1 - Lei è conosciuto ed apprezzato dal grande pubblico e dagli specialisti come un esperto filologo grecista e come valente interprete del teatro iniziatico. Nelle sue opere sulla Sapienza antica è, però, sempre presente un continuo riferimento a Giorgio Colli: quanto la sua personalità ed i suoi insegnamenti hanno influenzato la sua formazione interiore e filosofica?
Giorgio Colli è stato uno degli incontri fondamentali della mia vita, e mi ha iniziato alla consapevolezza che il mondo è espressione di qualcosa di nascosto. Inoltre mi ha introdotto a una lettura in chiave mistica dei Sapienti greci, ben diversa da quella intellettualistica e riduttiva propria delle varie vulgate accademiche in voga negli anni Settanta (marxismo, strutturalismo eccetera); a partire da questa visione ho sviluppato le mie ricerche approfondendo in particolare il rapporto tra Sapienza greca, sciamanesimo eurasiatico e sapienza orientale. Colli era inoltre un esempio di assoluta noncuranza nei confronti dei cerimoniali conformistici del mondo culturale: io mi sono mosso in maniera ancora più radicale.
2 – A Giorgio Colli dobbiamo uno sguardo più attento sui Sapienti pre – socratici, su Platone, su Nietzsche, quali rappresentati di un’intuizione, di un’espressione quasi sciamanica: a suo parere, negli studi della tradizione arcaica e filosofica, quanto è attuale ed importante l’insegnamento di Colli?
Direi che resta un punto di riferimento ineludibile per qualunque approccio rigoroso alla Sapienza greca, a Platone, a Nietzsche. Il rapporto tra Sapienza greca e sciamanesimo era solo accennato nelle sue opere, e ho cercato di approfondirlo in particolare nello studio di Parmenide e Empedocle.
3 – In una sua opera intitolata “Sulle tracce della Sapienza”, pone una decisa e precisa dicotomia su ciò che debba intendersi per Sapienza e ciò che costituisce l’ambito specifico delle analisi filosofiche: può spiegarci meglio il suo intendimento in proposito?
Sapienza è un modo di essere, filosofia un modo di pensare. Il sapiente incarna la verità in quanto esperienza diretta, il filosofo ne fa un oggetto di pensiero e di ricerca. Parmenide, Eraclito, Empedocle erano più simili a Buddha che non a Spinoza, Kant o Schopenhauer, per citare i migliori tra i filosofi occidentali.
4 – In Italia, Lei è stato il primo traduttore degli Oracoli Caldaici, che ora sono stati nuovamente ristampati per Bompiani: nell’introduzione e nelle note la metodica ermeneutica si differenzia da quella più schiettamente accademica, come mai?
Perché io ho esperienza di magia e misticismo mentre gli studiosi accademici no, e per capire la teurgia occorre avere esperienza di magia e misticismo, altrimenti si trasforma una pratica spirituale in un esercizio intellettuale.
5 – Recentemente, in una recensione apparsa su Il Foglio, in riferimento alla nuova pubblicazione degli Oracoli Caldaici, severe riserve sono state poste circa l’ambito teurgico con riferimento alla dimensione sciamanica, ricollegandolo a manifestazioni degradate tipiche di un basso occultismo: quale è il suo punto di vista in merito?
La vicinanza tra lo sciamanesimo e la teurgia è un dato di fatto, anche perché elementi della tradizione sciamanica sono ben presenti, oltre che nella ritualità (si pensi ai culti dionisiaci e ai Misteri Eleusini), nella cultura sapienziale ellenica, dal Proemio al Perì Phýseos di Parmenide a ciò che ci resta del sapiente-sciamano Empedocle, e la figura del docheús, il nostro medium, che compare negli Oracoli Caldaici non differisce molto da quella dello sciamano. Credo che Giuli faccia parte di un certo esoterismo rigido di cui sovrabbondano alcune congreghe nostrane, incapace di cogliere il respiro autentico, igneo e immaginifico, oltre che rigorosamente metafisico, della Sapienza teurgica per eccesso di algoritmi pseudo – evoliani.
6 - Nella medesima recensione, una nostra foto scattata in occasione della presentazione degli Oracoli Caldaici nella sala consiliare di Lerici, è stata oggetto di forte critica circa l’abito che ha indossato per la declamazione dei frammenti, paragonato ad una coperta termica di solito in uso per l’accoglienza dei migranti: riteniamo si imponga una chiarificazione da parte sua, non trova?
E’ un articolo malriuscito, specchio del degrado di certo giornalismo contemporaneo, che scimmiotta lo sgarbismo e la tendenza al pettegolezzo e all’insulto personale propri di molta televisione. Quando Giuli parla di “sedicenti sciamani alle prese con “il fiore dell’intuire” ce l’ha evidentemente con me, perché così traduco “nóou ánthos”, restituendo a nóos il riferimento al vedere, intuire, che gli è proprio, differenziandomi dalla traduzione vulgata, troppo “intellettuale”, con “intelletto”. Invece di entrare nel merito del libro, con una certa pressapochistica supponenza si ingegna maldestramente a caricaturare la mia persona, agganciandosi all’immagine pubblicata su Internet da Ereticamente, che mi ritrae mentre interpreto performativamente gli Oracoli Caldaici in sala Consiliare a Lerici indossando un abito dorato; che non è ” una specie di mantello dorato che sembra una coperta termica di quelle con cui vengono soccorsi i feriti o i migranti intirizziti dopo lo sbarco” (anche nei confronti dei sofferenti il giornalista del Foglio manca di rispetto), ma un abito di scena di uno spettacolo teatrale di cui fu regista e interprete Irene Papas, la più grande attrice greca di tutti i tempi, che me ne fece dono personale in un periodo in cui collaborammo. La scelta di un abito dorato è consona alla sapienza della luce che viene chiaramente evocata in frammenti degli Oracoli Caldaici (per esempio: “libere luci”, “cosmo solare, luce totale”, “affrettandoti verso il centro della luce risonante”, eccetera), e dunque è una scelta meditata e coerente. E poi, oltre che filologo e grecista, sono anche da più di 30 anni regista teatrale e attore-performer, e associo al rigore filologico nella traduzione e hermeneía dei classici una pratica di comunicazione creativa dei medesimi, per sottrarli al grigiore con cui troppo spesso li impolvera certa accademia: per esempio, ho letto frammenti di Eraclito in un supermercato a Genova, collaboro con musicisti nell’unire la voce di Eraclito, Parmenide, Empedocle con musiche adeguate; dirigo una compagnia di Teatro Iniziatico, ovvero teatro rituale, specializzata in messa in scena di tragedie greche e azioni ritomoderniste. Dire di me, definito “un signore attempato e biancheggiante” che “…dava l’idea di un gianduiotto mezzo scartato e mezzo no”, rivela un immaginario infantile e decisamente strapaesano.Insomma, il buon Giuli mi sembra un Cerbero bacchettone nei confronti di chi osa restituire vita e ritualità, seppure per accenni, a testi potenti, suggestivi, ieratici, la cui lettura da me performata è stata vivamente apprezzata da tutti i presenti, sia a Lerici che nella libreria Feltrinelli di Pisa dove ho presentato il libro.
7 - Sempre sugli Oracoli, una certa ermeneutica cattolica, li ha spesso ricollegati al neoplatonismo, quale espressione puramente filosofica, intellettualistica che preannunciava la seguente espressione devozionale della Patristica: quanto c’è di vero in tale interpretazione?
Molto giovane, incontrai a Parigi un grande studioso benedettino di Neoplatonismo, Saffrey: per lui gli Oracoli erano testi desunti dal Neoplatonismo. Per me erano la base esperienziale, misterica, di una cerchia sapienziale che respira aria e talora parlava la lingua platonica e neoplatonica, ma viveva una esperienza radicale e iniziatica che stava alla radice di certo Neoplatonismo, che della medesima esperienza costituiva la declinazione intellettuale.
8 – In tutte le sue opere, dalle memorabili Visioni di Zosimo fino ai recenti approfondimenti sui Misteri di Eleusi e l’Orfismo, ha sempre ricollegato l’ambito iniziatico arcaico con la simbologia ermetica e con una seria comparazione con le dottrine orientali: anche Lei è convinto dell’unicità della Sapienza?
Certo, da Oriente a Occidente, dall’Artide all’Antartide, l’esperienza sapienziale di base è quella dell’unità di tutte le cose, che viene declinata con diverse immagini e linguaggi in Eraclito, Parmenide, Empedocle, Buddha, nell’Induismo, nello sciamanesimo sudamericano, in quello inuit, e così via.
9 - Lei è un grande amico di Gabriele La Porta, straordinaria personalità della cultura esoterica, a cui i lettori di Ereticamente sono particolarmente affezionati: quanto la sua passione per Giordano Bruno, per l’Ermetismo, per il Rito misterico di Dioniso, l’ha “contagiata”?
Oltre che essere uno studioso, Gabriele rappresenta l’ultimo baluardo della tradizione sapienziale dionisiaca e ermetica nei mass-media televisivi: dopo di lui si è ritornati, in TV, salvo rarissime eccezioni, al solito intellettualismo culturale e salottiero, assolutamente contro – sapienziale. Ne condivido la passione per Giordano Bruno e per Dioniso, che anche Colli definì come il dio da cui comincia la Sapienza.
8 - In conclusione, è un nostro preciso dovere ringraziarla per la disponibilità a realizzare questa intervista, ma soprattutto per le tante sintesi che abbiamo potuto redigere circa i suoi corsi seminariali sulla Sapienza Antica, che si sono svolti a Sarzana e che hanno avuto un seguito sorprendentemente positivo. Sappiamo di un testo su Pitagora e di altre iniziative in preparazione: vuole accennarci qualcosa?
Grazie a voi per lo spazio dedicato. Al momento mi sto dedicando alla stesura di un volume su Pitagora e lo sciamanesimo greco, che si collega a Eleusis, Orfismo: i misteri e la tradizione iniziatica greca, che ho pubblicato con Feltrinelli che sta avendo buon successo. E sta per uscire con Agorà editore un mio volumetto, Guardare negli occhi la Gorgone: piccolo vademecum per attraversare le paure, di carattere psicoanalitico (junghiano) e esperienziale. Vi tratto tra gli altri, di Abaris, Aristea, Melampo, Epimenide, ma anche dei culti dionisiaci e della tradizione oracolare, e ovviamente di Pitagora. Accanto alla scrittura, svolgo in conferenze e seminari e performances di vario genere una intensa attività di comunicazione orale della cultura greca delle origini, dai Misteri eleusini all’orfismo ai preplatonici a Platone alla tragedia greca, associando al lógos una práxis sovente rituale, sia con il mio Teatro Iniziatico che con performance individuali dedicate alla poesia in contesti naturali.