Ogni fratello ascritto alla nostra Scuola rappresenta un numero, un anello della catena, la quale altro non è che la concatenazione di numeri, di più individui. Tale catena diventa terapeutica per volontà ed unicità degli scopi a cui mirano tutti i suoi componenti. Vi sono parecchi metodi per sviluppare se stesso allo scopo di portare l'aiuto richiesto ad un infermo. Uno di questi metodi è il seguente:
"Chi vuole chiamare a sé la corrente terapeutica della catena, deve, anzitutto, comprendere il valore dei cosidetti Carmi. All'uopo diremo che in Magia si usano formule antichissime che sono passate, con la tradizione orale, da generazione a generazione, sotto forma di scongiuri. Detti scongiuri sono costituiti da brevi cantici, da strofette composte di parole che, deformate dal lungo uso e dalle lunghe tradizioni orali, sono giunte a noi come parole che non appartengono a nessuna lingua. Questi "scongiuri" sono appunto i Carmi di cui parliamo, e sono destinati all'evocazione di forze che sono presso di noi, ossia di forze magnetiche individuali che, si direbbe quasi, allungano i loro tentacoli verso la corrente magnetica della catena alla quale si attaccano.
Come si vede quindi, trattasi quasi di un fatto meccanico, poiché i Carmi sono "vitalizzati" dall'uso che di essi si è fatto. Essi vanno mandati a memoria e, se si scrivono, si debbono bruciare dopo averli usati, e ciò ad evitare che, per la stessa meccanicità del loro funzionamento, possano essere male adoperati da inesperti che per avventura avessero a prenderne conoscenza. I Carmi servono a sviluppare il magnetismo personale, si applicano ed influiscono anche sulle medicine da somministrare agli infermi, o su di un oggetto, un panno di loro pertinenza. I Carmi essendo "valorizzati", non si pronunzieranno mai inutilmente. Per fare comprendere meglio il valore dei Carmi aggiungerò che nella religione cattolica si sente spesso ripetuta la frase: "Verbum caro factum est": ciò risponde al concetto magico-fisico della potestà dell'articolazione di una parola. Nell'epoca contemporanea abbiamo assistito ad un'invenzione grandiosa, ossia all'invenzione del fonografo. Come si registra la voce umana? Come si riproduce? Uno strato sensibile incide su di sé la forza fisica e fonica per poi riprodurla.
Se questo fenomeno si è verificato nel campo fisico dell'industria, sorge spontanea la considerazione: pronunciando di fronte ad un apparecchio fonografico ricevente una parola qualsiasi, questa lascerebbe subito la sua impressione; ma se al posto di tale apparecchio vi fosse qualche cosa di invisibile, che emana da tutti noi in stato di perfetta attenzione o di estasi, e che registrasse la parola pronunziata, questa non andrebbe perduta. Se questo nucleo invisibile paradossalmente esistesse non potrebbe anche scaricarsi e pronunziare la stessa parola, magari più attenuata, quando non fosse presente chi l'ha pronunziata? Dunque la parola ha avuto un'efficacia magicamente naturale, come nel campo fisico è stato constatato. Trenta o quaranta anni fa non si sapeva se il fonografo potesse o dovesse esistere, così posso anche paradossalmente annunciare che in un certo tempo futuro, passando dall'esperienza nota all'ignota, è possibile la scoperta di un quid, di un qualche cosa di pratico che riceva, conservi e riproduca i suoni parlati.
Ed allora il "Verbum caro factum est" acquista un principio di valore meccanicamente realizzato in tutto ciò che è ambiente sociale e quindi in tutto ciò che particolarmente può ricevere l'influsso dell'azione fisica articolata dalla voce quale noi la emettiamo.
Tutto ciò gli antichi avevano già intuito, ed i loro Carmi erano stati costituiti e fatti con una regola fonica che non segue le leggi visibili e meccaniche, ma la conoscenza di un’altra forma meccanica invisibile che non era, ne è, in possesso della plebe, ma costituiva il potere di un gruppo, del gruppo sacerdotale. Ciascuna articolazione corrisponde ad una vibrazione: le vibrazioni sono analogiche a tutto ciò che è sensibile nella natura di questa ideale materia che dovrebbe impregnarsi dell'azione della articolazione fonica. E siccome noi individui siamo degli organismi che abbiamo in noi anche una materia invisibile, insondabile, ma molto delicata, per mezzo della quale riceviamo le impressioni più delicate, meglio di un qualsiasi fonografo, chi dice che le articolazioni foniche ricevute da questa pasta invisibile non vadano a scaricarsi e ad essere assorbite dalla psiche di ciascun individuo che ne riceva direttamente o indirettamente le impressioni?
Allora i Carmi hanno una virtù anzitutto fisica, perché le parole scandite, le sillabe, i suoni generatori, le vibrazioni in quel tale campo astrale della natura umana in particolare, e terrestre in generale, a prescindere dal lato iperfisico, diventano attivi in maniera concreta, matematica, precisa.
Questa è la teoria dei "Carmi". Quando si dice che il "Mago" sa pronunziare la parola, significa che il Mago sa la parola segreta, occulta. Questo nell'ordine della filosofia volgare. Il Mago sa la parola che crea, sviluppa, agisce, uccide. Questa parola l'ha conservata in sé perché, quando la pronunciasse facendo partecipe altri della qualità e della forza di quel suono, perderebbe la sua potenza. Di qui la necessità del silenzio, del segreto.
Ordinariamente il valore del Carme si vorrebbe, dai principianti, vedere sensibilmente, come, ad esempio, se pronunziato di fronte ad un bicchiere d'acqua questa dovesse bollire o si dovesse colorare. Invece, in genere, in magia, specie per il principiante, questo è un assurdo. Ho già detto, e vi insisto, che la pronunzia dei Carmi è parte necessaria per l'effetto che si vuole ottenere. Emettendo il respiro, ad esempio, un Carme ha una virtù che invece non ha, o ne ha una diversa o contraria, se pronunciato aspirando parola per parola. Vi sono dei Carmi che richiedono la pronunzia tirando il fiato, ingoiandolo; ginnastica questa un poco difficile, ma alla quale, se fatta diligentemente, ci si abituerà. Vi è, per esempio, un Carme per guarire i dolori reumatici, articolari; se lo si pronunzia in modo differente da quello indicato, li fa invece venire. Da ciò la necessità di abituarsi a certi modi di pronunzia.