Piero Fenili, ex magistrato, si è occupato a suo tempo di ricerca filosofica presso l’Università di Roma. Da sempre è interessato a esplorare alcuni rami del sapere provenienti dal passato tanto d’Occidente che d’Oriente e bollati ufficialmente come “pseudoscienze”. Tutto questo, innanzitutto al fine di recuperare conoscenze che possano porre rimedio all’estrema fragilità esistenziale in cui si dibatte l’uomo, di ieri come di oggi. Inoltre, accolta nelle sue linee generali l’idea di Tradizione come formulata da René Guénon, ha ritenuto applicare questo criterio alla riscoperta – senza fanatismi e dogmatismi – di alcuni blocchi di conoscenze relative al nostro passato, necessari a disegnare un profilo più completo di essa. A tale scopo ha fondato nel 1994, insieme all’amico diplomatico Marco Baistrocchi, purtroppo prematuramente scomparso, i Quaderni non periodici di Politica Romana
1) Dottor Piero Fenili, Lei dirige i famosi e discussi Quaderni di Politica Romanadell’Associazione di Studi Tradizionali Senatus, in cui si sono intrecciati temi diversi, come la revisione del pensiero tradizionale di Julius Evola e di René Guénon, l’approfondimento della Scienza di Ermete nelle sue dinamiche alessandrine e legate all’ermetismo napoletano e, naturalmente, a tutta una serie di discussione inerenti il tradizionalismo romano nelle sue varianti anche attuali. È configurabile un filo rosso unitario tra queste diversificate categorie d’interesse?
Un filo rosso unitario
è facilmente ravvisabile nell’intento di approfondire, ampliare e porre in
relazione tra loro gli orizzonti conoscitivi inerenti alle tematiche di grande
rilievo da voi esemplificate. Per fare questo, senza scadere
nell’enciclopedismo e per ancorarsi ad una realtà che più ci tocca da vicino, è
necessario un riferente privilegiato, che Senatus identifica, come appare evidente,
nella Tradizione Romana.
2) Chi legge i Suoi interventi in Politica
Romana, ma anche quelli su Ignis – la rivista di studi iniziatici degli
anni ’90 – avverte una critica profonda all’opera di Evola in alcune delle sue
peculiarità essenziali. Per altro verso è invece notoria
È vero che ho
esercitato una critica dell’opera di Evola, soprattutto nell’aspetto, da lui
ritenuto giustamente essenziale, della scelta delle Tradizioni. Per
semplificare, non ho condiviso la virata di Evola dalla Tradizione mediterranea
ad una Tradizione nordica, virata facilmente riconducibile nel confronto tra Imperialismo pagano ed Heidnischer
Imperialismus. Gennaro D’Uva,
nella rivista
3) Sempre su Evola, nella Sua introduzione al testo Le origini dell’Alchimia
nell’Egitto Greco-Romano di Jack Lindsay,
riferendosi a un commento dell’accademica di Francia Marguerite Yourcenar, ha
considerato
Anche se, grazie ad un
approfondimento pluridecennale, ho mutato il mio punto di vista sull’alchimia,
non ho alcuna difficoltà a riconoscere la genialità dello sforzo evoliano di
interpretare con i simboli dell’Arte Regia una dinamica psicologica esotericamente
intesa. Circa Quadrelli-Abraxa, un autore che peraltro non mi ha mai
particolarmente entusiasmato, so soltanto quel poco che sapevo all’epoca in cui
scrissi le pagine da voi menzionate. Ricordo invece che il dottor Procesi, in
più di un’occasione, affermò che Evola aveva ricevuto importanti informazioni
sull’ermetismo kremmerziano da un sacerdote, certo Padre Oliva, del quale nulla
potrei dire, perché nulla so.
4) Nell’ambito del mondo ermetico, sia con gli scritti apparsi su Politica Romana, sia con le introduzioni agli studi di
Ugo Cisaria, di Cristian Guzzo e Giuseppe Maddalena Capiferro, oltre a quella
recente all’opera di Riccardo Donato – tutte per le Edizioni Rebis di Viareggio
– ha voluto rimarcare l’esistenza di una “Scuola di Napoli”, con radici che
vanno ben oltre la figura di Giuliano Kremmerz e che è possibile riallacciare a
personalità come Raimondo di Sangro e Federico Gualdi, se non alla stessa
colonia alessandrina di Piazzetta Nilo a Napoli. Come affermano alcuni
kremmerziani ortodossi, è ancora possibile secondo lei dubitare di una realtà,
anche se criptica e non ben delineata, quasi di un omphalos sacrale e geografico, ove pare siano
passati anche Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Tommaso d’Aquino e
Gianbattista Della Porta?
Personalmente non
dubito di tale realtà, anche se le testimonianze documentali che di essa ci
sono pervenute non sono tutte in egual misura attendibili. Ricorre, nel
valutare, la solita immagine del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, due punti di vista che, in una
materia che presenta margini di incertezza, considero ugualmente legittimi.
5) È nota tutta una pubblicistica promossa da Lei, da Roberto
Sestito e dal compianto Sebastiano Recupero sulla figura di Arturo Reghini,
valente esoterista pitagorico che insieme ad Amedeo Armentano ha tentato,
attraverso la libera muratoria, di far rifiorire le origini italiche e pagane
della famosa “Schola Italica”. Può darci una Sua più approfondita
impressione sulla figura di Reghini? È vero che sul prossimo numero di Politica Romana sarà pubblicato uno studio su Manlio
Magnani, esoterista vicino sia a Kremmerz sia ad Armentano e Reghini, che ha
quasi sintetizzato l’esperienza ermetica e terapeutica con quella pitagorica?
È impossibile dar
conto, in poche righe, della personalità ricca e complessa di Arturo Reghini.
Posso soltanto dire che ne ammiro il pensiero limpido e sereno, anche quando
sprigiona la sua verve caustica, nonché l’elevatezza dello
spirito, capace di attingere, con l’immaterialità, le più alte vette della
metafisica. Non condivido, invece, la sua concezione dell’alchimia, né la sua
distanza da certi valori trasmessi da forme superiori di mistica, da non
confondersi con il misticismo. Dante docet. Inutile aggiungere quanto ne
apprezzi l’impegno in favore della “serva Italia”, indipendentemente dalle
modalità in cui egli volle dargli attuazione. Per il resto, posso aggiungere
che sul nono numero di “Politica Romana” appare un’efficace presentazione, da
parte di Ivan Dalla Rosa, del pensiero di Manlio Magnani, personaggio assai
vicino alla corrente iniziatica animata da Reghini ed Armentano, senza
trascurare l’apporto rappresentato dall’ermetismo kremmerziano.
6) Ogni anno il 21 Aprile si celebra la fondazione e il Natale di
Roma. Nella Capitale si susseguono quindi ogni anno svariate manifestazioni
delle più disparate frange del tradizionalismo romano. Lei come valuta lo
“stato di salute” di tutto un certo ambiente dedito alla riscoperta culturale,
ma anche cultuale e rituale del mondo classico e specificatamente romano?
Una volta vidi con
piacere una corona posta dall’Ordine degli Avvocati sulla statua di Cesare in
via dei Fori Imperiali, che gli rendeva onore, tra l’altro, quale primo
Avvocato di Roma! In genere vedo con favore ogni iniziativa diretta a celebrare
senza vanagloria e senza retorica la grandezza di Roma, mai dimenticando che
Roma di oggi è largamente pervasa dalla barbarie levantina, vanitas nel linguaggio, che condivido di
Yves-Albert Dauge. Per quanto riguarda la riscoperta culturale e rituale del
mondo classico e specificamente romano, distinguo tra chi si limita ad onorare
i Mani di un glorioso passato, in senso quasi scintoista e chi vuole
attribuire ai suoi gesti una portata “magica”. Qui la mia riserva è totale,
conoscendo l’intima fragilità animica dell’uomo contemporaneo, che si traduce
immediatamente in una triplice stortura anti-romana: la temperantia si trasforma
in hybris, la magia in
stregoneria di tipo crowleyano e la civile tolleranza in ricorrente e sterile
polemica religiosa.
7) Sempre nell’ambito del tradizionalismo romano, segnaliamo che
nell’ultimo numero della rivista Elixir è apparso uno scritto a firma “Il
Gruppo dei Dioscuri”. Lei ha scritto in merito sia su Elixir sia su Politica Romana, anche
pubblicando una lettera di Franco Mazzi. Come valuta questa nuova riemersione
pubblica dioscurea? Ha elementi in Suo possesso, che possano testimoniare la
reale continuità col Gruppo dei Dioscuri degli anni ’60 e ’70 con cui, si dice,
Lei ebbe proficui rapporti?
Posso soltanto
prendere atto del fatto che l’esigenza, in Italia, di un gruppo di anime che si
opponga, sul piano metafisico, al disordine crescente, sembra avere una cadenza
quarantennale: UR 1928; DIOSCURI 1968; “?” 2008. Metto qui un punto
interrogativo, limitandomi a registrare l’apparente fluttuare di una idea che
non riesce però a prender forma. Questa incertezza sconsiglia di assumere
iniziative di sorta, tranne quanto suggerirò nella risposta 9. Per il resto,
non mi risulta sussistere oggi alcuna continuità visibile con il Gruppo dei
Dioscuri, anche se vi sono persone singole che ne custodiscono la memoria.
8) In una recente intervista a Renato Del Ponte, sempre da noi
redatta perEreticaMente, il noto e stimato professore genovese, in
merito ad una nostra domanda circa la possibilità di formazione di larve
psichiche in conseguenza di un’applicazione attuale di una ritualità pagana, in
riferimento a quanto da Lei stesso scritto in Politica
Romana, ci ha risposto che tali manifestazioni potevano essersi palesate
nell’operatività del Gruppo dei Dioscuri, a cui Lei era legato. Cosa ha da
chiarire in merito?
Forse il professor Del
Ponte è stato erroneamente informato, perché aver “fatto direttamente prova”,
come lui mi attribuisce, delle esperienze del Gruppo dei Dioscuri, presuppone
necessariamente la mia partecipazione alla “operatività di catena” del
medesimo, alla quale invece rimasi sempre estraneo perché all’epoca impegnato,
come molti sanno, in tutt’altro percorso esoterico.
9) Entrando nel vivo di una problematica tecnica. Ivan Dalla
Rosa, sulle pagine diElixir n°
Sono perfettamente
d’accordo con quanto sostiene Ivan Dalla Rosa circa la necessità di un
“percorso di rettificazione e di centramento animico e sottile”, senza il quale
è possibile che l’effetto-catena vada ad alimentare le tre storture e
conseguenti larve segnalate sub 6.
10) Infine, in considerazione di quanto
esposto e in connessione con le problematiche emerse nel mondo
dello spiritualismo contemporaneo, ritiene siano ancora validi gli insegnamenti
esposti in opere come Maschera
e Volto di Julius Evola e Il Regno della Quantità e i Segni
dei Tempi di Renè Guènon?
La ringraziamo del tempo che ha dedicato a EreticaMente.
Maschera e volto di Evola ed il Regno della Quantità di Guénon sono opere di alto livello e
tuttora valide, purché la si sappia leggere senza adesioni dogmatiche. Oggi si
può farlo meglio di ieri, perché la mentalità generale è maggiormente
predisposta ad accogliere il meglio di tal genere di insegnamenti.
Spero di avere risposto adeguatamente alle vostre intelligenti domande.
(Tratto da www.ereticamente.net con il permesso del sito)