Alcune attestazione a favore della Reincarcazione, del dr. Franz Hartmann
a cura di Frà L. Squarciapinus de M.
Il testo del medico bavarese presentato in quest’ occasione (riprodotto fedelmente nella forma, frasi e interpunzione dell’epoca), fu pubblicato nel 1910 nel numero 5 della rivista teosofica di Roma ULTRA, quale prima traduzione italiana di Einige Zeugnisse zu Gunsten der Wiederver-korperung. Sintetico, ma esauriente, per quanto l’argomento può esserlo, l’articolo richiama l’attenzione su un tema caro alla teosofia di fine ottocento, valutato con una concettualità critica multidisciplinare, quasi di taglio scientifico, permettendo di riscoprire le qualità e la sapienza di Hartmann, ingiustamente ricordato solo per l’obbligata mediazione della Blavatsky o della Besant.
Franz Hartmann, nato a Donaworth nel 1838, emigrò dalla Baviera, nel 1865 per gli Stati Uniti, dopo la laurea in medicina e chirurgia. Lavorò come medico e coroner a Georgetown, San Francisco, New Orleans scoprendo poco alla volta, tra mille difficoltà, i suoi veri interessi per lo spiritismo e le discipline esoteriche. Frequentò e studiò medium e la ritualità magica sciamanica di alcune tribù di pellerossa. Dopo l’incontro, a San Francisco, con il movimento teosofico della Blavatsky, rimase affascinato dalla magia orientale e dagli insegnamenti esoterici dell’aristocratica russa, al punto che, nel 1883, lasciò professione e residenza imbarcandosi per l’India, su invito della segreteria teosofica del colonnello Olcott ad Adyar. In breve, grazie alle sue conoscenze maturate su pratiche esperienze, raggiunse una posizione di rispetto nella gerarchia della Società. La stessa Blavatsky, con molta familiarità, prese a chiamarlo “dirty Franz” per i suoi modi liberi ed il suo abbigliamento dimesso. Dopo il ritorno in Europa, nel 1885, si stabilì ad Hollein presso Salisburgo, come direttore del locale sanatorio. Personaggio di spicco del movimento, fondò con altri seguaci e simpatizzanti della Petrovna un “monastero” teosofico ad Ascona e fu avvicinato e frequentato da vari esoteristi e intellettuali nazionalisti dell’epoca. Oltre che sostenitore e simpatizzante delle dottrine arie di Guido Von List, fu fondatore, con Alfredo Pioda, di quello che diventerà, dopo la morte della teosofa russa, nel 1891, il nucleo storico della società teosofica tedesca, costituita a Berlino nel 1896 e di cui Hartmann sarà col consenso generale, il presidente. Le sue teorie recuperavano nozioni e pratiche molto in voga all’epoca come l’ipnotismo ed il magnetismo animale, le pratiche yoga, l’allora frenologia, l’astrologia, la sofrologia condite con principi e regole massoniche di ispirazione rosacruciana, di alchimia mistica e di ermetismo occultista alla Papus. Nei primi mesi del 1885, accompagnò la Blavatsky in Italia e giunto a Napoli, per sua stessa ammissione[1], prese contatto con un misterioso circolo rosicruciano frequentando, in particolare, due iniziati della schola (indicati J. ed S.) istruiti in gioventù da un famoso alchimista (siglato P. nel testo), erede della tradizione cabalistica rosacruciana[2]. Per accreditare le sue teorie sui Rosacroce, Hartmann inventò il rinvenimento di antichi manoscritti in un inaccessibile monastero dell’ordine sulle alpi bavaresi. In tal modo, accompagnato da questa fama misteriosofica, fondò con l’editore Zillmann l’Ordine della Rosacroce Esoterica che avrebbe trovato sostegno e consensi da parte di numerosi circoli teosofici tedeschi, tra i quali oltre i già citati, quelli di Theodor Reuss, Leopold Engel ed il gruppo viennese di Eckstein, frequentato quest’ultimo anche dal giovane Rudolf Steiner, scismatico fondatore nel 1912, dell’Antroposofia.
Hartmann fu scrittore prolifico, autore di numerose pubblicazioni ed articoli in tema di alchimia, simbolistica, tematiche e romanzi rosacruciani, magia, la traduzione della Bhagavad Gita etc. Morì a Kempten nella sua amata Baviera, il 7 agosto 1912, isolato dal mondo in quella località ben nota agli studiosi dell’occulto come teatro di frequenti e impressionanti fenomeni spiritici.
"Non può avvenire che alcuno oppugni la dottrina della rincarnazione se giunga ad averne un esatto concetto. Gli avversari di tale dottrina osteggiano infatti soltanto le false rappresentazioni che se ne sono formate non conoscendola. Molti la scambiano colle rappresentazioni formatesi dalla “ trasmigrazione delle anime”, altri coll’ossessione; ma non si tratta qui né di migrazione del corpo astrale da un organismo all’altro, né del ricomparire sulla scena della vira di personalità che ne sono scomparse. Piuttosto le qualità che appartenevano al trascorso fenomeno umano si raccolgono di nuovo e formano una nuova abitazione per l’Io immortale che, come insegna la Bhagavad Gita, non ebbe mai nascimento e mai morrà. Attestazioni di questa verità ci offrono la religione, la filosofia, la scienza, la natura, il retto giudizio umano, ed anche le personale esperienza.
I- LA RELIGIONE
La grande maggioranza degli uomini che hanno fede religiosa su questa terra, crede alla dottrina della rincarnazione. I buddisti e gli indiani vi credono, sebbene non tutti del popolo minuto n’abbiano un concetto adeguato. Il Bhagavad Gita dice:” Come l’uomo che ha deposto un suo abito divenuto troppo vecchio ne veste uno nuovo, così l’essere eterno quando si depongono le forme dissolte dal tempo, si manifesta in membra novelle”. La parte immortale dell’uomo si può paragonare ad un commediante che in diverse sere rappresenta parti diverse. Durante la rappresentazione egli si compenetra forse del tutto nella sua parte e dimentica se stesso, ma quando dopo la recita rientra a casa, torna ad essere lui. Similmente l’uomo, che è figlio del cielo, calca le scene della vita sotto diversi consecutivi aspetti e si identifica più o meno colla parte ch’ei rappresenta, ma quando la rappresentazione è finita, torna di nuovo a casa e gli rimane il ricordo dell’aver recitato o bene o male la sua parte.
Nel Cristianesimo la rincarnazione non è predicata in termini precisi e ciò perché tra i primi cristiani od Esseni, che erano una società di mistici, tale dottrina era già universalmente conosciuta; nondimeno la Bibbia vi si riferisce in più luoghi. Così per esempio Gesù chiede ai suoi discepoli:” Che dice la gente che io sia?” ed essi rispondono :”Alcuni di con o che tu sei Elia, altri che sei una dei profeti” ( Matt. VIII, 28). E più innanzi :”Elia è già venuto ed essi non l’hanno riconosciuto” ( Matt. XVII, 12 ). Quando Gesù vide un cieco-nato, i suoi discepoli gli domandarono:” Maestro, chi ha peccato, egli o i suoi genitori, che così cieco egli è nato?” (Giov. IX,2 ). Se non avessero creduto che quel medesimo uomo avesse vissuto già prima, tale domanda sarebbe stata un non senso; poiché se non fosse mai esistito non avrebbe mai potuto incorrere in alcun peccato da cui potesse derivare la sua nascita come cieco. Del resto la rincarnazione è un articolo di fede della chiesa cattolica, infatti dove è detto:” Io credo nella resurrezione della carne “, si deve intendere un novello riassociarsi delle qualità ( gli Skandha dei Buddisti)che costituivano le personalità trapassate e il ricostituirsi con quelle un nuovo organismo.
Rappresentiamoci, l’immortale io dell’uomo (l’anima) comel’architetto; la sua persona è la casa che egli si è costruita e nella quale egli vive. La casa invecchia, rovina, e dopo un periodo di riposo l’architetto si costruisce coi materiali dell’antica una nuova casa. Questi “materiali” sono la “carne”, cioè a dire, le doti della mente, le inclinazioni, le disposizioni, soprattutto il carattere che dell’uomo si è formato nel corso delle passate incarnazioni e che si incarna ora in una nuova forma. Il carattere è lo stesso, non si modifica che nel giro dell’esistenza terrena, l’io è eterno, ma l’aspetto suo è nuovo ogni volta.
II- LA FILOSOFIA
Per quanto riguarda la filosofia, tutti i grandi sapienti dell’umanità han riconosciuto la verità della dottrina della rincarnazione; Sankaracharja, Pitagora, Platone, Socrate, Plotino ed altri innumerevoli l’hanno insegnata e ugualmente i maggiori filosofi dei tempi moderni, da Shopenhauer fino ai nostri giorni.
III- LA SCIENZA
Mentre la conoscenza diretta corrisponde alla propria esperienza vissuta, l’umano sapere si fonda in massima parte soltanto sopra conclusioni logiche, sopra l’osservazione dei fatti esteriori. Si può ad esempio determinare, mediante l’osservazione dei corpi celesti, la loro grandezza e pesantezza, come mediante l’analisi spettrale la loro costituzione. Altrettanto scientifico è dimostrare la rincarnazione su basi logiche, fondate sull’osservazione di fatti esterni.
Quando u fanciullo nasce e reca con sè nel mondo particolari sue qualità, che non può aver ereditato da suoi genitori terreni, è logicamente giusto l’ammettere che esso le abbia acquisite durante una diversa forma di esistenza, cioè ch’ei le abbia ereditate dal suo “padre celeste”[3]. Ognuno di noi reca con sé nel mondo, di cotali qualità, il che è particolarmente notevole nei cosiddetti “fanciulli-prodigio” i quali possiedono particolarissimo talento per la musica, la matematica, per la medicina, o per altro, mentre i genitori non ne possiedono punto.
Un fatto universalmente riconosciuto è, per esempio, che i figli dei grandi dotti siano spesso dei grandi stupidi , il che è anche spiegabile psicologicamente; ma, anche se, per esempio, nella famiglia di un musicista nasce un figliuolo che abbia talento per la musica, questo non prova che l’abbia ereditato dai suoi genitori; in ciò si manifesta piuttosto un’altra legge di natura; perché quando un uomo ha acquistato una particolare disposizione per l’esercizio di una determinata arte, è naturale che l’Io nella prossima sua rincarnazione sia attratto verso una famiglia dove trovi l’opportunità di seguire tale inclinazione e di svolgere ulteriormente l’acquisita disposizione. In ogni modo ciò non avviene costantemente, poiché nel procedimento della rincarnazione anche diverse altre circostanze entrano in gioco, le quali pur governano tali attrazioni. Per esempio, potrebbe esservi anche una più grande inclinazione al furto, per la quale il fanciullo nascesse in una famiglia di ladri senza virtù musicali.
IV- LA NATURA
Basta che osserviamo la natura se noi vogliamo farci un’idea della rincarnazione, poiché dappertutto in natura ha luogo la ricostruzione di nuove forme cogli elementi delle trapassate; il medesimo carattere si riproduce costantemente; ed a questa legge naturale l’uomo non fa eccezione. In autunno cade una ghianda da una pianta di quercia e affonda nel terreno molle dalle piogge;l’inverno vi distende sopra il suo bianco mantello. Poi viene la primavera ed essa festeggia il suo rinascimento. Il calore del sole penetra nella sua fossa, essa principia a vivere, essa trae dalla terra quelle forze che son proprie della sua natura, ed ecco dalla ghianda germogliare una giovane quercia, la quale ha lo stesso carattere dell’antica. Non è già questa che sia divenuta giovane un’altra volta, ma le qualità dell’antica son divenute carne di nuovo nella giovane pianta e in essa si sono nuovamente incarnate.
Per una tale rincarnazione d’una pianta è necessario un seme, senza di questo non vi sarebbe alcuna pianta. Lo stesso caso è degli uomini, ma per l’uomo il seme è la sua anima, il suo Io, insieme colle qualità che individualmente gli appartengono; perché l’uomo nel corso della sua evoluzione ha acquisito una individualità spirituale, ei non è più come l’animale di una mandra. La pianta non ha alcuna coscienza riflessa e nell’animale è soltanto personale. In esso e anche nell’animale-uomo sente, pensa, vuole ed agisce soltanto la natura; ma l’uomo che è capace d’accogliere in sé i più elevati principii morali, la conoscenza di sé medesimo, il senso del giusto, l’amore altruistico ecc. e trasformarli dentro di sé in forze morali, mediante le quali ei può dominare la propria natura, ha una coscienza individuale riflessa, la quale è qualche cosa di più alto della sua personalità e lo rende capace d’operare per il bene dell’umanità e di sacrificare ad esso i suo personale interesse. Questo è il suo “seme” individuale, la sua parte immortale che ha nella Divinità le proprie radici.
V- IL RETTO GIUDIZIO UMANO
Esso ci dice che la vita dell’uomo sarebbe senza scopo se non ci fosse nulla chge si potesse sviluppare e perfezionare spiritualmente; ci dice pure che un uomo in una sola fugace esistenza terrena non può pervenire alla perfezione divina. Che cosa ne sarebbe di coloro che muoiono di buon’ora o che non hanno veruna occasione di fare l’esperienza necessaria al loro sviluppo superiore? Ma se si pone mente al fatto che l’ulteriore sviluppo dopo la morte ha luogo in una condizione corporea, non si comprende perché l’uomo soprattutto abbia bisogno di nascere ed abbia un corpo.
La natura peraltro è piena di analogie che ci danno qualche lume in proposito. Noi vediamo che un boccio di rosa tagliato dalla pianta e messo nell’acqua può fiorire ancora; esso vive ancora tanto però quanto durino le forze vitali contenute nel suo stelo. Poi, quando non ha più nuove forze da attingere, appassisce. Il corpo umano è simile al terreno dal quale la pianta trae il suo nutrimento. Da esso trae l’anima le sue forze; lasciando il corpo, l’anima non possiede che quelle che si è recate seco; e tale provvista viene dopo un tempo più o meno lungo esaurita.
VI- LA PROPRIA ESPERIENZA
Il mezzo migliore per convincersi della verità della dottrina della rincarnazione, sarebbe quello di ricordarsi delle esistenze precedenti. Spesso si sente domandare:” Se io fui su questa terra altre volte, perché non posso ricordarmi di queste anteriori forme d’esistenza?” La ragione per cui l’uomo non ne ha un personale ricordo, è questa, che egli personalmente non esistè mai, e perciò non può aver memoria di cosa che mai non fu. La persona dell’uomo ad ogni nascimento è una nuova che non fu mai prima, il cervello può serbare nella memoria soltanto quelle impressioni che abbia una volta ricevuto. Il “padre celeste” è il creatore, la personalità è il figlio. Il figlio non esisteva prima che il padre lo generasse; ma quando il figlio sia divenuto una cosa sola col padre, allora potrà anche sapere quali furono i figli da lui generati.
La piena ricordanza delle passate esperienze terrene è dunque soltanto facoltà di coloro che son già pervenuti all’intima conoscenza della loro origine superna, cioè di quei santi uomini che sono giunti in quella condizione che i mistici cristiani chiamano comunione con Dio e gli Indiani “Yoga”. All’uomo comune può ben talvolta balenare come in un sogno qualche immagine di precedenti incarnazioni, come lampi di luce d’un mondo spirituale superiore che lo circonda; ma molti di tali sogni dello spirito sono soltanto un gioco della fantasia. Un uomo può immaginarsi qualsiasi cosa, ma non si può riconoscere in verità come un essere divino, se non colui che sia già divenuto ad immagine di Dio.
Si comprende agevolmente, che la fede nella rincarnazione sia atta ad inculcare nell’uomo una concezione dell’universo affatto diversa da quella comunemente diffusa fin qui e a nobilitarla; perché questa dottrina ci mostra che nella vita presente noi siamo divenuti ciò di cui ci siamo fatti degni nelle esistenze anteriori, e che nelle esistenze avvenire raccoglieremo quello che ora seminiamo. L’uomo ha il suo destino nelle proprie mani; ciascuno è fabbro della sua fortuna e della sua disgrazia. Quel che gli avviene non è mai senza ragione, ma deriva dalle leggi d’ordine e d’armonia che governano l’intero universo mondo."
Dott. Franz Hartmann.
(Tratto dalla rivista ELIXIR per gentile concessione delle Edizioni Rebis)
[1] Un’avventura tra i Rosacroce . Città di Castello, 1926. Pag. 4 e segg.
[2] Sec. N.Richard- Nafarre ( Helena Petrovna Blavatsky, ou la Response du Sphinx, Paris 1991) avrebbe soggiornato, nell’aprile del 1885, a Torre del Greco. Anche se non documentato, sembra attendibile l’incontro e la frequentazione con Giustiniano Lebano finalizzata alla conoscenza degli ultimi gradi dell’Arcana Arcanorum di cui il gran cofto nazionale del Misraim e Memphis era il legittimo depositario.
[3] L’Io immortale.