Nella notte più lunga e oscura dell’anima, l’uomo ha tentato di forzare le barriere del non conosciuto per penetrare nel regno arcano delle cause. Remote e ancestrali conoscenze sono confluite nel secreto dei secreti, per dare vita e risvegliare l’antico sapere, il Dragone di Fuoco che giace sepolto nelle propaggini del silentium. Il Seme aureo che sottende alla realizzazione che è causa e legge, attende di essere sottratto alle ingiurie del tempo che ne alterano l’autentica matrice creativa. Sotto differenti vesti e volti, la Sapienza divina aleggia, Spirito immortale di evoluzione, che custodisce la chiave sacra del Tempio, Santuario in cui la Luce rifulgente del pensiero reso vivo respira e crea. Dio è numero e legge, e trascendenza di geometrie sacrali, non il simulacro sbiadito di una religione mistificatrice, ma pura essenza di infinite visioni occultate al profano e ben visibili a colui che ha trasceso ogni passione e non estinto la passione, dominato il suo essere saturniano, ma non rinnegato la materia. L’Antico Sole che irraggia sulla semenza feconda e gravida di simboli è il guardiano misterico, il vero Dio che da sempre emana forza ed energia vitale. A tale proposito non è l’aspetto tangibile dell’astro che va considerato, ma la causa ignota e insondabile che lo ha reso manifesto: Dio,appunto.Nel lento ciclico divenire, ogni cosa muta forma e lo spirito volatile trasmuta i metalli umani. Così l’anima, irrorata dalla sostanza primigenia, si invola verso i lidi della preesistenza. In questo tumultuoso mare d’energia, di vita e di materia cellulare che si muove e pulsa e pensa, c’è chi rivendica il Verbo, ma il verbo non appartiene all’uomo, creatura imperfetta che non si è resa libera dalle sue miserie, dal dolore che genera l’ego o fa crescere e fortifica. Figure, simboli, scritture nascoste fanno capo al Signore dei giorni, il Deus che alita e insuffla, che modella e soffia. Tre volte ha inspirato ed espirato, prima di rilasciare il suo respiro fecondante. Tre volte il Fuoco e la fiamma hanno arso gli spiriti predisposti per indicare la via che conduce all’Arca Sapienziale. Le onde del mare astrale si increspano e spengono il fuoco centrale, mentre i fornelli alchimici estinguono i residui della sostanza primigenia. Nei testi impolverati, piccoli grani di sapere giacciono sospesi e, come scrigni preziosi, conservano e preservano la Scienza assoluta. Uomini di un passato mai estinto hanno lavorato in silenzio e solitudine per affidare alla memoria cartacea quanto avevano appreso, il frutto delle loro investigazioni e cogitazioni. Anche all’interno della compagine religiosa, adepti di alto livello, hanno inseguito il divino e la cerca ermetica, con lo scopo di pervenire ad una realizzazione, alla scoperta del Grande Arcano. Nell’immenso cielo di linee e magiche geometrie, di sublimi rette che si intersecano e danno vita magistralmente alle forme più ardite e perfette, si cela il mistero della Geometria sacrale. Arte della costruzione, linguaggio senza tempo che riconduce al Divino e anela all’Assoluto, volto primigenio dello Spirito Immanente. Mirando le pietre sacre, le sacre architetture, i monumenti dell’antichità, il volto primevo del Creatore si palesa all’occhio della mente e mostra la sua sfolgorante potenza, il senso del divino che è racchiuso nel cuore di chi ama, spera, opera. La ricerca della divinità anelante ad un contatto con l’assoluto, ha pervaso fin dalla notte dei tempi l’animo e il cuore degli esseri umani maggiormente evoluti e, in maniera diversa, di quelli meno progrediti. La lunga strada che sanciva il patto di alleanza con l’Universo, attendeva dunque di essere percorsa per raggiungere il centro pulsante di una Conoscenza senza tempo, specchio della scintilla divina e divinizzante, Intelligenza Creatrice, sublime apportatrice di vita e saggezza. Nacquero così le grandi religioni di “pietra”, monumenti arcani che racchiudevano forze energetiche misteriose e richiamavano le onde cosmiche riversandole sulla Terra. Edifici, templi, città mirabili, piramidi e cattedrali, luoghi intrisi di potere,
La Sacra Architettura: La Città Ideale
Le sottili e intricate simboliche, legate all’esoterismo della costruzione e alla sua immortale semenza o conoscenza assoluta, riconduce al cuore del simbolismo sacro, e proietta oltre i confini del tempo e dello spazio. Un viaggio alle radici del divino che si rispecchia nella costruzione, mostrando inaspettate verità e misteriose sinergie. La visione arcana, la preziosa armonia che stimola alla ricerca e sensibilizza l’intuito ermetico emerge dal suo fodero carneo e si rivolge alla struttura sottile. Il materialismo esasperante che contraddistingue la nostra epoca, protesa verso un benessere fittizio e narcotizzante, ha prevalso sull’anelito primigenio che aspira al divino. Divino inteso ermeticamente e universalmente, lontano da quelle forme stereotipe di misticismo enfatizzante che generano esaltazione e fanatismo. Il divino svincolato da dogmi, libero di esprimersi attraverso un percorso interiore. L’architettura sacra le sue figure marmoree circonfuse di sapienza, spalanca la soglia di un mondo sconosciuto fatto di pietra e simboli, di geometrie sacre e di magiche assonanze, delle matrici esoteriche che confluiranno sia nella massoneria operativa che in quella speculativa. Ne deriva così un viaggio laicamente iniziatico alla ricerca della Architettura Divina (Divina Tragedia, per parafrasare Dante e Michelangelo, data la difficoltà immane della impresa) nel segno cioè della ricerca infinita di una spazialità sacrale che discende da modelli di perfezione sovrumana e che coniuga l’archetipo delle fabbriche divine con l’aspirazione di ogni epoca a riproporre il fine di una laica Civitas Dei di fraternità e solidarietà sociale se non anche – come vorranno le avanguardie del Novecento – l’ideale di nuove laiche Cattedrali del futuro”.
Cistercium: i sacri costruttori
Questa configurazione si sposerà in seguito con l’alchimia e l’ermetismo, dando vita ad un corpus sapienziale estremamente complesso le cui tracce sono tuttora presenti in alcuni ordini religiosi del passato; basti pensare ai monaci cistercensi, i costruttori di cattedrali, che nell’edificare le costruzioni sacre applicavano la regola dell’alchimia totale, o architettura simbolica e sacra, al cui interno sono ravvisabili i semi della massoneria pura. Tali edifici, in perfetta osmosi con altri analoghi, come la cattedrale di Chartres, in Francia, racchiudono un importante messaggio di ordine cosmico e universale. La chiave interpretativa, insita nel simbolismo espresso dal messaggio stesso, nasconde rivelazioni dalle valenze iniziatiche profonde. Allo scopo di comprendere gli insegnamenti occultati nella geometria sacrale che compone le cattedrali, il saggio si sforza di realizzare in sé tutta la perfezione di cui è capace la natura umana. Gradualmente si modella da solo, allo scopo di trasmutarsi da pietra grezza a pietra rigorosamente cubica (pietra filosofale). I simboli utilizzati dagli antichi costruttori confluiscono in qualche maniera nella visione alchimica, soprattutto per ciò che concerne l’idea della pietra la quale, secondo il grande esoterista del XIX secolo Eliphas Levi, rappresenta: ”Nell’ordine divino la vera scienza universale, dalla base quadrata, solida come il cubo, assoluta come la matematica; nell’ordine naturale la vera fisica, quella che deve rendere possibile per l’uomo la regalità e il sacerdozio della natura, facendolo re e sacerdote della luce che perfeziona l’anima, le forme, trasforma i bruti in uomini, le spine in rose e ilpiombo in oro”. Come nel caso dei monaci cistercensi, sapienti iniziati ai misteri delle volte e degli architravi, maestri muratori che giravano l’Europa per innalzare cattedrali e conventi, chiese e abbazie, basandosi su calcoli segreti e segni misteriosi intimamente connessi con la Grande Opera. Questi monaci non a caso provenivano dalla Francia, dove le costruzioni sacre avevano raggiunto il massimo splendore e dove il retaggio alchimico era profondamente radicato. Cistercium era la traduzione latina di Citeaux, località sita a cinque miglia da Digione, dove era sorto questo ordine monastico che assunse con il tempo una struttura di ordine iniziatico il cui schema verticale alludeva alla figura piramidale. Alla sommità di tale glifo si trovava l’abate di Citeaux, seguito dalle quattro confraternite di La Fertè, Pontigny, Clairvaux e Morimond e giù giù fino all’ultima abbazia, legandosi tra loro in una sorta di albero genealogico che permetteva un effettivo controllo di tutti i monasteri. All’interno di tale simbologia, connessa con un preciso intento sapienziale, si alternavano conoscenze astronomiche, astrologiche, alchimiche, geometriche e matematiche, vicine in qualche modo alla dottrina pitagorica che nei numeri e nelle geometrie rinveniva il volto segreto del Divino. Nell’ambito della regola monastica erano presenti elementi complementari al sentiero ermetico – alchimico. Il monaco, allo stesso modo del sapiente, per realizzare l’Ars Regia doveva dominare le attrazioni elementari eliminando tutto ciò che riguardava la parte bruta, bassa e istintiva, allo scopo di attirare il Fuoco del Cielo per incorporarselo. Attraverso detto processo, avrebbe dunque sormontato l’animalità ottenendo il pieno possesso di sé. Unificando tali assiomi si penetrava nella sfera della Geometria Filosofale enunciata dal grande Platone, che a tale riguardo affermava: “Nessuno entra qui se non è un geometra”. Con queste parole, il sommo filosofo allontanava dalla sua Scuola iniziatica coloro che non erano pronti a percorrere il sentiero sapienziale. La Geometria Filosofale non è assimilabile a quella di Euclide, basata sulla scienza della misura e dello spazio, ma è riconducibile piuttosto a una geometria più sottile e spirituale, a un’arte che permetteva di ricollegare le idee alle forme e rendeva possibile leggere i segni composti da linee, analoghi alle figure dei geometri. Attraverso questo percorso il monaco risaliva alle concezioni fondamentali dell’intelligenza umana in modo autonomo, senza alcun suggerimento esterno, giungendo quindi a concretare la materia prima della Grande Arte, l’idea pura non falsata dall’espressione verbale che andava estrapolata dalla miniera interiore, il laboratorio umano (o pozzo) dove era celata la Verità. Così si spiega il celebre motto Silentium estAurum. Seguendo tali dettami i cistercensi innalzavano e vivificavano le sacre cattedrali al cui interno era custodita una conoscenza senza tempo, un segreto incomunicabile e una misteriosa energia magnetica… Energia che potremmo definire di tipo vibratorio, come viene enunciato dalla dottrina ermetica: “ Nulla è in quiete, ogni cosa si muove: ogni cosa vibra”. Il principio appena esposto fu proclamato migliaia di anni fa dai sapienti dell’antico Egitto e oggi la scienza moderna conferma il senso di tali parole. In base a questo assunto, le differenze che intercorrono tra le diverse manifestazioni della materia, dell’energia, della mente e anche dello spirito risultano scaturire dai diversi quanta di vibrazione. Dal Tutto - formato da puro spirito - sino alle forme più grossolane della materia, tutto vibra. Quanto più alta è la vibrazione tanto più alta è la posizione sulla scala della spiritualità. Possiamo dire a riguardo che la vibrazione dello spirito è composta da un tale grado di intensità e di rapidità da sembrare praticamente in quiete, alla stregua di una ruota che gira tanto velocemente da apparire priva di movimento. Dall’altra estremità di questa scala ideale vi sono le forme grossolane di materia, le cui vibrazioni sono talmente basse da rasentare l’immobilità. Nel cuore della cattedrale la vibrazione ovviamente è di tipo maggiormente elevato e di conseguenza estremamente rapida: ecco uno dei segreti criptati nelle strutture sacre. Attraverso l’imitazione della Natura, i monaci iniziati tentavano di carpire il segreto stesso della Vita al fine di scoprire la materia unica (o Quintessenza) rappresentata dall’Oro dei filosofi. Secondo questo principio la Natura è la sposa di Dio, che la feconda perché possa generare la creazione. Così, il soffio Divino, il Fuoco centrale e Universale vivifica tutto ciò che esiste. La Natura quindi è costruita in base a un progetto unitario espresso dalla legge unica, al di fuori della quale nulla può considerarsi attivo e interagente con il resto dell’Universo. Ogni cosa è l’espressione del Tutto, il vero volto dell’Assoluto. Nell’ambito della conoscenza ermetica l’Assoluto veniva descritto con queste parole: “ Mentre tutto è nel Tutto, è ugualmente vero che il Tutto è in tutto. Colui che ben comprende questa verità possiede un grande sapere”. Il Tutto è immanente e si trova sia all’interno che all’esterno dell’involucro psichico, permea ogni cosa e si espande oltre i confini del conosciuto. Mediante i simboli tale sapere diviene operativo, si concreta in virtù di segni che evocano le idee come, per esempio, le nostre cifre che si leggono indifferentemente in qualsiasi lingua, conservando sempre il medesimo significato. Penetrando nel linguaggio occulto si riesce a dare un senso ai tracciati più semplici estrapolando da essi l’Arcano. Per evitare qualunque profanazione quindi, gli autentici iniziati attuavano la disciplina del silenzio (Silentium estaurum) parlando solo se necessario e con i discepoli più fidati. La Verità unica veniva affidata alle immagini, alle allegorie e i simboli alludevano a ciò che poteva essere intuito piuttosto che interpretato.
La Pietra: corpo, materia e Spirito
La cerimonia relativa alla posa della prima pietra merita un attento esame. Tale cerimonia, a tutti gli effetti, aveva la connotazione di un rito religioso volto a infondere vita e spiritualità alle fondamenta della futura cattedrale. L’officiante inscriveva su ciascuna faccia delle pietre-simbolo una croce recitando: “Signore Gesù, Figlio del Dio vivente…Tu che sei la pietra angolare…benedici questa pietra che sta per essere posta nel Tuo nome”. Nella espletazione del rituale rinveniamo elementi di ordine magico che riconducono alle antiche cerimonie sacerdotali. Aveva così inizio il cammino per l’edificazione spirituale, che partiva dalla conformazione interiore dei costruttori per giungere sino al concetto di saldezza e resistenza della pietra. Del resto, nell’ambito del Cristianesimo, ma più ancora nel contesto cristiano delle origini, la Chiesa di pietra, oltre ad essere un’immagine della immutabilità divina, raffigura anche il corpo mistico, la Chiesa delle anime. In altre parole i fedeli sono le pietre viventi che interagiscono con le pietre, che costituiscono l’edificio sacro. In questo modo si crea la fusione atta a creare il corpo unico, o per meglio dire, corpo, materia e Spirito. Nella struttura sacrale è racchiuso, dunque, il messaggio simbolico legato all’uomo quale elemento in perenne sviluppo che, con il suo rinnovamento interiore - processo alchimico interno - dà vita al corpo attivo e non più passivo. Così egli diviene consapevole della Creazione (Alchimia totale) e cosciente della sua origine divina. Nelle forme della cattedrale è celata la geometria mistica che corrisponde alle divine proporzioni della creazione universale. Si concreta, in tal modo, il contatto con l’Eterno, immutabile principio creativo: Dio.
Esoteride la Città del Futuro
Influssi cosmici e geometrie sacre
Ci siamo già occupati di architetture sacre, e successivamente abbiamo ripreso lo studio di questa affascinante materia ermetica pubblicando i risultati del lavoro svolto in alcuni libri, a testimoniare l’interesse che ci stimola e ci muove verso tali argomenti. Come non rinvenire negli antichi megaliti, nelle ruote litiche, negli anelli di pietra (santuari druidici), nelle piramidi e in tutte quelle forme ispirate di costruzione l’impronta del Divino e la Luce imperitura di un pensiero sacrale e di una Forma Divina in Terra? Da sempre l’uomo ha cercato di lasciare una traccia del suo percorso terreno, attraverso opere imponenti, che racchiudessero nella loro forma non solo un mero effetto artistico di mirabile bellezza ma complesse simbologie esoteriche e, cosa più importante, una rigorosa geometria di base atta a captare le forze sottili, o onde cosmiche, presenti nell’Universo. Questa pratica architettonica affonda le sue radici nelle culture primitive. Nell’Africa meridionale, per esempio, tra le tribù dei Korongo e dei Mesakin le abitazioni erano costituite da elementi cilindrici o conici in fango e pietra (simili ai nuraghi sardi), e col tetto di frasche. Esse erano disposte in modo da formare una figura umana orientata in modo specifico: la testa verso il nord, i piedi verso il sud. La testa ospitava le attività rituali-sacrali-cultuali, i piedi, invece, si identificavano con alcuni altari che avevano lo scopo di proteggere l’ingresso del villaggio. A est e ad ovest si trovavano le mani con al centro gli altari rappresentanti il simbolismo androgino, ed infine il petto che ospitava le abitazioni familiari. Il modello prescelto si basava su un diagramma quadripartito, volto a rendere omaggio alle quattro direzioni del cosmo. E’ evidente l’implicazione magico-esoterica contenuta nel contesto geometrico del villaggio e volta a catturare i potenti influssi cosmici. In alcune città mesopotamiche, come quella di Al Ubaid, la forma geometrico-esoterica è impressionante. Al Ubaid era costituita da un nucleo centrale ad andamento ortogonale, circondata da una cinta murata ad andamento circolare (figura quadrata inscritta ad una figura circolare). Anche il Temenos di Hafaga aveva una struttura analoga. Ambedue risalgono al terzo millennio a.C. La caratteristica di questi modelli urbani è il geroglifico in uso presso la I-II seconda dinastia egizia, adoperato per designare le città. Si tratta di un cerchio che racchiude una griglia ortogonale, a maglia quadra, il quale individua due assi viari centrali che determinano in questo modo la quadripartizione del cerchio. Il cerchio quadripartito è anche il modello della Motta di Talleberg, in Danimarca (c.a. 500 a.C.), realizzata da un perfetto anello circolare orientato con quattro quadranti, che ospitano ciascuno un gruppo simmetrico di quattro abitazioni collettive. Non meno importanti erano Firizabad, costruita dal fondatore della dinastia Sassonide nel III secolo a.C., scandita in dodici settori circolari, e la cittadella reale di Koykriylgankale risalente al II a.C. in Uzbekistan, che era concepita come un cerchio scandito da nove torri equidistanti; ciò rende inevitabile una interpretazione in termini ternari del modello geometrico, consistente in tre triangoli equilateri ruotati tra loro di quaranta gradi iscritti al cerchio. Un’altra città dai connotati simbolico-geometrici, dedicata al culto della Grande Madre (e quindi al culto sacro della Venus Ericina) era Erice, presso Trapani, uno dei vertici significativi della triangolare Trinacria, nettamente triangolare e posta su un monte a picco, a forma di tetraedro. Varrone, nel descrivere la città etrusca preromana, la definì tripartita con almeno tre porte, tre strade e tre templi. Tale tipologia ternaria la ritroviamo anche nell’Asia medio-orientale e quindi conglobante le culture puniche ed etrusche. Come si evince, le connessioni magico-esoteriche e numerologiche fanno parte della storia dell’uomo fin dai primordi. Non cogliere i riferimenti magico-sacrali degli elementi geometrici costituenti le città di cui si è parlato è impossibile. Oggi, nel progettare e costruire un complesso urbano, si tiene conto soltanto dei fini puramente speculativi ed è ormai terminata l’era leggendaria in cui l’umanità cercava un contatto con l’Assoluto, e per farlo si serviva di forme geometriche simboliche ed ermetiche. Queste figure, così pregne di significati, rigorosamente perfette al pari di un gigantesco circuito radionico, captavano ed emanavano energia atta a creare quell’equilibrio assoluto, indispensabile agli uomini, per vivere in armonia con l’Universo. Luoghi di potere che sancivano il patto d’alleanza con il Sacro. La città del futuro, Esoteride, potrebbe racchiudere in sé il patrimonio del passato, le leggi geometrico-numeriche, sposando il nuovo.
Ambivalenza femminea e mascolina nei numeri:
Keplero e l’Harmonices Mundi
La tipologia legata ai numeri ci fa tornare in mente alcune considerazioni numerologiche sul significato maschile e femminile dei numeri tre e quattro già noti del resto nell’ambito della storia delle religioni e della letteratura etnografica. L’astronomo tedesco Keplero (1571-1630) o Johannes Kepler, nella sua interessante opera Harmonices Mundi, parla del sesso dei cinque solidi regolari, stabilendo che il cubo e il dodecaedro, per esempio, sono maschi; l’ottaedro e l’icosaedro femmine, mentre il tetraedro è androgino.
Geometria Filosofale:
forme psichiche e costruzione interiore
Ci siamo già interessati al suono quale veicolo di energie e vibrazioni sacre. Riprendiamo il discorso da un punto di vista simbolico-architettonico. Platone, nella sua opera immortale, Repubblica, parlando della geometria sacra era solito dire: “La geometria è conoscenza di ciò che sempre è… potrebbe fare da argano all’anima per attirarla verso la verità”. La geometria sacra in poche parole rappresenta una via d’accesso per la realizzazione della Grande Opera. Un percorso sapienziale che si snoda attraverso le misure e i numeri. Il sommo Pitagora, quando rese noto il suo teorema, non fece altro che concettualizzare il sapere degli antichi Egizi. Non a caso, a Eliopoli la casta sacerdotale era in possesso di nozioni geometriche avanzate. Gli Egizi consideravano di primaria importanza il triangolo rettangolo e secondo alcuni studiosi, questo straordinario popolo era giunto alla conoscenza e all’applicazione del teorema di Pitagora, come studio del rapporto tra verticale, orizzontale e angolo retto e del rapporto al quadrato. Al quadrato (o quaternario magico), gli Egizi attribuivano un valore magico poiché il quattro era da loro ritenuto sacro. Dallo studio del triangolo rettangolo giunsero a individuare la famosa Sezione Aurea, riproposta nel 1400 dal matematico e frate francescano Luca Pacioli che ne ricavò un trattato, il De Divina Proporzione. Questa digressione sui costruttori delle piramidi non è volta solamente a chiarire il concetto di geometria sacra, ma soprattutto a dimostrare inequivocabilmente che la scienza operativa precede la teorizzazione. Tale aspetto è valido anche per i costruttori di cattedrali i quali, pur ignorando la geometria descrittiva a tre dimensioni e la stereotomia, realizzarono ugualmente ciò che oggi sarebbe impossibile ottenere senza il ricorso a tali strumenti; così come gli Egizi studiarono e sfruttarono le proprietà del triangolo equilatero e della sezione aurea. Gran parte delle volte e degli archi a sesto acuto delle cattedrali furono tracciati proprio servendosi di un triangolo equilatero. Quanto sinora esposto pone in evidenza un’esigenza pratica volta a semplificare il lavoro tramite disegni facilmente leggibili, semplici da copiare e da ingrandire a vantaggio dell’esecuzione. Una ricerca stilistica basata su una forma ritenuta di origine divina e in questo caso adottata persino come simbolo della Trinità. In maniera analoga, la sezione aurea consentiva, grazie alla sua intrinseca peculiarità, di generare indefinitamente la medesima proporzione con un semplice tratto di compasso o di corda, ma era anche un richiamo palese all’ordine e all’armonia che regna nell’universo. Mirando le pietre sacre, le sacre architetture, i monumenti dell’antichità, il volto primigenio del Creatore si palesa all’occhio della mente e mostra la sua sfolgorante potenza, il senso del divino che è racchiuso nel cuore di chi ama, spera, opera.
Planimetrie celesti e simboli sapienziali
Questa concezione appare ancora più evidente quando si analizzano le onde di forma che vengono rilasciate dalle forme geometriche: piramidali, coniche, circolari, triangolari, quadrate, romboidali ed esagonali. La losanga, in particolar modo, sembra esercitare una impronta magnetizzante di ordine positivo e benefico. La scienza che studia le onde radioniche (onde di forma) scaturenti dai solidi geometrici anche bidimensionali, è detta Fisica Radiestetica. Il termine maggiormente corretto per definire la funzione di queste onde elettromagnetiche è azione di campo radiestetico. Le frequenze vibratorie sperimentate in ambito radionico, quelle più consistenti, sono riconducibili ai modelli piramidali, anche a causa della loro forma che si sviluppa in senso ascendente. Le cattedrali, a riguardo, esternano un’azione di tipo energetico e sprigionano un potenziale di emissione non indifferente. La struttura - forma-energia degli edifici gotici - rilascia onde di forma, vibra e trasmette la sua forza magnetica anche ai fedeli i quali, a loro volta, vibrano all’unisono con essa generando quel Corpo Unico che fa capo all’unità del Tutto. Tale interazione d’energia non è casuale, ma rientra in un contesto sapienziale, una scienza geometrica, che studia ed applica le onde di forma e i campi vibrazionali attraverso l’utilizzo della Geometria Sacra. Le forze vibratorie-magnetiche che si promanano dalle cattedrali, sono correlate a certe correnti spirituali innescate per mezzo di un rituale che conferisce al comparto radionico una veste mistico-alchimica. In poche parole, le energie radianti vengono sintonizzate attraverso le linee guida che compongono l’edificio su una frequenza sottile spiritualizzante. Il contorno che delinea la figura (sia che si tratti di quella umana, animale, vegetale, minerale o di un edificio) dunque, è il ricettacolo delle forze vitali che sottendono al principio della vibrazione cosmica, energetica e quantica. Le energie trasformatrici, tanto buone quanto opposte, intervengono sulla radianza eterica che compone le linee-forza ubicate attorno al soggetto, animato o inanimato, il quale viene raggiunto da un’azione psico-cosmica e ne assorbe la potenza emittente che viene diretta verso di esso. La forma, inoltre, sprigiona a sua volta delle onde vibratorie che entrano in corrispondenza con altrettante emissioni di natura analoga generando una sinergia magnetica. Si comprende cosi, perché gruppi di persone, cose, ambienti, edifici interagiscano tra loro a livello aurico-energetico.
Aurum Coeli
Niente era casuale in tale contesto e ogni infinitesimale cognizione veniva indirizzata verso le regioni celesti. Non casualmente, la Scienza Sacra del Cielo, presente in tutte le grandi e fiorenti civiltà antiche, si è tramandata fino ai costruttori di cattedrali. Nell’ambito di quelle civiltà la cui origine si perde nella notte dei tempi, la connessione tra il Sole e le stagioni dell’anno era palese. Al contrario, le commistioni tra la Luna e la Terra, la Luna e la crescita, erano più oscure e indecifrabili. Totalmente inafferrabile, poi, la segreta relazione che intercorreva tra le costellazioni più lontane, come le affascinanti stelle circumpolari, che indicano sempre il Polo Nord e non tramontano mai all’orizzonte. Gli Egizi, profondi conoscitori dei misteri celesti, le definivano le “instancabili”. La civiltà mesopotamica evoluta e dotta sotto il profilo conoscitivo e l’Egizia, studiarono con serietà e competenza le interazioni che secondo loro esistevano fra mondo celeste e mondo terrestre. Questi sapienti, infatti, erano convinti che doveva esserci una interdipendenza che legava stelle e Terra, stelle ed esseri umani. Essi utilizzavano particolari coordinate stellari allo scopo erigere ed orientare templi e costruzioni sacre. Per gli Egizi, inoltre, la mappa del Cielo si collegava al culto dei morti. Effettivamente, secondo tale concezione, il moto degli astri consentiva all’anima disincarnata di rinvenire la giusta direzione del suo cammino dopo la dipartita dalla vita terrena.
Le Piramidi del Sole e della Luna
le civiltà mesoamericane
L’origine delle antiche civiltà mesoamericane, i loro culti, le complesse simbologie e i riti da queste officiati, si perde in un passato impenetrabile, frutto di un retaggio primordiale e inconoscibile. Un passato dietro il quale si celano molteplici interrogativi, che ancora oggi mantengono intatto quel senso di mistero che accompagna da sempre le enigmatiche e ancestrali pratiche religiose di questi popoli. In questo luogo tutto assume una valenza sacrale e il tempo non rispetta “ritmi costituiti” poiché non interagisce con il mondo degli uomini, viceversa, è in connessione con quello degli dèi. Il Messico è il regno delle leggendarie piramidi tronco-coniche, generalmente a base quadrata, situate nelle città sacre. Queste costruzioni, edificate con finalità astronomiche, avevano funzioni sconosciute legate soprattutto agli equinozi. Accanto alle piramidi sorgevano piattaforme quadrate, utilizzate a scopo cerimoniale per la celebrazione del rito del Fuoco Nuovo da parte dei sacerdoti. Gli edifici cultuali inoltre, contavano vari basamenti piramidali che un tempo sostenevano templi dotati di vestibolo, attualmente scomparsi. Uno dei complessi sacri più importanti è senza dubbio la città di Teotihuacan, il cui nome letteralmente significa il luogo dove si diventa dèi. Il centro cerimoniale era organizzato intorno a due piramidi, quella del Sole e quella della Luna, situate lungo il Viale dei Morti. La piramide del Sole, alta 63 metri e con una base di metri 222x225, è composta da cinque corpi, sovrapposti e rientranti, di altezza differente. La piramide della Luna, dalla cui sommità si domina l’intera città, è invece di dimensioni inferiori, con una base di metri 150x120 e un’altezza di circa 40 metri. I culti Luni-Solari di Teotihuacan rivestivano un ruolo determinante all’interno del mito della Creazione teotihuacano. Il Sole, definito Signore della Luce, del Fuoco e dell’Energia era invocato nel corso di misteriose cerimonie magico-religiose, mentre la Luna, configurata con sembianze femminee e raramente mascoline, viceversa, rappresentava colei che presiede al parto e alla procreazione, regna sulle malattie ed è custode della medicina sacra. Il suo ruolo, in realtà, si estendeva oltre queste limitate funzioni, infatti, in origine era anche divinità Dell’Acqua e della Terra (Caban), Signora del Mare e della Vegetazione. Sole e Luna quindi, rappresentavano i due principi vitali dai quali è emersa ogni forma di vita, trasposizione celeste dei due elementi primigeni che hanno costituito l’oggetto delle più antiche manifestazioni religiose: Terra-Madre e Fuoco-Fecondatore. Da qui nascono osservazioni e credenze astronomiche a noi ignote, in stretta analogia con una serie di costellazioni zodiacali quali le Pleiadi, Orione, l’Orsa Maggiore e probabilmente la Croce del Sud. La costellazione delle Pleiadi, in particolare, era intimamente connessa con la cerimonia del Fuoco Nuovo celebrata ogni cinquantadue anni, quando le Pleiadi comparivano nella parte orientale dell’orizzonte, al tramonto e nell’ora in cui queste si trovavano a metà del cielo. Nel corso del rituale, sulle piattaforme venivano accesi i Fuochi Sacri e la costellazione delle Pleiadi era allineata con le piramidi del Sole e della Luna. Eretta su un altipiano, a 2300 metri di altitudine, Teotihuacan era stata concepita seguendo un prospetto geometrico ricco di elementi simbolici. La città difatti si estendeva secondo una planimetria rigorosa che seguiva un asse principale, il Viale dei Morti o Miccaotli, secondo la lingua originaria. Lungo più di 2 km e largo 4,5, il Viale collegava la Piazza della Luna al centro religioso denominato Cittadella. All’interno delle mura era racchiuso il Tempio di Quetzalcoatl, mentre le due piramidi dominavano il vasto abitato che si estendeva ai loro piedi per celebrare la gloria del Sole e della Luna. Oltre a ciò, il grande quadrato della Cittadella e la piramide del Sole formavano una linea retta con la Via della Morte. La piramide della Luna, al contrario, si trovava alla fine del sentiero e quindi non allineata con le altre costruzioni. Tale disposizione è riconducibile alle piramidi egizie che sono poste in asse lungo la diagonale sud-ovest, mentre la terza, quella più piccola, dedicata a Micerino (o Mencheres, re egizio della IV dinastia e uno dei costruttori delle piramidi di Gizah), risulta essere fuori asse, decisamente scostata verso est.
Il Richiamo del Cosmo: il segreto del Culto Stellare
Dalle eternità del tempo, propaggini remote di un vissuto lontano e primigenio, giungono gli echi mai estinti di culti e tradizioni che appartengono agli albori dell’umanità, patrimonio di civiltà misteriose che ancora oggi suscitano un fascino arcano. Segni distintivi di un sapere che cela in sé una sapienza sconosciuta, proveniente da mondi e dimensioni che hanno illuminato fugacemente le tenebre dell’ignoranza e della superstizione rischiarando con la loro fiamma sapienziale la lunga notte delle origini. Regni secretati posti oltre l’immaginazione, situati tra le regioni inesplorate dell’astrale che permea la sfera terrestre e quella non terrestre. Frammenti di questo sapere primordiale, disperso sul nostro Pianeta, sono dislocati in luoghi di potere che conservano l’impronta indelebile di tale corpus dottrinale. Si tratta di un culto senza tempo, una dottrina stellare che ha conferito alle civiltà che ne possedevano la chiave segreta la possibilità di accedere a una più vasta Conoscenza. Se analizziamo la storia degli insediamenti umani stanziati nel Lazio, per esempio, ci rendiamo conto che quando in altre parti del mondo già declinavano civiltà fiorenti e altamente organizzate, il Lazio risultava civilizzato solo a Nord dal misterioso popolo etrusco, al confine con la Toscana. Il resto del territorio, al contrario, sembra fosse immerso nelle tenebre della preistoria. Ciò convalida la veridicità di una scienza superiore esternata sia dalle civiltà in disfacimento che da quelle ancora floride e potenti, come quella etrusca appunto. Anche l’immortale civiltà egizia - da non confondere con quella egiziana - si manifestò in maniera analoga mostrando i semi di una sapienza superna rispetto ad altre parti dell’Egitto, che viceversa versavano in una condizione di arretratezza.
Il mistero dei Lucumoni-Fulguratori
La leggenda legata agli Etruschi e alle loro origini cultuali racchiude importanti connotazioni di ordine iniziatico, che celano al loro interno elementi simbolici riconducibili a una religione operativa di matrice stellare e cosmica volta a richiamare certe forze, energie ed esseri da piani e sfere non necessariamente terreni. Il racconto narra di un re sacerdote, Tarkun o Tarchon - la cui identità storica potrebbe essere legata a Tarquinio Prisco) - che assieme ai dodici Lucumoni, i sacerdoti etruschi, ricevette per primo e direttamente dalle mani di un essere soprannaturale (o non terrestre), gli insegnamenti occulti e sacrali. Questo maestro si chiamava Tages, il Fanciullo Divino, ed era fuoriuscito dal solco di un aratro scavato nella terra. Prima di ritornare nei regni sotterranei aveva donato a Tarkun i preziosi Libri Acherontici, testi sacri che rivelavano i misteri connessi con il viaggio delle anime oltre il fiume dell’Oltretomba, verso il reame infero di Ade e Persefone. Di Tages o Tagete, il fanciullo senza età, parla il sommo Ovidionelle sue Metamorfosi (XV, 558-559), dicendo che oltre al Libro dei Morti etrusco (il testo acherontico), egli fece dono a Tarkun dei Libri Ahurispicini che trattavano dell’Aurispicina, il sistema per conoscere il futuro mediante l’esame del fegato degli animali sacrificati agli dèi, e dei Libri Fulgurales e Rituales. Il primo insegnava l’arte di trarre auspici dalla caduta dei fulmini, il secondo, per certi versi, era complementare ai testi Acherontici e conteneva prescrizioni e notizie sulla vita nell’aldilà, l’insieme di riti connessi con la consacrazione dei luoghi sacrificali, le prescrizioni per la fondazione di nuove città, l’organizzazione dell’esercito. E proprio nei Libri Fulgurales sono custodite importanti pratiche operative volte a entrare in contatto con esseri dimensionali posti in ambiti paralleli. Questa cultualità quindi, non era in analogia solo con la divinazione espletata per mezzo dei fenomeni celesti come le folgori, ma nascondeva intenti più profondi e complessi. Artefice di tale ritualità era il Sacerdote-Fulguratore, colui che viaggiava nelle regioni metafisiche e oltre. Uno degli strumenti elettivi della sua operatività era costituito da un copricapo conico di metallo (solitamente bronzo), che esternava un’azione sinergica capace di porre in contatto il Fulguratore con le forze sacrali del Cielo e della Terra attraverso un rito stellare. Per comprendere meglio quanto enunciato è necessario approfondire alcuni aspetti della concezione sacrale del popolo etrusco. Nei miti etruschi la Dea creatrice era Uni, la Madre Terra o Grande Madre, che assieme a Tages dispensava forza e conoscenza. Per questa ragione il loro Corpus cultuale era intimamente collegato con la Terra e con la penetrazione fisica e rituale del mondo sotterraneo alla ricerca del sapere e del potere sacralizzante. Le cerimonie del Fulguratore, dunque, si svolgevano sottoterra. La Terra, l’utero primordiale, collegava il sacerdote con il cosmo. Non a caso le cavità terrigene sono buie come lo spazio, oscure e prive di luce come l’astrale. Le vie cave degli Etruschi, o Vie Infere, erano in realtà passaggi rituali, santuari preposti al contatto. Come è noto le vie cave, immensi precipizi celati tra la vegetazione, passano per le necropoli e dalle alte pareti che le costituiscono si affacciano aperture che appartengono ad antiche tombe. La struttura di tali camminamenti riproduce allineamenti celesti e costellazioni, come nel caso di Marzabotto, la città etrusca denominata la città delle stelle. Gli etruschi hanno scavato cunicoli profondi anche 400 metri, disposti nell’ordine verticale, diagonale, orizzontale, poi nuovamente, verticale, diagonale in senso opposto, orizzontale e ancora verticale, quindi rettilineo al cunicolo iniziale. Secondo gli archeologi si tratta di scavi effettuati per trovare acqua nel sottosuolo, ma come è ovvio si tratta di un’affermazione priva di senso. Questi tunnel erano santuari preposti ai riti d’iniziazione e in essi era riprodotto il firmamento e il movimento dei corpi celesti con le rispettive traiettorie. Così il Fulguratore traeva a sé le forze cosmiche e poteva interagire con gli Esseri di Luce, i “Maestri invisibili” o “Entità” luminose, dimoranti all’interno del sacerdote stesso…
Il potere della forma conica:
dai tumuli etruschi alla Montagna del Purgatorio dantesco
Osservando le tombe a tumulo conico edificate dagli Etruschi, si comprende come in esse sia presente la medesima peculiarità del copricapo rituale dei Fulguratori. I tumuli conici, infatti, sono delle vere e proprie antenne riceventi che attirano le energie cosmiche. Non meno importante il tumulo di Vulci, la cui struttura conica-appuntita è replicata anche in basso, nella zona sotterranea, e allude al viaggio ultraterreno dell’anima, ma simboleggia anche l’Astrale Superiore e l’Astrale Inferiore. Non è casuale nell’ambito delle fiabe rinvenire il cappello conico, quello delle fate e degli elfi, oppure quello indossato dai maghi. Pensiamo allo splendido film di Walt Disney, La Spada nella Roccia, nel quale il mago Merlino indossa un cappello a punta. Del resto, al di là dell’aspetto fallico e fecondante, questa forma richiama alla mente diverse correlazioni, una di queste è legata alla visione dantesca del Purgatorio. Che Dante Alighieri fosse un iniziato legato ai Fedeli d’Amore e al Templarismo magico è cosa nota (leggere il mio articolo apparso sul n.9 di Elixir: “Magia segreta dei Fedli d’Amore: I misteri dell’Isidiana alchimica”-pagina 42). Perciò non stupirà apprendere che la Montagna del Purgatorio, descritta da Dante, è analoga nella forma al tumulo di Vulci e al cappello a punta dei Magi. Se ci rechiamo al Campidoglio, a Roma, noteremo ai lati le statue dei due gemelli divini, i Dioscuri greci Castore e Polluce, ebbene sul capo sono visibili due copricapi conici la cui simbologia e l’utilizzo ormai appaiono chiari. La celebre rappresentazione di Ermete Trismegisto che si può ammirare sul pavimento della cattedrale di Siena, mostra che il grande sapiente indossa un copricapo conico rotondeggiante con la cima appuntita. Anche la Rappresentazione del dio Baal evidenzia che il suo copricapo è di forma conico-appuntita (con la circonferenza maggiormente ristretta). E ancora, i Flamen, i sacerdoti romani, i sacerdoti celti e il dio nordico Thor sono accomunati dal medesimo cappello rituale a punta. L’alta tiara indossata dai pontefici delle origini, analogamente agli altri cappelli rituali è contraddistinta dalla consueta foggia a punta, simbolo del potere magico-rituale. Bab-ilu, la Ziqquratdi Babilonia, conosciuta come la Torre di Babele, sembra avesse una struttura simile al Purgatorio cantato da Dante, e così è stata raffigurata dal grande artista Brugel il Vecchio in un suo dipinto. La Torre, come appare chiaro, era un apparato volto a richiamare le energie del cosmo. Lo stesso vale per i minareti. stessa funzione ricevente, come testimoniato dalla loro forma appuntita, simile ad un’antenna. I Menhir assolvevano un compito similare ed erano strutturati per richiamare le misteriose forze cosmiche attraverso un rituale stellare. Le torri dei castelli, coniche ed estremamente appuntite, avevano lo stesso compito. Il maniero di Chaumont, sulla Loira, ne è un chiaro esempio. La tonsura (o chierica) che alcuni ordini religiosi adottano e che viene praticata al centro del capo di monaci e frati è il frutto di una sapienza passata. La sfera coronale è in associazione con Kether la prima Sephirah dell’Albero della Vita e rappresenta lo spirito radiante, il vortice cosmico. La tonsura, quindi è legata al centro radiante-coronale attraverso il quale penetra, o per meglio dire, discende l’energia cosmica. Le analogie con il cappello del Fulguratore e con le altre fonti di richiamo da noi menzionate è palese. Il monumento più importante della paganità, il Pantheon, sito a Roma, alla stessa maniera era un accumulatore di energie stellari. Il foro circolare che si trova al centro del grande tempio, infatti, serviva proprio a tale scopo.
Obelischi, generatori di energia, antenne degli Dèi
Fra gli obelischi egiziani e il culto solare-stellare esiste uno stretto legame ed esiste inoltre una distinzione ben precisa tra gli obelischi celesti e quelli terrestri. Nei Testi delle Piramidi è scritto a riguardo: “Pepi (Pepi I, sovrano della VI dinastia) è quegli che è connesso con…”obelischi terrestri di Ra”; …è quegli che è connesso con … - ses’ep – celesti di Ra”. Il termine ses’ep è da porre in relazione con la parola obelischi e alla radice di questo termine significa splendere. La sua origine etimologica allude alla biblica colonna splendente. Sempre nei Testi delle Piramidi è spiegato che il Corpo di Luce del re defunto sale verso le stelle fisse circumpolari valendosi di una scala apprestatagli dagli dèi, chiaro riferimento al misterioso culto stellare. Gli obelischi, dunque erano delle antenne finalizzate a captare le energie cosmiche-stellari, e la punta d’oro era preposta a incanalare le energie solari. Gli obelischi posti ai due lati dei templi di Iside, convogliavano le energie solari all’interno dell’edificio di culto, che rappresentava il sesso femmineo e le energie lunari. Gli obelischi-falli, che immettevano dette forze nell’utero simbolico, fecondavano energeticamente il tempio e il simulacro della dea Iside. La loro composizione in alcuni casi era costituita da particolari materiali, come testimoniano alcuno testi connessi con il faraone Tutankhamen, in cui si accenna a due obelischi - che dovrebbero trovarsi ancora a Kharnak - costruiti dalla regina Hatscepsut per devozione al dio Amon. Questi avrebbero dovuto essere di elettro, (lega metallica composta per il 75% di oro, per il 22% di argento e per il 3% di rame) come risulta dai basamenti di tali obelischi che riportano incise le intenzioni della sovrana. In realtà non riuscì nella sua impresa e dell’esperimento restano solo i basamenti menzionati, fabbricati per l’appunto con la lega in questione. La storia della coppia di obelischi si protrasse fino al tempo del suo successore, Thutmosi III. Negli annali di questo Faraone è riportato che egli riuscì infine a erigerli completamente in elettro. La scelta di tale materiale non era casuale, ma faceva capo ai culti stellari. Tutti gli obelischi risalgono ad un primo esemplare, che all’alba dell’età faraonica non poteva apparire in nessun altro modo se non come una gigantesca pietra eretta, un monolito, la cui cima era una punta in forma di piccola piramide. Era l’unico oggetto di culto dell’epoca dei templi solari della V dinastia (circa 2500 anni prima della nostra epoca) e veniva chiamata tekhen. Una stele solare ad ago di pietra puntato verso il cielo, verso le stelle. Furono i mercenari greci che in tarda età faraonica chiamarono i monumenti egiziani piccoli spiedi od obelischi (dal greco obelòs = spiedo). I campanili delle chiese, che molti secoli dopo hanno sostituito la forma primèva degli obelischi, analogamente sono simili ad antenne che captano le energie delle stelle e del cosmo.
Tratto da ELIXIR n° 10, con il permesso delle Edizioni Rebis.