Sono trascorsi quasi 50 anni dalla prima edizione ( 1967) de I Misteri dei Templari di Louis Charpentier per l’editrice Laffont di Parigi1. Il testo da cui molti sono partiti per le proprie ricerche sull’Ordine del Tempio evidenziava con il capitolo XX una storia segreta dei monaci-cavalieri per altro già sottintesa, senza reticenze, nel titolo. Venne così, un po’ per” fede “e un po’” per fascino” a crearsi un mito che ancor oggi chi non ha occhi per vedere ed orecchie per sentire , continua a nutrire, spesso sostenendolo con pubblicazioni di nessun spessore scientifico, ma rispondenti solo a logiche di mercato. Di volumi simili se ne potrebbero citare molti e per la verità già nel XVIII e XIX secolo l’argomento templare artatamente deformato, fu falsato e asservito a fantomatici scenari apologetici circa le origini e “ mandati” di logge massoniche ed organizzazioni pseudo occultistiche. Allargando il concetto, possiamo affermare, senza tema di smentita, che ogni storia, romanzo, servizio giornalistico, monografia, pamphlet etc. incentrato sul medioevo (e non solo) è stato reso più appetitoso per il palato di bocca buona dei misteriofagi, mistificando la verità storica del Tempio, usandolo e…consumandolo.
Tante, poi, le pubblicazioni ormai sul mercato sui Templari e le bizzarrie sul preteso esoterismo templare;per tutte Il Codice da Vinci di Dan Brown con la mole di sciocchezze e falsità paragonabili solo all’enorme successo economico. Ma cos’è, esattamente, l’esoterismo templare, sovente confuso con il templarismo? Per il citato Charpentier, che non menziona fonte o documento alcuno, i Templari ( i cavalieri di alta gerarchia ed alcuni dei monaci) si riunivano in case o magioni dove adoravano idoli tra i quali il più famoso era il Baphometto, cinto e toccato dai cordoni dei celebranti il rito e teste ( Caput) di materiale vario, crani umani compresi, con i quali praticavano operazioni segrete finalizzate alla realizzazione della Grande O pera da parte degli adepti a questo occulto ordine travestito da abiti monacali. La produzione alchemica dell’oro ne era la tappa successiva; i Templari, infatti, erano ricchissimi e occultarono i loro tesori in luoghi segreti, variamente individuati nel tempo, che ancor oggi muovono frotte di furbi e di ingenui sprovveduti. Un certo simbolismo esteriore mediante l’architettura, l’innovazione del gotico, il Baphometto etc. sottendeva allora un lavoro interno orientato alla trasformazione del monaco-cavaliere in alchimista e, quindi, alla produzione dell’oro ( materiale o filosofico?). Tali segreti di”produzione” inoltre, erano stati appresi in medio-oriente, trascritti in misteriosi documenti celati nei sotterranei della moschea di Omar… Continuare a sostenere ancor oggi tali pittoresche bizzarrie è patetico e quando ciò obbedisce a richieste di mercato è più correttamente “peripatetico”. Prima di parlare di architettura e di simbolismo sacro occorrerebbe capire di quale architettura o simbolismo si parla; lo stesso e a maggior ragione, dicasi per l’alchimia che, quasi dentifricio universale, viene da tanti usata per sciacquarsi la bocca, senza sapere cos’è, e… tanto, tanto ancora si potrebbe puntualizzare, in relazione al fatto che in questo genere di affermazioni vige l’assoluto rifiuto a basarsi sulle fonti storiche. Vedremo, poi, come tutto questo può essere strumentale di un certo tipo di volontà. Le origini di quello che un giorno diventerà il potente ordine monastico-cavalleresco dei Templari, rimontano all’epoca della I crociata, esattamente al 1118, sotto il regno di Baldovino II. Un gruppo di nobili uomini d’arme francesi capeggiati da Hugh, signore di Payns, un piccolo villaggio ad una quindicina di chilometri da Troyes 2, nella regione dello Champagne, chiede ed ottiene dai Canonici Regolari del S. Sepolcro di vivere in comunità monastica secondo la regola di S. Agostino. Questi uomini, quasi certamente spinti da un desiderio di cambiamento, forse dettato per alcuni, dall’espiazione per peccati o delitti commessi in patria, rinunciavano alla propria essenza di guerrieri , ai protagonismi di una guerra “ visibile o esibita”3, ai propri averi e condizione sociale per seppellirsi nel buio di una cocolla. La vita mistica e contemplativa imposta dalla Regola crea una piccola comunità di ex uomini d’arme (Godefroi d’Adhemar, Roland, Pagan De Mont-Didier, Arcimbald De S. Amand, Godefroi De S. Homer , Goffrey Bisol, Hugh De Champagne ex feudatario del De Payns)4 che rappresenta il momento della loro catarsi, anche se fortemente intriso di misticismo cattolico cristiano. Prendendo a prestito un termine dell’operatività al chemica, potremmo parlare di questa fase come della nigredo o Opera al nero, lavoro obbligato per la dimensione che li attenderà poco dopo. La Regola di S. Agostino consentiva alle comunità laiche di raccogliersi attorno ad un religioso e di condurre un’esistenza il cui tenore fosse scandito dai voti di povertà, castità e carità e che avesse un fine operativo da ricercarsi in un’attività manuale o contemplativa ( lavori muratori, artigianali vari, assistenziali, di trascrizione degli antichi testi patristici etc.). Tuttavia, se è vero che l’abito non fa il monaco, tanto più difficile è nascondere una cotta d’arme sotto un saio. In breve, prima che la ruggine avesse ragione delle loro spade, la vera natura di questi personaggi riemerse in tutta la sua dignità, forse con finalità confuse e poco chiare, ma in modo vivo e prorompente5. Pietas e virtù cristiana ammantarono il nucleo profondamente pagano dell’ideale della cavalleria guerriera6 Un sofferto compromesso portò la Chiesa a legalizzare l’uso delle armi da parte di questi uomini che non erano più guerrieri, né monaci, ma monaci in arme, una nuova identità per questi figli della crociata. Santa Romana Chiesa inconsapevolmente e pericolosamente, riscopriva la fatalità della funzione guerriera7 che già Esiodo nel mito de Le Età del mondo aveva storicizzato come “Eroi della IV razza”8 concetto questo che riproponeva il pensiero indo-europeo che il mondo e la società possono esistere solo se c’è un concorso armonioso di sovranità, forza e fecondità. Il sostegno di Bernardo di Clairvaux con una regola fortemente permeata di obbedienza e misticismo mariano e la ratifica del concilio di Troyes del 1129, realizzavano un potente richiamo “ mediatico” di uomo in arme che, proponendosi come cardine fondamentale dell’ordinamento del mondo dell’epoca, rifletteva adeguatamente l’ideale di spiritualità dell’Occidente. Dal 1147, i successi militari del Tempio, diventato una potente macchina da guerra nell’Oriente latino, non si contano più. Ovunque in Occidente crescono i consensi, le ricezioni, le donazioni, i lasciti e, quindi, il patrimonio del Tempio. Irrinunciabile diventa la sua abilità diplomatica e politica. Si delinea sempre più nitidamente la sua duplice anima: Bianca e guerriera in Oriente, Nera e imprenditoriale in Occidente. Ad ogni creazione corrisponde una necessità.
In particolare è sul campo di battaglia che i Templari incidono profondo il solco nella storia. La loro irruenza, il coraggio, la dedizione totale alla causa non conoscono uguali in tutto il mondo cristiano. L’attenzione costante alla Vergine, la cadenza quotidiana della preghiera e del silenzio, la messa o il raccoglimento precedente lo scontro, la futilità della vita recuperata dopo ogni agguato della morte, realizzavano, inevitabilmente, quello che in alchimia è il separando lunare, la capacità di dinamizzare il proprio essere animico-emozionale affinando le antenne della propria sensibilità o interrompendone temporaneamente la funzione. Tale forza presupponeva una costante purificazione che passava, quasi a ricalcare la fatalità della funzione guerriera sopra esposta, per l’esaltazione della forza spirituale, per l’obbedienza e la fedeltà, per la condotta nobile ed onorevole9. Al pari degli Ismaeliti, i temuti nemici di facciata, essi non credevano in un paradiso ( dal sanscrito- caldeo paradesha: -desha il luogo e para che è al di là) che non crescesse all’ombra delle spade. La tensione, quando non vera e propria angoscia nell’imminenza dello scontro, le grida del nemico, il sibilo delle frecce sopra le proprie teste, le percussioni cadenzate dei tamburi, i nitriti dei cavalli, lo sfavillio delle lame alla luce del deserto, le urla dei feriti, le mani e la propria spada intrise di sangue altrui, il suo odore acre mentre rapprende spesso erano gli elementi scenografici all’interno dei quali il guerriero sperimentava fisicamente il suo sdoppiamento10. Il suo uomo storico veniva estratto come in un processo di distillazione, in tutta la sua essenza eroica o nella più desolante vigliaccheria. La condizione raggiunta da quei monaci che si erano convertiti attraverso il modello cristiano alla Guerra Sacra ,era forse paragonabile a stati sovrasensibili, di più evoluta spiritualità, che più tardi come Eroici furori verranno descritti dal Bruno. Questo corpo lunare-mercuriale così mobilizzato agiva fuori del corpo saturniano, vincendo tutti gli attriti del principio di conservazione, annullando tutte le sollecitazioni, dalla fatica al dolore acuto, a volte rinunciando ad accettare l’inerzia di un corpo morto. Lo scontro diventava in tal modo un simbolico laboratorio alchemico che trasformava il ferro degli adepti in, per dirla con i Papi ed i predicatori dell’epoca, oro tre volte provato e sette volte purificato nel fuoco 11 . La fede cristiana, come accennato, nonostante le finalità contingenti di una guerra contro l’infedele , permise ignara, all’antica tradizione eroica della cultura mediterranea di riaffiorare e di selezionare una schiera di iniziati al di qua e al di là del colore della pelle e del credo religioso. Costoro continuarono a combattere una Guerra Santa anche quando gli esiti sfavorevoli della stessa erano scontati, perché essa non poteva giudicare e ricompensare i suoi attori che in un’altra dimensione, quella appunto del paradiso, il luogo dove giungevano i Corpi di Gloria dei caduti in battaglia. Si trattava, in definitiva, in termini psicoanalitici di un archetipo12 intimamente connesso all’antica ed originaria cultura indo-europea per altro già espressa in miti e leggende di tante tradizioni mediterranee, che basava la sua fatalità o fine sulla volontà, la forza intelligente ( il Mars romano o gli eroi di Atena di Esiodo), la perseveranza. Anche e soprattutto per il profilo religioso, questa cultura osava la ricerca del soprannaturale ed il contatto con la divinità con le armi alla mano, individuando nelle figure del guerriero e del sacerdote i poteri assoluti di questi valori ed i riferimenti indiscussi del proprio divenire. In quanto tale, questa tradizione non dubitava delle guide capaci che si era scelte e attraverso di esse cercava i segni ed i presagi divinatori che Dio per loro tramite, mandava. In sintesi, il motto latino Si sedes non is, si non sedes is esprime bene il carattere positivo ed osirideo di questa tradizione. Il cavaliere templare, sperimentando man mano nella liturgia operativa della guerra e della meditazione appena interrotta dalla preghiera o atto di fluidificazione della volontà, maturava consapevole o non, una trasformazione che al tempo stesso aveva valore di richiamo o ritorno dall’astrale di una coscienza antica o ente o eone che non potrà mai morire e che ricalca le scene della storia tutte le volte che i due archetipi del re e del pontefice ( o del guerriero e del sacerdote) vengono richiamati dall’umanità. Questo è quanto può dirsi a nostro avviso, esoterismo templare che, analogamente a quello della crociata deve essere letto non tanto economicamente, socialmente, politicamente, ma…prevalentemente in chiave spirituale, altrimenti non risulterebbero comprensibili atteggiamenti e scelte di un’ epoca erroneamente definita oscura ed emarginata nel contesto restrittivo e dispregiativo del termine “medioevo”. A tal proposito ci si chiede se non sia strumentale di una certa volontà che definiremmo controiniziatica, il dirigere la Cerca dell’esoterismo o spiritualità templare, su binari morti di improbabili e bizzarri obbiettivi esteriori e volgari. Nell’identificazione dell’autentico Secreto messaggio del Tempio, si basa anche la sua attualità e la possibile temuta riproposta nel mondo contemporaneo che non può essere, per ovvii motivi, né di ispirazione cattolico-cristiana, né tanto meno associativo goliardico o caritativo assistenziale con esibito paludamento carnevalesco. Sarebbe ora di restituire all’Ordine la dignità che gli è stata tolta e a chi vorrebbe riportarlo in vita, la responsabilità marziale di un suo ritorno dalle quinte del palcoscenico della storia.
“Chi si aggrappa alla vita muore Chi sfida la morte vive. La cosa essenziale è la mente. Guarda in questa mente, prendine saldamente possesso E capirai che c’è Qualcosa in te che è al di sopra della nascita e della morte, Qualcosa che non annega nell’acqua e non brucia nel fuoco”
( Kenshin Vyesugi, XVI secolo )
“C’è un grado di elevazione che non dipende dalla fortuna… per questa qualità noi otteniamo la deferenza degli altri uomini, questa qualità ci innalza sugli altri, più della nascita, della dignità e del merito stesso. Né il sole, né la morte si possono guardare fissamente”
( Luigi XIV, il Re Sole)
Note:
1 Del 1971 è la prima edizione italiana per la casa editrice Atanor.
2 Per Hugh De Payns e le origini dell’Ordine v.si Marquis D’Albon Cartulaire general de l’ordre du Temple1191120,Parigi 1913,p.99. T.Leroy Hugues de Payns,Saint Savine 1997,p.30. C.Guzzo Hugo Di Payns e la nascita dell’Ordine dei poveri cavalieri del Cristo in PAVALON.(Laboratorio di Studi Templari per le Province Meridionali) Atti del I Convegno Nazionale, Manduria 1999, p.11 e segg.
3 A proposito della guerra antica o visibile o esibita in quanto basata fondamentalmente sul duello e sullo scontro a due, per lo più tra contendenti di pari dignità. A. Scurati Guerra. Roma, 2003, p. 123 e segg.
4 Questi i nomi che ci sono stati tramandati. Secondo Michele Siriano, essi erano in numero di trenta. Per Guglielmo De Vitry erano solo in nove. E. Burman I Templari, Firenze, 1988, pp. 12-14.
5 L’occasione venne a seguito dell’ennesima strage di pellegrini. Nella Pasqua del 1119, si contarono circa 700 morti cristiani trucidati dai mori ad Ascalona. Rif. In Alberti Aquensis Istoria Hierosolimitana in Recueil des Historiens des Croisades.Parigi 1844-1895, vol.IV,p.713.
6 La cavalleria guerriera la più tenace forma di sopravvivenza, in età cristiana, del culto pagano della felicità terrena, intendendo per questa l’idea di perfezione virile, il concetto autorealizzante di una bella vita che riesce ad apprezzarsi nella scoperta che la guerra le fornisce, della sua illusione. J. Huizinga Autunno del Medioevo Milano, 1995, p.99. Il concetto è ripreso e” corretto” da Scurati nel cit. Guerra a p.112.
7 Il guerriero è un dio in quanto è l’unico che può violare l’ordine extraumano, che è inflessibile ed assoluto, e come tale è esposto al peccato. Per la sua funzione e per il bene generale egli è costretto a commettere peccati. Il suo è un destino tragico non tanto perché è votato alla morte, ma perché la sua vita si può compiere solo nella violenza e la sua originaria vocazione alla purezza lo condanna al peccato. G. Dumezil Le sorti del guerriero Milano, 1990, p.179 e segg. A. Scurati , cit. p. 21 e segg.
8 Ovverosia “Protetti di Atena”stando al mito delle Età del Mondo ( Esiodo Le Opere e i Giorni) . I guerrieri che acquistano l’immortalità in quanto giusti e valenti ( in contrapposizione con gli uomini dell’Età del bronzo” rozzi e bruti, figli di Ares). A. Scurati, cit. p. 43.
9 Dumezil a proposito dei peccati, indica per il Guerriero il sacrilegio, la perdita della bellezza o adulterio, la viltà e la condotta lesiva dell’onore. G. Dumezil, cit. p.67 e segg. 10 N. Tessore La mistica della Guerra Roma, 2003, p. 150 e segg. 11 Rif. in J.Evola Metafisica della Guerra Villa S.Giovanni, 2001, pag.50 12 Gli Archetipi sono l’immagine primordiale di determinate esperienze umane che esistono nell’inconscio collettivo e che si possono manifestare alla coscienza sotto forma di simboli. Sono strettamente connessi agli istinti, sono ereditari e si manifestano nelle produzioni artistiche delle diverse culture umane.
G.F.M. di CastelCampanile – Confraternita Cavalleresca del V Vangelo