Giovedì 12 Aprile 2018 presso il Dipartimento di Scienze Storiche della Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università de Cantabria – Santander (Spagna), in occasione del seminario di storia ed archeologia della religione “I luoghi ed i riti della misteriosofia italica tra Roma e Napoli”, Daniele Laganà e Luca Valentini, con il coordinamento della prof.ssa Silvia Acerbi, esporranno due relazioni concernenti la dimensione simbolica e misterica rintracciabili nelle fonti dell’archeologia e nella filosofia del mondo antico, nell’ambito dei riti riservati alle divinità del Mithra romano e del mondo egizio in Italia. Di Laganà e Valentini presentiamo gli abstract delle relazioni.
Tracce della sapienza egizia all’ombra del Vesuvio,
tra fonti archeologiche e conoscenza ermetica
a cura di Daniele Laganà
Tempio di Iside a Pompei
Il tempio di Iside a Pompei e le megalografie della cosiddetta “Villa dei Misteri” sono il punto di partenza di un viaggio tra i simboli e l’esperienza dei culti isiaci e osiridei. Le architetture sacre, la statuaria, le pitture parietali, gli oggetti religiosi sono i punti di riferimento di un cammino che si svolge, da un lato, nella dimensione eterna dell’Anima, alle radici del senso del Sacro; dall’altro, nello spazio e nel tempo, sulle tracce dell’antica Sapienza egizia che, come un fiume carsico, è giunta fino a noi influenzando le concezioni spirituali dei più diversi popoli. A Parigi, Aquisgrana, ma soprattutto nella Napoli alessandrina, con i suoi ipogei e il culto dei morti, il mito di Iside e Osiride è stato trasmesso attraverso le opere di Filosofi e “Artisti” quali Giordano Bruno e il principe Raimondo de Sangro. Come ci suggerisce Aristotele, alle cerimonie misteriche non si andava per apprendere una qualche conoscenza, ma piuttosto per trarne una intensa esperienza dell’Anima, a cui faceva seguito un profondo cambiamento interiore. Non è forse questo lo scopo della Ricerca alchimica che ha affascinato tanti uomini illustri e che ancora attrae? Secondo un’antica massima magico – ermetica, per conoscere realmente qualcosa, bisogna divenire quella cosa stessa. L’uomo antico, così come quello di oggi, con l’interesse verso la Sapienza ermetica, si avvicinava alle cerimonie misteriche con l’intento di sollevare il velo che nasconde l’enigma della morte. Tutta l’antica Sapienza egizia, attraverso le sue complesse descrizioni dell’aldilà, era affascinata dall’Idea di fornire all’Uomo uno strumento per risolvere, ancora in vita, l’enigma degli enigmi. Bisogna tenere bene a mente questo anelito interiore quando si scava nel passato dell’umanità: solo in questo modo saremo capaci intendere veramente il linguaggio attraverso cui questo passato ci parla.
I luoghi del mitraismo romano e l’escatologia misterica
a cura di Luca Valentini
Mitreo a Santa Maria Capua Vetere
Nel corso della millenaria storia di Roma molte forme misteriche si sono affacciate, relazionate ed anche scontrate con la religiosità autoctona e con la sensibilità sacrale dell’ecumene greco – romano così come concepito da un Adriano o da un Giuliano. Attraverso la descrizione di tre siti archeologici – i mitrei di San Clemente, di Felicissimo di Ostia antica e di S. Maria Capua Vetere – espliciteremo come il nume della Luce, sin dai primordi della cultura vedica ed indoeuropea, sia stato connesso alla più profonda anima spirituale romana. Nell’architettura, nella simbologia astrologica ed ermetica, nella filosofia neoplatonica (in particolare tramite l’insegnamento di Porfirio) che necessariamente ritroveremo nella disamina misterica di Mithra, analizzaremo come errata sia stata la decifrazione di voler accostare il mitraismo romano al cristianesimo, ponendoli a volte in contrasto, a volte in contiguità, avendo tale escatologia una valenza a – religiosa. Gli iniziati al dio che nasceva dalla pietra non praticavano alcun culto devozionale, ma, altresì, perseguivano una palingenesi interiore che aveva il fine di risvegliare il nume solare dentro di sé, identificandosi con esso. Lo iato che naturalmente si presentava tra credente e divinità, nella religiosità cultuale, popolare e pagana quanto nell’emergente cristianesimo, si risolveva con pratiche magico – teurgiche, secondo le quali l’uomo, il mondo e l’ente erano una medesima ed unica realtà, che solo la dimensione fenomenologica rifrangeva differenziandoli. L’ àgnostos theòs, infatti, era il dio indicibile, sconosciuto, occultato, nato dalla stessa pietra filosofale degli alchimisti, come lo pseudo – Democrito, Zosimo e Olimpiodoro, che nella propria ritualità inverava l’acronimo VITRIOL (“Visita Interiora Terrae, Rectificando, Invenies Occultum Lapidem”), quale fondamento di quella sapienza apollinea che in Mithra, in Platone, a Delfi e a Roma ritrovava tracce convergenti. Non casuale, infatti, sarà un ultimo riferimento ad un quarto sito archeologico, la famosa tomba di Virgilio, sita nella zona di Mergellina a Napoli, sotto la quale è stato rinvenuto un mitreo. Gli antri sotterranei, la comprensione filosofale del platonismo, la dimensione esoterica della sacralità romana nelle sue componenti orfico – pitagoriche, così come espressa nel canto VI dell’Eneide di Virgilio, ci permetteranno di comprendere la profondità noetica della misteriosofia italica, che nel Mithra romano, quale novello Marte, riattualizzava l’arcaica (ed arcana) sfera numinosa dell’Urbe.
(Ringraziamo Ereticamente.Net per la collaborazione)