziale nell’ombra e nella notte – soprattutto nelle campagne, nei boschi e nelle aree meno urbanizzate – per continuare a celebrare i propri riti nell’oscurità, al riparo di occhi violenti e sanguinari, infiammati di roghi persecutori e torture.
Il testo narra di storie e leggende tratte in gran parte da una memoria popolare mai sconfitta, dalle fiabe incantate degli antenati, dai ricordi più lontani, da credenze tramandate di bocca in bocca e racconti sussurrati davanti ai camini nelle lunghe veglie invernali dei secoli trascorsi. Ma anche e soprattutto dalle testimonianze dirette di un nucleo ancora attivo di buone streghe con le quali il Leland era riuscito a entrare in contatto.
Il risultato potrebbe a prima vista passare per uno dei tanti saggi sul folklore locale, particolarmente apprezzati e diffusi sul finire del XIX secolo[5]. In realtà si tratta della parte apparentemente conclusiva di un’opera iniziata molti anni addietro. Una colossale operazione archeologica di recupero di un patrimonio culturale prezioso, grazie al quale il Leland, dopo anni di estenuanti indagini in terreni impervi e inesplorati, riuscì a dare alle stampe lo splendido capolavoro Etruscan Roman Remains in Popular Tradition[6], il leggendario Aradia or the Gospel of the Witches of Italy[7] e quest’ultimo Legends of Florence.
In questi testi fondamentali, al valore e all’importanza dei quali è stata riconosciuta un’influenza determinante nel moderno revival della stregoneria e dell’occulto, l’Autore teorizza la possibilità concreta della sopravvivenza di culti, usanze, pratiche e riti di origine etrusco-romana nella Toscana-Romagna dell’Ottocento. Ipotesi suggestiva e tutt’altro che bizzarra o inattuale – anche se difficile da dimostrare in termini oggettivi dopo secoli di capillare estirpazione e sistematico annientamento di ogni minima traccia delle componenti cultuali sulle quali si basa – peraltro ripresa e ampliata da altri eminenti studiosi nel secolo successivo[8].
Con gli scritti sulla Firenze arcana – qui pubblicati nella prima traduzione italiana – nei quali troviamo riunite le parti maggiori del materiale rimasto escluso dai due volumi precedenti[9], il Leland concludeva dunque l’originale trilogia[10] dedicata alle streghe e ai misteri della magia etrusco-romana, definita la Vecchia Religione, anche se dagli appunti personali dello scrittore e da alcune note sullo stesso Aradia e nell’introduzione di “Unpublished Legends of Virgil”, risultano previste ristampe corrette e ampliate degli stessi titoli, oltre a ulteriori lavori sullo stesso argomento. Ma altri misteri restano in larga misura irrisolti. Primo fra tutti la realtà segreta, di ben più ampio spessore iniziatico e mai del tutto svelata, celata dietro la punta dell’iceberg scoperta dal Leland, l’analisi della quale meriterebbe un volume a parte. Inoltre rimane l’incognita mai interamente chiarita relativa alla vera identità dell’enigmatica “Maddalena” e delle sue “consorelle” nel segreto incantesimo[11]. E non ultimo l’interrogativo che affiora spontaneo di fronte al fatto inspiegabile che le tre opere, pur trattando un tema di particolare interesse per l’Italia e più specificamente per la Toscana e il suo capoluogo, siano apparse unicamente in inglese e lasciate paradossalmente orfane di traduzione per lungo tempo, anche quando la notorietà e il successo delle medesime si erano ormai abbondantemente affermate e consolidate in altri paesi.
Dai nostri archivi risulta ad esempio che lo stesso Legends of Florence vide almeno tre edizioni londinesi, presso David Nutt, dal 1895 al 1910, due edizioni a New York della Macmillan & Co. (1895-1896), oltre a un’edizione stampata in collaborazione tra l’inglese Nutt e la Seeber di Firenze (1910) e un’altra ancora più singolare pubblicata in inglese ancora a Firenze dall’editore Paggi nel 1904[12].
Domande che al momento non possono avere risposta. E misteri che rimangono aperti. Come la finestra affacciata sul Lungarno dalla quale il Leland contemplava sorridente e sornione la sua Firenze Arcana....
[1] - La definizione è dello stesso Leland ed è tratta da una lettera all’amata nipote.
[2] - Per approfondire gli aspetti più interessanti della vita e dell’opera di C.G.Leland rimandiamo il lettore agli altri volumi già pubblicati dalle Edizioni Rebis, ‘Aradia o il Vangelo delle Streghe’ e ‘Il Tesoro delle Streghe’ .
[3] - Questa nobile città, “crogiolo massimo di ingegni e di talenti universali”, è stata una delle ultime e più tenaci roccaforti della religione pagana.
[4] - In anni relativamente più recenti Firenze è stata inoltre al centro di un’intensa e vivace attività spiritualistica ed esoterica sviluppatasi in particolare dalla seconda metà dell’800 e protrattasi ampiamente per oltre un secolo, con punte periodiche di espansione che hanno dato vita – tra l’altro – a importanti logge e accademie massoniche, teosofiche, antroposofiche, martiniste, gnostiche e kremmerziane.
[5] - Ad un impatto iniziale il testo si rivela peraltro di non facilissima lettura per lo stile alquanto ostico e immediato (che abbiamo cercato di non alterare per quanto possibile nella traduzione), a tratti criptico e allusivo, eppure intriso di sottile umorismo, tipico del personaggio, sovente contraddistinto da punte di spontanea ingenuità che ricordano l’approccio stupito di un bambino a un mondo di meraviglie e di incanti solo sognati, che proprio per questo riesce spesso a sfiorare la poesia.
[6] - Pubblicato in due volumi dalle Ed.Rebis con il titolo Il Tesoro delle Streghe.
[7] - Prima trad. ital. Ediz. Rebis, 1994, e successive ristampe.
[8] - “Vale la pena di osservare – scrive il Leland – che tutto quello che noi sappiamo sulla stregoneria e sugli eretici lo dobbiamo ai preti cattolici, che avevano tutti gli interessi di questo mondo per distorcere i fatti, e così fecero. Nella vasta quantità di stregoneria antica che ancora oggi sopravvive in Italia non c’è molta anti-cristianità, bensì un grande spirito pagano. L’intera storia della caccia alle streghe è il frutto della falsità ecclesiastica, dove le bugie sono state subdolamente trapiantate sulla verità. Ma a quei tempi fu la Chiesa, insieme al Protestantesimo, a creare la stregoneria satanica che oggi è considerata la vera magia”. Possiamo aggiungere che l’autentica stregoneria era ed è sempre stata estranea a Satana, figura importata dal Cristianesimo e dai suoi incubi, incomprensibile e lontana dalla cultura e dalla fede dell’Antica Religione e non a caso sovrapposta all’immagine del dio Pan allo scopo di demonizzarne e deturparne la natura e l’essenza divine. Le eventuali incursioni e le interferenze storiche del diavolo verificatesi successivamente all’interno della stregoneria (o meglio di certi settori della ‘bassa stregoneria’, perché come il Leland conferma esistevano ‘streghe buone’ o ‘bianche’ e le ‘maledette streghe’ loro avversarie) possono essere comunque interpretate secondo una logica strategica e consequenziale: il Maligno, nemico mortale dei propri nemici, diveniva automaticamente un naturale ‘alleato’ nella lotta contro il comune persecutore.
[9] - Anche se Aradia fu scritto prima di “Legends of Florence”, fu pubblicato solo quattro anni più tardi a causa delle incertezze e della riluttanza marcate dell’editore londinese Nutt, il quale non era evidentemente convinto del valore commerciale del testo. L’opera andò in stampa, anche se in un numero limitato di copie, solo in seguito alle ripetute pressioni e alla minaccia da parte dell’autore di ritirare il manoscritto. Anche per questo motivo l’edizione originale di Aradia è divenuta di una rarità assoluta.
[10] - Alle tre opere già citate dovremmo in realtà aggiungere almeno una parte del raro e meno noto, ma di indubbio interesse, ‘Unpublished Legends of Virgil’ (London, Stock, 1899).
[11] - Le cartomanti-streghe Maddalena Talenti e Margherita (o Marietta) Peri sono soltanto due dei personaggi chiave, talvolta reali altre volte fittizi, del mosaico aradiano, dai quali lo studioso ebbe notizie, informazioni e testi utili alle proprie ricerche.
[12] - Entrambe sconosciute alle biografie e alle bibliografie consultate.