Eros, Donna e Amore
In qualsiasi giornale di moda è sufficiente per capire quanto gli uomini abbiano paura della sessualità delle donne. Una folla di anoressiche malate irrompe da ogni pagina squassate per astinenza coatta da cibo. Cancellati tutti i segni dell’essere donna, le mutanti mostrano bocche tumefatte da silicone su incavi facciali di lageriana memoria, ossa costipate al bianco escono da gonne cancellanti ogni rotondità di fianchi mentre spalle da uomo sovrastano un torace ossuto privo di seno. È l’imago di un ragazzo quella a cui è costretta la donna di ogni età. È quella dei giovani rappresentati sui vasi attici, trionfalmente portati ad un’impossibile discolpa dai pedofili della high class, che dovrebbe congelare in un’improponibile adolescenza le signore fino a 45 anni. Dopo non contano più, non esistono semplicemente. Non troverete nessuna foto della maturità sui necrologi del femminile corporeo nelle riviste patinate. Neppure mammelle nel pieno della maturità sessuale o gambe tornite. Tutto cancellato in nome di modelli imposti da uomini profondamente disturbati nella sfera erotica.
Le donne non debbono più esistere da un punto di vista sessuale. Non sono libere di ingrassare neppure durante la gravidanza, che infatti viene celata e compressa fino al trionfante: «sono al settimo mese e sono ingrassata solo sei chili». Ovvero molto al di sotto di quanto, sanamente, è previsto dalla natura. Anzi, tutto deve essere innaturale. Castrati i segni della donna ci si è poi accaniti contro i capelli. Guai se si portano lunghi e peggio che mai se sono ondulati. I riccioli sono considerati poi sempre e comunque Cheap. Ovvero out, fuori dal consenso della borghesia fattiva e ricca, quella della mondializzazione e della globalizzazione passando per flessibilità e precariato (condanna inflitta a tutti i giovani, tranne, ovviamente che ai figli del gruppo sociale egemone). Non è certo un caso se Jeanne des Agnes, quella dei Diavoli di Loudun, per intenderci, si affretta a confessare che il primo sintomo del risveglio del demonio in sé lo avverte quando trascura di tagliarsi un ricciolo che le è spuntato sulla fronte. Dunque le donne/persone non devono essere più tali e per essere riconosciute come umane debbono tradire il proprio corpo e violentarlo come le cinesi che, fino al secolo scorso, si imponevano ai piedi strumenti di tortura per evitare che si allungassero troppo. Per annichilire seni, fianchi e gambe basta molto meno, è sufficiente non mangiare. Ed ecco il trionfo dell’anoressia, tanto ipocritamente condannata nel pubblico quanto vezzeggiata nei fatti. Perché infatti si dovrebbero imporre taglie da bambina a delle donne adulte se non fosse per la proterva crudeltà di umiliare il Femminile e la sua splendente sessualità? Gli uomini, tutti gli uomini, senza eccezione alcuna, sono terrorizzati dalla libertà sessuale delle donne. In loro, anche in me, c’è il ricordo atavico delle baccanti che giustamente straziarono il nemico di Dioniso, Penteo. C’è un antico timore che affonda nei secoli mortalmente connesso con l’odio verso la magia. Sapienza delle donne, appunto. Per questo condannata e perseguitata. Affonda nella radice melmosa dei secoli dominati dal maschile il tremore verso il sesso raggiante delle nostre compagne, mogli, madri e figlie che pure diciamo di amare. Per ricordare la galleria dei soprusi non c’è che l’imbarazzo della scelta. «Nel linguaggio del Malleus (il testo cardine contro le streghe) non soltanto donne, diavolo e lussuria vengono usati come sinonimi», dice Paola Lupo in Lo specchio incrinato, ma costituiscono, anche all’interno di uno stesso passo, entità interscambiabili con le streghe. Infatti secondo quei sadici repressi che scrissero il Malleus la donna è «più amara della morte perché la morte corporea è un nemico manifesto e terribile, mentre la donna è un nemico blando e occulto. E per questo la trappola più amara e pericolosa non è quella dei cacciatori, ma quella dei diavoli; gli uomini non sono solo catturati per i loro desideri carnali vedendole e udendole, perché il loro vero volto è un vento che brucia e la loro voce è un sibilo di un serpente. Inoltre attirano innumerevoli uomini e animali con stregonerie. Il loro cuore è una rete, cioè è imperscrutabile la malvagità che regna nel loro cuore. E le mani sono vincoli che imprigionano perché dove mettono la mano per stregare una creatura, con la complicità del diavolo ottengono quello che vogliono». Gli autori depravati da fantasie malefiche adoperano non a caso due volte la parola cuore. Leggerla fa dolore in un contesto così aberrante. E pensare che purtroppo anche noi usiamo questo termine impropriamente. l’organo che pulsa il sangue con i suoi battiti. Il riduzionismo l’ha ridotto a questo. Una pura funzione organica. C’è voluta tutta la forza ostruente del positivismo per convincerci a tanto. Invece per secoli e secoli è stato il centro degli affetti e della vista. Ecco vi chiedo di guardare e leggere con il cuore per avere la facoltà dell’amore e dell’indignazione.
Torniamo alla donna con capelli, riccioli, fianchi e seni. Bandita dal maschilismo e dagli ossessionati del politically correct questo tipo di signora rientra dalla finestra della pornografia. Proprio chi la giudica malevolmente nel lavoro e nel pubblico la sogna come oggetto da umiliare e da sottomettere. Riane Eisler ha marchiato a fuoco tale atteggiamento: Sebbene le immagini pornografiche di cui ai giorni nostri rigurgitano libri riviste, film e videocassette si concentrino su vagine, falli e rapporti sessuali, i genitali femminili non sono affatto venerati in quanto sacri ma piuttosto considerati osceni. E invece di essere associato con una divinità femminile, il sesso pornografico è spesso legato alla violenza e alla coercizione dominatrice del maschio e alla sottomissione e alla degradazione della femmina. Per la verità il modo in cui il sesso viene di solito rappresentato nella pornografia non è nemmeno erotico (nel senso di eros come dio dell’amore sessuale). Perché nella pornografia il sesso non è affatto associato all’amore, e neppure all’attenzione.
Al contrario le immagini e le storie pornografiche esprimono spesso disprezzo per le donne, e talvolta persino un odio feroce. Per esempio la copertina della rivista pornografica a forte tiratura «Hustler» presentava l’immagine di un uomo che infilava un coltello a serramanico nella vagina di una donna conquesta «divertente» didascalia: i preliminari. Un servizio «artistico» su «Penthouse» mostrava donne nude penzolanti da alberi cui erano state assicurate con ganci, come pezzi di carne in macelleria. Sullo stesso filone, un altro numero di «Hustler» usava per la copertina un’immagine che ora è diventata un classico: una donna nuda a testa in giù, con le gambe e la parte inferiore del busto intatti, mentre il resto del corpo usciva come un hamburger da un tritacarne... Ma la pornografia è l’espressione più esplicita.., ed anche il modo più esplicito per esprimere le convinzioni e le pratiche culturali in cui il sesso è più un fare la guerra che fare l’amore. Perché vi troviamo, accanto al tema generale delle donne (talvolta delle ragazzine) ridotte a meri oggetti sessuali per il maschio, donne in catene, donne umiliate, degradate, picchiate, torturate e perfino uccise.
Inoltre, come dimostrano i famigerati film snuff durante la cui lavorazione si è venuto a sapere che alcune donne furono uccise per davvero, non è soltanto nelle riviste, nei film, nei video pornografici visti da milioni di uomini e ragazzi che la nostra società collega il sesso alla degradazione, all’umiliazione, alla dominazione, alla tortura e perfino all’uccisione delle donne. Da rabbrividire. Tutto il passo citato mostra ancora come la libertà sessuale della donna spaventi l’uomo.
Così la signora nel pieno della sua bellezza e maturità è relegata a cosa da stuprare e violare. Per questo non la si accetta nel mondo quotidiano. Una signora con gonne corte e bei seni è marchiata e si dice di lei «che se la cerca» e ogni cosa e diceria è consentita contro di lei. Purtroppo anche alcune sparute femministe hanno confuso gli ambiti con gli abiti e hanno deciso di umiliarsi vestendosi da «radical». Sempre pantaloni, sempre capelli corti, sempre seni occultati e anche loro sono pronte a condannare chi«trasgredisce». Atteggiamento vessatorio che si ferma soltanto di fronte ad attrici o show girls, come se costoro fossero in qualche modo deputate non alla trasgressione, ma al sollazzo se non altro visivo degli uomini. Tanto «sono disposte a tutto». È razzismo fisico. Le baccanti erano belle e furenti.
Le Regine guerriere di Antonia Frazer erano selvaggiamente femminili. Prorompenti nell’essere donne piene e vitali. Implacabili nell’autoaffermazione e realizzazione. Occorre stare accorti e non cadere nella trappola della castrazione del sé. Rimane da comprendere perché nasca tutto l’odio del maschio per la donna. Non esiste equivalente di un simile atteggiamento in natura. Non ci sono specie animali che degradino e storpino e torturino le femmine della propria specie. Una delle chiavi di comprensione è Eros, il signore di tutti gli Dei, secondo Esiodo.
Mentre nelle religioni del Mediterraneo diventa di fatto quasi l’unico peccato. L’adulterio è tuttora in Iran punito con la lapidazione. Un eccesso di violenza che Hillman ha spiegato nel suo Saggio su Pan.
Perché l’amore presuppone in sé la libertà di propensione, scelta e immaginazione. Estasi che rimanda al signore delle donne, quel Dioniso che abbiamo già visto. Lui è il supremo anelito della danza bacchica e del canto interiore conducente alla visione suprema dove l’io si polverizza e si esalta nel collettivo amore universale. Annullarsi per riconquistarsi. Morte e resurrezione. Questi sono i misteri più alti della concezione filosofica e pratica della magia. Il patriarcato ordinato vuole sottomissione e parla di libertà soltanto in modo teorico. Basti pensare alle centinaia di persone che vivono di stenti e muoiono di privazioni, la cui unica libertà è quella di morire di fame. La «regola» della paterlinea prevede privilegi per la classe egemone e tutti gli altri debbono essere ridotti di fatto al rango di sottoposti se non di schiavi. Le divinità delle donne simbolizzate dalla spirale, dalla conchiglia rimandano alla rigenerazione che a sua volta si connette alla vulva, associata a nascita e decesso rigenerante. Ancora il «mistero misteriosissimo» della morte e resurrezione concepito al femminile come espressione suprema di «scelta» e di autodeterminazione. E tutto passa attraverso una corretta concezione di Eros come demone e mediatore. Giovanni Reale ha così intitolato un suo splendente saggio sul Simposio di Platone. Qui più volte lui sfiora l’arcano mostrando di sapere più di quanto non dica. Ma la sibilla dai tempi dei tempi non dice,ma accenna e sempre con «mascelle feroci» come rammenta Giorgio Colli ne La Sapienza Greca. Eros, donna e amore sono uno dei chiavistelli con cui è possibile aprire la Porta Ermetica della conoscenza per giungere alla ricongiunzione plotiniana della propria scintilla divina con quella universale. Invece il sacerdote del patriarcato tiene stretto il bastone del comando e ha perduto il senso profondo del fare che risulta vano senza la sacerdotessa‑fata‑maga. Ha smarrito il senso, oppure un’atavica paura l’ha costretto a dimenticare? Il terrore dell’uomo per il Femminile isideo trova la sua origine nel disastro/simbolo di Atlantide, quando il mare‑mentale‑astrale sommerse un’intera civiltà? Poi vennero i crudeli guerrieri di cui parla Marija Gimbutas ne Il linguaggio della dea.
Il tempo della madre è da collocare tra l’VIII e il VII millennio a.C. Questa è l’età dell’oro di cui parlano tutte le civiltà successive. Ma la sua caduta non fu «solo» un fatto militare, un’invasione straziante di immani proporzioni. Ci fu qualcosa d’altro. E questo «altro» è quell’apocalittico evento rappresentato dal mare che improvvisamente tutto sommerse. Ma il mare è simbolo femminile. Serve a indicare l’energia terrifica della mente tellurica. Nessuno finora ha mai compiuto ricerche su Atlantide come epos ammonitore. Forse così si spiegherebbe finalmente l’ancestrale timore degli uomini nei confronti della magia e quindi delle persone che meglio e più la comprendono, appunto le donne. Alle nostre spalle forse c’è stata una catastrofe psichica di cui non conosciamo nulla se non accenni da sapienti leggende. Di quell’era aurea non è rimasto nulla oquasi. Labili brandelli. E d’altro canto cosa rimarrebbe di noi se cento centrali atomiche impazzissero contemporaneamente? Solo macerie che il tempo farebbe assorbire da madre Terra, la dolce lenitrice delle ferite. Quello che potrebbe succedere fisicamente è già accaduto a livello mentale? Chissà? È soltanto un suggerimento, ma è più di una semplice suggestione. Ma serve, forse, a capire quell’odio verso la civiltà del matriarcato e del suo sapere magico che si protrae fino a noi. Osservare questa ferocia, che ha i connotati della vendetta inestinguibile, può essere utile. E un buon punto di osservazione è Troia, la città dove le donne sono apprezzate e stimate.
1. Michael Maier, Atalanta Fugiens, Oppenheim 1618
L’Atalanta Fugiens rappresenta un unicorno nella storia dell’Alchimia, in quanto si può considerare il solo testo noto dove le arti grafiche, poetiche e musicali risultino strettamente legate alla trattazione ermetica vera e propria. Tanta esplicazione estetica si connette così sicuramente agli ideali filosofici rosacrociani, ossia di un’arte che da un lato è considerata come mezzo educativo e dall’altro richiama aspetti metafisici ben precisi, il tutto pervaso dal mistero del magisterio alchimico. In questo emblema Maier scrive: «La terra è la sua nutrice». Nell’epigramma leggiamo: «Ci è dato per certo che un’ispida lupa / Allattò Romolo, e una capra Giove: / Che c’è di strano se diciamo che la Terra / Col suo latte nutrì il giovane Figlio dei Saggi? / Se una piccola bestia crebbe simili eroi, / Quanto sarà grande colui che ebbe l’Orbe Terracqueo per nutrice?».
2. Musaeum Hermeticum, Francoforte 1749
Con la rotazione dei quattro elementi, fuoco, aria, acqua e terra, come è raffigurato in questa immagine, e l’unione di quello che è in alto con quello che è in basso, tra fuoco e acqua, si forma l’eterno lapis. Il lapis è la copia celeste dell’oro terreno rappresentato come Apollo negli inferi in mezzo alle muse che corrispondono ai metalli. Vedi qui disserrate – scrive Stolcius De Stolcenberg nel Viridariurn Chymicum – le viscere della massa terrestre / E con giusto motivo le stelle risiedono altissime sopra i luoghi montani. / Naturalmente anche la terra possiede i propri Pianeti, / Ai quali gli Elementi forniscono le proprie forze. / Se sei in dubbio quali siano, osserva con mente vigile i metalli, / Così il polo sarà noto a te».
3. De Alchimia, Leida 1526
Questa è una immagine emblematica nel linguaggio dell’Alchimia: i bambini, ovvero i metalli, vengono spinti attraverso Saturno. Alla fine del processo digestivo, cioè quello della solutio e della putrefactio, vengono vomitati, ravvivati e purificati in un bagno di acqua mercuriale, caratterizzata dal riscaldamento della prima materia, Saturno. Dopo queste fasi del processo alchimico sono pronti per le cosiddette nozze chimiche e Giove insieme con Latona potrà realizzare l’Apollo, ovvero l’oro dei filosofi.
Pernety nella sua opera Dictionnaire Mytho‑hermetique suddivide la Grande Opera nelle seguenti fasi:
calcinatio‑ossidazione;
congelatio‑cristallizzazione;
fixatio‑solidificazione;
solutio‑soluzione‑fusione;
digestio‑digestione‑divisione;
distillatio‑separazione;
sublimatio‑sublimazione;
separatio‑separazione;
ceratio‑solidificazione;
fermentatio‑fermentazione;
multiplicatio‑moltiplicazione;
projectio‑spolverizzazione.
(Tratto da Elixir n. 7 con il permesso delle Edizioni Rebis)