Come dalla trama di un avvincente romanzo, affiora dagli atti di un clamoroso processo svoltosi in pieno regime fascista, una incredibile e inquietante realtà “occulta” che scuote la Roma e l’Italia “imperiali” ed esoteriche dell’epoca. La sentenza è chiara e definitiva ma la pubblicazione integrale nel 1942 della requisitoria della pubblica accusa e delle arringhe dei notissimi avvocati di parte in un volume dal titolo singolare e fortemente evocativo, “Il Processo del Mago”, alza il velo su episodi sconosciuti e verità nascoste, gravide di oscuri risvolti e imprevedibili sviluppi.
Molti interrogativi e segreti sollevati ed emersi dalla controversa inchiesta non sono stati ancora risolti né divulgati, ma un dato di fatto di valore oggettivo aggiunge una nota ulteriormente enigmatica al mistero che permea l’intero scenario: appena stampato, il libro scompare “inspiegabilmente” dalla circolazione, fino a divenire letteralmente introvabile, persino nei circuiti antiquari. Alcuni ipotizzano sia stato fatto sparire per evitare che una serie di sconcertanti rivelazioni e imbarazzanti confessioni divenissero di pubblico dominio. Da chi? Evidentemente da qualcuno che intendeva impedire la diffusione di notizie e informazioni incandescenti che avrebbero gettato un’ombra pesante sui personaggi impietosamente coinvolti in questo scandalo grandguignolesco, già definito Il Caso di Pandora, per esprimere con sardonica efficacia tutto ciò che di marcio e raccapricciante ne è scaturito. Si tratta in pratica di una tragica vicenda imperniata su una colossale quanto squallida truffa, perpetrata pro salute populi ai danni del barone Ricciardelli, un noto e facoltoso aristocratico appassionato di esoterismo, e consumata in un clima di torbidi inganni, miserie morali, grottesche menzogne e fatali illusioni. Intorno ad essa ruotano nella veste di protagonisti lo stesso Ricciardelli da una parte, e P.Pugliese, il nipote della maggiore figura rappresentativa dell’ermetismo magico italiano (G.Kremmerz, peraltro assolutamente estraneo ai fatti), dall’altra, mentre, nel ruolo di attive “comparse”, animano il palcoscenico alcuni tra i più alti esponenti degli stessi vertici della “Fratellanza di Miriam” (l’organismo iniziatico fondato dal Kremmerz medesimo), presidi di Accademie e stando a quanto il P.M. Polito de Rosa denuncia nel suo rovente j’accuse, avidi sciacalli di infima specie il cui operato sarà stigmatizzato in un monito lapidario che suona come un inappellabile verdetto: “Nessuno osi parlare di probità, rettitudine e dignità di vita, a proposito di costoro!”.
Lo scalpore e le ripercussioni del “processo del mago” si spensero nel boato spaventoso del secondo conflitto mondiale, nell’omertà colpevole e nella corta memoria di tanti. E del libro si persero tracce e ricordo. Alcune copie tuttavia scamparono fortunosamente alla distruzione e all’oblio ed è grazie proprio a uno di questi rarissimi esemplari sopravvissuti che abbiamo potuto riproporne la presente attesa e fedele ristampa, corredata da un’ampia, doverosa e obiettiva premessa storica, affidata agli stessi Autori del noto “L’Arcano degli Arcani”. Puntuale, precisa e accurata come sempre risulta in effetti l’analisi introduttiva di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo, i quali, con la loro eccellente, ancorché necessariamente sintetica prefazione, ripercorrono l’intero tragitto della scabrosa storia e dei suoi retroscena, l’eco dei quali si estese ben oltre la condanna finale, riuscendo a decriptarne e renderne intelligibili alcuni aspetti particolarmente intricati emersi dal dibattito giudiziario, altrimenti indecifrabili.
A parte il considerevole interesse bibliografico, il volume che presentiamo assume dunque un particolare valore di carattere storiografico, che oltre a colmare la evidente lacuna creatasi dalla sua lunga assenza nel panorama librario, trascende ampiamente, per vari aspetti, l’indubbia importanza della rara documentazione resa nuovamente disponibile e ci aiuta inoltre quantomeno a comprendere, più e meglio di tante sterili congetture, almeno una parte significativa dei veri motivi che spinsero il Kremmerz a manifestare sia pubblicamente, sia privatamente, le proprie profonde delusioni e amarezze di ermetista e di uomo e le esplicite riserve nei confronti della propria creatura, la “Miriam”, e la volontà o l’intenzione inequivocabile, in un primo momento, di trasformarne e rinnovarne radicalmente la struttura, per giungere poi invece alla tacita, clamorosa decisione di abbandonarla al proprio destino, senza timone né timoniere, quando, pur consapevole dell’approssimarsi della morte, non volle lasciare successori, né procuratori, né istruzioni di sorta che potessero non diciamo garantirne, ma nemmeno ipotizzarne in qualche modo la continuità. Fu vera decisione, una scelta sofferta, o frutto di rassegnazione, oppure di semplice “non volontà” di mantenerla in vita, e dunque inevitabile soluzione eutanasica? Certamente, per un padre, è sempre terribile e doloroso, probabilmente impossibile, realizzare la delusione e il fallimento del proprio progetto e decidere e determinare coscientemente la soppressione della propria “creatura”. Più semplice, e umano, quindi, lasciarla al proprio destino e alla “provvidenza”, come un bambino in una culla davanti al convento…
Inoltre, leggendo attentamente tra le righe del testo, non è difficile intuire e decifrare gli echi lontani di altri processi, che forse comportarono maggiori preoccupazioni e sofferenze per il Kremmerz e potrebbero altresì spiegare, forse, perché al momento della sua scomparsa nel maggio 1930, e così pure nei mesi e negli anni successivi, su nessuna rivista esoterica o occultistica dell’epoca, nemmeno quelle cui aveva pur collaborato attivamente (comprese “Mondo Occulto” dell’amico editore Rocco e “Luce e Ombra”, che oltre a vari articoli ne aveva pubblicato la notissima opera “La Porta Ermetica”), apparve il benché minimo necrologio o il più formale trafiletto commemorativo.
Teniamo comunque a riportare integralmente, per il valore documentale che può avere, lo stralcio di una lettera comunicataci da alcuni lettori, apparsa il 30 maggio scorso (senza smentite né commenti specifici) nel forum di un sito riconducibile a una delle varie correnti di ispirazione kremmerziana, che accenna ad altri possibili risvolti e allude vagamente a particolari inediti che potrebbero allargare il campo delle ipotesi e lasciare spazio ad altri orizzonti interpretativi, alquanto singolari:
“Faccio un esempio molto spicciolo. Borracci, in un processo rimasto famoso emise una parcella apparentemente fuori dal normale. Facile criticarlo. Ma perché un uomo famoso per la sua generosità e il suo senso di giustizia si comportò in quella maniera? Un ricercatore serio deve porsi questa domanda e prima di formulare giudizi deve cercare di capire i risvolti di questa faccenda. Verginelli e Muciaccia che furono testimoni di quell'evento dicevano che fu Kremmerz ad imporre tutte le condizioni e che i soldi della parcella andarono tutti nelle casse dell'Ordine. Fu così deciso perché gli attori che arrivarono al processo si comportarono disubbidendo a indicazioni precise di Kremmerz il quale li aveva messi in guardia che se fossero usciti dai binari avrebbero dovuto sottostare alle sue decisioni e la parcella fu la sua decisione.
Sicuramente Asclepius potrà raccontare meglio di me i fatti ma la sostanza è questa.
Rimango in attesa di poter leggere una ricostruzione storica che sia credibile e che non faccia riferimento ad atti di fede e che denotino che gli eventuali estensori abbiano un approccio scientifico e metodo rigoroso e non si prestino ad opportunismi che portino a giustificare scelte preconfezionate.” 1
Naturalmente, a margine della ristampa del “Processo del Mago”, non sono mancati, assieme ai tanti apprezzamenti, un paio di fisiologici strali ebbri di tracotante alterigia, ai quali ovviamente non rispondiamo, perché chi non ha nemmeno il coraggio di firmare ciò che scrive non merita alcuna risposta. Qualcuno, più civilmente, ha detto: “I panni sporchi si lavano in casa”. Bene. A parte il fatto che vorremmo sapere di quale “casa” parliamo, ma poi, quando mai in “casa kremmerziana” si è parlato o si parla seriamente di “panni sporchi”, se non, e con tutte le riserve e i limiti del caso, per affermare superiorità e legittimità inesistenti da parte di una corrente a scapito delle concorrenti di turno, ricorrendo a insulti, falsità e contumelie di ogni genere?
Queste e altre prevedibili, scontate e ormai noiose critiche pretestuose, assumono per noi un valore inferiore allo zero fahrenheit, anche e principalmente perché provenienti dai soliti “ignoti” adepti della Grande Operetta, ovvero da quegli errabondi epigoni del deviato kremmerzume abusivo ufficialmente rappresentato da cesellatori dell’aria fritta che il Kremmerz per primo avrebbe preso a calci nel sinedrio, o da chi vorrebbe impartirci la trita, monocorde lezioncina da supplenti maestrini della ermetica repubblica delle banane, nella quale si illudono sia stata esiliata l’intelligenza del resto del mondo. Come già abbiamo più volte dichiarato, tali ragli provocatori non ci scalfiscono, non ci interessano e non ci impediscono, né ci impediranno, di proseguire anzi con maggiore motivazione e determinazione di lavorare al nostro programma, iniziato con una serie di testi mirati a riportare dignità e luce là dove ancora oggi regna l’ignoranza, l’ipocrisia e l’ombra, e teso principalmente a contribuire in modo chiaro e disinteressato alla ricerca della verità, al di là e al di sopra delle barriere ideologiche, in un campo minato dagli interessi e dai pregiudizi di parte, nel quale, come già altri hanno dichiarato, “verità e giustizia sono state troppo a lungo cinicamente e reiteratamente violentate e delittuosamente utilizzate come strumento di potere e di manipolazione per coartare libere volontà e anime in cerca della autentica Conoscenza”.
(Tratto dalla rivista “ELIXIR” con il permesso delle Ed.Rebis).
1 - Quanto adombrato in questa lettera, soprattutto per il sistematico insabbiamento di elementi utili alla ricostruzione della realtà “occulta” della vicenda, ha sicuramente un’importanza notevole e appare del tutto verosimile che alcuni “attori che arrivarono al processo si comportarono disubbidendo a indicazioni precise di Kremmerz”; del resto la storia non è nuova e abbiamo già potuto constatare dalla realtà dei fatti come e quanto, sia in passato sia più recentemente, importanti direttive e desideri espressi e confermati in forma scritta dal Kremmerz, siano stati totalmente ignorati e traditi, paradossalmente proprio da chi pretendeva e pretenderebbe, senza diritto né merito, di rappresentarne la continuità, la parola e l’insegnamento.